The Natural History of Destruction

The Natural History of Destruction

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Come inchiodare il presente alle evidenti e tragiche responsabilità attraverso una lucidissima lettura del passato: Sergei Loznitsa aggiunge con il suo nuovo lavoro d’archivio The Natural History of Destruction un altro preziosissimo tassello a una filmografia già gigantesca, a un corpus cinematografico che è memoria, analisi, scandaglio della Storia e – ahinoi, per assonanza e inquietanti riflessi – del nostro presente e del nostro futuro. Presentato al Festival di Cannes 2022.

Unfortunately, this is nazism

Ispirato dal libro di W.G. Sebald e basato su filmati d’archivio della Seconda Guerra Mondiale, il film pone la domanda: è moralmente accettabile usare la popolazione civile come mezzo di guerra? È possibile giustificare la distruzione di massa per il bene di ideali morali superiori? La questione resta attuale oggi, come lo era 80 anni fa, e la sua urgenza si manifesta tragicamente nell’attualità… [sinossi]
…when Ukraine is struggling to defend its independence,
the key concept in the rhetoric of every Ukrainian should be their national identity.
Not a civil position, not a desire to unite all sane and freedom-loving people
in the fight against Russian aggression, not an international effort of all democratic countries
to win this war – but ‘national identity’. Unfortunately, this is nazism.
– Sergei Loznitsa

Il nastro bianco, Germania anno zero, ma anche l’abisso intellettuale del mondo contemporaneo, la medesima incapacità di rapportarsi con la realtà degli anni Trenta\Quaranta. La medesima putrida ipocrisia e retorica. The Natural History of Destruction ci racconta esattamente quello che stiamo vivendo, una replica di quello che abbiamo causato e vissuto, ricostruendo con materiale d’archivio la parabola della Germania nazista, i bombardamenti a tappeto degli Alleati, l’illusione della vittoria e l’illusione della giustizia.
Mai tendenziosamente schierato, ma semplicemente ponendosi alla giusta distanza dagli eventi e dalla Storia, Loznitsa (ri)propone la sua analisi serena, strutturata, inscalfibile dello stato delle cose, delle reazioni morali e immorali. Cristallino nel saper rovesciare il punto di vista, nel sapersi porre anche dall’altra parte degli schieramenti, Loznitsa sostanzialmente ribadisce quello che ha detto senza timori a proposito del conflitto russo-ucraino e, più in generale sui russi, sui nemici. I russi oggi, come i tedeschi allora. Il Paese da sconfiggere, distruggere, il popolo da spazzare via. Tutto in nome di una giustizia e una presunta superiorità morale che da una parte e dall’altra si dimostra alquanto sterile e corrotta. Ancora una volta, che sia documentario o finzione, che sia Anime nella nebbia o The Trial, Austerlitz o Donbass, che sia una semplice intervista o dichiarazione, Loznitsa si conferma uno dei pensatori più preziosi della nostra epoca.

L’incipit di The Natural History of Destruction potrebbe essere tranquillamente sovrapposto con l’incipit de Il nastro bianco. Tra le sequenze iniziali, così placide e promettenti, a nazismo già ampiamente covato, cresciuto, ma non ancora imploso, possiamo rintracciare facilmente i segni del male, ma non possiamo non cogliere la quotidianità, la placida normalità. Non è solo un evidente contrasto con le macrosequenze successive, tra bombardamenti, macerie e cadaveri, ma è anche una esemplificativa assonanza con la quotidianità e la normalità del fronte opposto. Il popolo, ovunque si vada, resta popolo. Lo stesso potremmo (dovremmo) dire della cultura e dell’arte, senza porre paletti e barriere.
Facendo un balzo in avanti, The Natural History of Destruction ci immerge in scenari e in una disperazione che richiamano alla mente Germania anno zero. In fin dei conti, il passo tra documentario e finzione non è mai stato così breve. Anche in questo caso, con un pregevole lavoro di archivio e di montaggio, le assonanze e i contrasti sono lancinanti: si veda, emblematico, l’arrivo di Winston Churchill in uno dei tanti luoghi di Londra rasi al suolo, salutato da una folla inneggiante, festante. Le macerie dei vincitori, le macerie degli sconfitti. I rovesciamenti di prospettiva proposti da Loznitsa sono raggelanti, alquanto sagaci, perfino crudeli: difficile non riflettere sull’unica parte condivisibile di uno dei tanti discorsi al popolo, pronunciato con crescente enfasi da un nazista. Ancor più difficile non scorgere il compiacimento degli Alleati per una vittoria che vuol dire distruzione e annientamento: i discorsi saturi di patriottismo degli inglesi, ma soprattutto la prova di forza degli Stati Uniti («la potenza fenomenale degli Stati Uniti»), quella minaccia che di lì a poco si trasformerà in indicibile realtà in Giappone. Dopo Rostock, Lübeck, Dresda, un’apocalisse imperdonabile si abbatterà su Hiroshima e Nagasaki. Su una nazione, una cultura, un popolo inerme. L’orrore del nazionalismo, della superiorità della razza.

Le note di due suonatori di oboe accompagnano il pascolare sereno di un gregge di pecore, la marcia spassosa delle oche, l’infaticabile passo di alcuni asini. Nella campagna, nei villaggi e nelle città tedesche risuonano le fisarmoniche e sventolano le bandiere naziste. Eppure. Eppure è il popolo che stiamo vedendo, come un altro popolo Loznitsa ci farà vedere al lavoro nelle fabbriche. Un esercito di operai che assemblano armi, proiettili, aerei. Armate, flotte. Un lavoro immenso, da una parte e dall’altra. E poi le bombe, la morte che arriva dal cielo, di notte. La macrosequenza del bombardamento notturno delle città tedesche diventa via via altro, quasi una forma astratta, un cosmo di luci lontane, di vampate, di materia che muta costantemente la propria forma. La portata visiva e simbolica di The Natural History of Destruction è annichilente.

Loznitsa assembla materiale d’archivio che sembra possedere l’ancestrale purezza dei Lumière, anche se questa Sortie de l’usine è l’anticamera dell’Inferno. Il film ricostruisce le due parabole storiche, Germania e Inghilterra, per offrircele come fedele mosaico, ma anche e soprattutto come riflesso e monito. La scelta dei materiali audio si muove nella stessa direzione. La propaganda di ieri come la retorica di oggi. Quella stessa propaganda che si nascondeva dietro a un dito: «i cittadini tedeschi devono solo abbandonare le città dove si producono gli armamenti». La ragione del più forte.

Info
The Natural History of Destruction sul sito di Cannes.

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