Kadakh

Kadakh

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Film d’apertura del River to River Florence Indian Film Festival 2020, Kadakh di Rajat Kapoor è un dramma borghese in chiave macabra dove l’hitchcockiano ingrediente del morto nella cassapanca, durante un party nella festa di Diwali, serve a mettere a nudo grettezze e mediocrità della upper class di Mumbai.

Tè Assam per un cadavere

Sunil, un dirigente aziendale, è a casa da solo, attendendo la moglie e poi gli ospiti con cui passare la festa di Diwali, quando suona il campanello. Lo sconosciuto alla porta è il marito di Chhaya, una donna con cui Sunil ha una relazione extraconiugale. L’uomo pone molte domande scomode sulla loro relazione, diventando sempre più invadente, finché d’improvviso si punta una pistola alla tempia e si suicida. [sinossi]

Diwali, la festa delle luci, è una delle più importanti festività indiane, che cade tra ottobre e novembre, nel mese indù di ashwayuja, e dura cinque giorni. Le sue celebrazioni comportano fuochi d’artificio, euforie varie e la sua origine risale a una leggenda antica che la fa combaciare alla vittoria delle forze del bene contro il male. Come il nostro Natale, il suo significato autentico si è perso per celebrazioni ed euforie vuote, più di stampo ludico e materialista. È quello che si deduce dal film Kadakh di Rajat Kapoor, che ha aperto la 20esima edizione del River to River Florence Indian Film Festival. Film che è ambientato durante una serata di festa tra familiari e amici, a Mumbai, in occasione del Diwali, l’equivalente di un nostro veglione di capodanno. Il padrone di casa, un attico elegante, è in attesa del ritorno della moglie, con cui faranno i preparativi nell’attesa dell’arrivo degli ospiti, ma suona il campanello: un evento inaspettato degenera in tragedia e non si riuscirà più ad annullare la serata di festa.

Il modello cinematografico dichiarato in maniera quasi esplicita da Rajat Kapoor è l’hitchcockiano Nodo alla gola (Rope): un breve prologo, che Hitchcock in realtà rende con una semplice immagine dell’omicidio già avvenuto, con la presentazione della situazione del cadavere ingombrante che aleggerà per tutto il film. La principale differenza sta nel fatto che il morto in Kadakh si suicida, ma la particolare situazione – è il marito dell’amante del protagonista, Sunil – nonché la vigliaccheria perbenista dell’uomo, che non vuole comunque che emerga la sua relazione extraconiugale, gli impediscono di denunciare l’accaduto alle forze dell’ordine e lo inducono a cercare di sbarazzarsi del cadavere. Il film indiano diverge anche dal celebre classico, perché la cassapanca in cui viene racchiuso il cadavere si trova inizialmente nella stanza da letto, non al centro della festa. Solo in un secondo tempo il film si ricongiunge al modello, quando il baule con morto viene portato nella sala principale per essere usato come tavolino su cui giocare a carte. Anche la grande vetrata della casa, da cui si vede il cielo illuminato dai mortaretti, ricorda lo spazio scenico di Nodo alla gola.

Ambientare la vicenda durante la festa di Diwali ha per Rajat Kapoor più di un significato. Da un lato una giustificazione di verosimiglianza narrativa: uno sparo non si percepisce nel frastuono dei botti. Dall’altro si crea un contrasto tra la luminosità propria di quella celebrazione, e l’oscurità, la dimensione ‘dark’ della situazione. E si sottolinea la perdita di valori morali, quelli tradizionali che stanno all’origine della festa, da parte di una borghesia gretta come quella raccontata nel film. Sono ben vestiti i partecipanti alla festa, più con abiti eleganti della tradizione indiana che non con abiti occidentali. Le donne sono agghindate con il “bindi”, il bollino rosso sulla fronte. La moglie di Sunil torna a casa con un mazzo di fiori da mettere in un vaso per adornare la casa. Un vaso che andrà in frantumi all’arrivo dell’ospite francese assumendo un significato metaforico, come vaso di Pandora da un lato, da cui si sprigiona ogni male, dall’altro come allegoria del materialismo. La padrona di casa lo considera rotto, come tutto, da buttare, mentre le signore più anziane non lo considerano rotto, sostengono di poterlo riassemblare con un collante, richiamando così a quelle tradizioni orientali per le quali un manufatto artigianale, riaggiustato dopo essersi frantumato, assume un valore estetico nuovo.

La scrittura di Rajat Kapoor è estremamente ricca nel disseminare la storia di elementi perturbanti o metanarrativi. C’è l’ospite francese che sa leggere nel pensiero e che potrebbe far saltare tutto. C’è il vanesio scrittore cicisbeo, che cita Murakami, alla vigilia della pubblicazione del suo primo romanzo. Un romanzo che, dice, si basa proprio su tutti loro, appartenenti a quel gruppo di amici, preannunciando una svolta ai due terzi della storia, anticipando così una svolta anche del film. Kapoor, regista e sceneggiatore, riesce anche a creare una galleria umana di personaggi borghesi mediocri, come quello che impone praticamente che la festa abbia luogo, nonostante il malore simulato di Samil, solo perché ha portato la carne di montone, cucinata con una lunga preparazione.

Kapoor, che è anche autore teatrale, crea un Kammerspiel borghese, con un crescendo drammatico. Ancora riconosciamo tanti modelli, dal teatro di Ibsen o Strindberg, a film come L’angelo sterminatore o Carnage (che pure è tratto da un testo teatrale). Kapoor ha peraltro rivelato di aver girato le scene in ordine cronologico, avvicinandosi così alla concezione teatrale e a quella di Nodo alla gola per la sua nota struttura che simula un piano sequenza lungo tutto il film. Kapoor tradisce però più volte l’unità di luogo. E quando tutto il gruppo, ormai consapevole del cadavere, si organizza per smaltirlo sotto un treno, su suggerimento peraltro di un bambino, il film assume un tono macabro-grottesco. Il titolo del film, Kadakh, traslitterazione dall’hindi, significa ‘forte’ e allude tanto al tè che bevono all’inizio Sunil con il marito tradito, quanto alla rigidità del cadavere di quest’ultimo.

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Il trailer di Kadakh su Youtube

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