Climbing

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Presentato all’Across Asia Film Festival 2021, Climbing è un’opera d’animazione della regista sudcoreana Kim Hye-mi, un horror onirico che funziona con un senso di continua inquietudine, sul tema del parto, della gravidanza e della paura della maternità. Con ispirazioni da Lynch, Kubrick, Shyamalan immerse in un’estetica perturbante alla Egon Schiele.

Se-hyeon’s Baby

La climber professionista Choi Se-hyeon, che si è recentemente ripresa da un incidente d’auto, scopre di essere incinta poco prima dei campionati mondiali di arrampicata. Riceve misteriosi messaggi di testo da “se stessa”, un alter ego che sembra aver vissuto una vita completamente diversa dopo l’incidente d’auto.[sinossi]

Un feto di kubrickiana memoria, eppure scavato, smunto, con le ossa sporgenti, rappresenta la prima immagine di Climbing, film d’animazione della regista sudcoreana Kim Hye-mi, presentato all’Across Asia Film Festival 2021 di Cagliari, dopo varie partecipazioni festivaliere come quella ad Annecy. Si tratta però di un incubo inquietante della protagonista. Una prima scena enunciativa di quello che sarà il film, tutto basato sull’oscillazione continua tra realtà e sogno, su un senso permanente di unheimliche freudiano, che trapela da ogni fotogramma, legato all’esperienza femminile della gravidanza.

La protagonista, Se-hyeon, è una campionessa della disciplina sportiva della scalata, ovvero una persona che ha sconfitto il panico, le vertigini, ma che rimane vulnerabile rispetto a quelle che sono ansie, paure universali femminili. La sua disciplina prevede l’uso o meno di funi, a seconda delle diverse varianti, che si vedono, entrambe, nel film. E lo svincolarsi da una corda di sicurezza equivale alla rottura del cordone ombelicale, momento in cui il trauma del parto è finito. Kim Hye-mi gioca su questa associazione figurativa, arrivando anche a citare Shining in un momento in cui tante funi rosse debordano come il sangue dall’ascensore del film di Kubrick. Fune rossa è anche quella che avvilupperà, come le spire di un serpente, il corpo di Se-hyeon, preludendo a quella scena, onirica, di lei collegata via cordone ombelicale al feto nascituro, sospesi, un rapporto biunivoco, dove la madre è equiparata al figlio. Una simmetria come quella della protagonista e del suo misterioso e fantasmatico Doppelgänger. Il parto come horror prevede poi altri segni, come l’embrione di maiale che la madre serve alla protagonista.

Kim Hye-mi attinge a man bassa da un campionario di capisaldi del cinema del perturbante. Dall’archetipo di Rosemary’s Baby, a Strade perdute, negli strani e misteriosi messaggi che la protagonista riceve, al cinema di Shyamalan, con l’irrazionale che pervade il quotidiano, fino a Il cigno nero di Aronofsky, per gli stati di allucinazione e per il clima competitivo all’interno di un team, sportivo come di danza. E l’animatrice restituisce queste suggestioni con un’estetica alla Egon Schiele, fatta di corpi e volti smunti, ossuti, con le ombre che scavano nelle rughe e nelle sporgenze cutanee. È pelle e ossa la protagonista, dal fisico secco di una campionessa sportiva e al tempo stesso debilitato per il trauma dell’incidente. È così la madre, dal volto vecchio, scheletrico. Tutto reso con l’uso della tecnica del cel-shading, con il senso di un’animazione computerizzata, e una stilizzazione generale delle immagini. Con colori scialbi interrotti dal rosso per esempio del fiotto di sangue o della zuppa di pesce, ancora più schematico. Tutto contribuisce ad ammantare di una cappa di paranoia, di un perturbante che rimane costante, senza però variazioni di ritmo e l’encefalogramma rimane piatto.

Info
Il trailer di Climbing.

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