Blue Jean

Blue Jean

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Ci si innamora facilmente di Blue Jean, della protagonista Rosy McEwen, del talento della sceneggiatrice e regista Georgia Oakley, alla sua opera prima. Presentato alle Giornate degli Autori di Venezia 2022, Blue Jean riesce a riportarci agli anni Ottanta thatcheriani sfuggendo con estrema consapevolezza ai cliché, tratteggia con precisione le difficoltà quasi insormontabili di una storia d’amore lesbico e trova nel netball una validissima metafora della condizione femminile, degli spazi e delle distanze imposte e negate.

Madame Ostenburg

È il 1988. Il governo Thatcher ha appena approvato una legge che mette sullo stesso piano le lesbiche e i gay con i pedofili, tutti assurdamente omologati a uno stile di vita “deviato”. Le insegnanti di educazione fisica diventano il bersaglio principale di queste accuse omofobiche. E così Jean è costretta a condurre una doppia vita. Durante la settimana è una persona perfettamente integrata nel corpo docente; nei weekend, invece, frequenta furtivamente la scena gay di Newcastle con la sua fidanzata Viv. Quando incontra una delle sue studentesse in un bar per lesbiche, però, Jean cercherà di proteggere oltre al lavoro, la sua condizione mentale… [sinossi – giornatedegliautori.com]

Presentato alle Giornate degli Autori di Venezia 2022, Blue Jean è un film con pochi esterni, a suo modo claustrofobico. L’appartamento di Jean, la palestra della scuola e i pochi luoghi di ritrovo LGBT sono come scatole non comunicanti, dimensioni parallele in cui la protagonista può esprimersi più o meno misuratamente. Etero solitaria e sfuggente per la Gran Bretagna thatcheriana, lesbica tormentata da mille comprensibili paure nelle ipotetiche comfort zone. Uno sdoppiamento a più livelli, con riverberi evidenti anche sul piano etico, sulla sua capacità di scegliere, muoversi, agire, vivere. È un personaggio sfaccettato Jean, costretto a essere contraddittorio, come è costretto a rinunciare a spazi, sentimenti, libertà.

Nella scrittura e nella messa in scena, Georgia Oakley riesce a cogliere e a esprimere questa prigionia e questo smarrimento, restituendo allo spettatore anche significative pennellate storiche, sociali, politiche. E se le soluzioni estetiche scelte per riportarci agli anni Ottanta, al grigiore della Thatcher e ai pericolosi passi indietro su più fronti, sono mirabilmente slagati dai cliché che oramai abbondano tra piccolo e grande schermo, a stupire maggiormente è la misura, in primis il saper tratteggiare la distanza (imposta) tra i corpi. È l’assenza di contatto la regola ferrea che deve seguire Jean nel suo microcosmo lavorativo, quello etero, di facciata, socialmente accettabile. Un’assenza di contatto che troviamo anche nel netball che proprio lei insegna alle sue studentesse.

Ideato alla fine dell’Ottocento come alternativa femminile al basket, il netball è uno sport che gode di una certa popolarità in vari paesi del Commonwealth. Osservandolo con un minimo di attenzione, balza agli occhi il lavoro di sottrazione fatto dalle pioniere di questo sport rispetto alla pallacanestro. In un’ottica ancora dura a morire, le giocatrici non potevano (e dovevano) misurarsi con pratiche destinate agli uomini. Insomma, un po’ come le pistole per i maschi e le bambole per le femmine: non correre, non saltare, non sudare e via discorrendo. Il netball che vediamo in Blue Jean, al di là della bassa qualità del gioco, ci mostra quello spazio così visibile tra le giocatrici, tra le studentesse. Quello spazio è come una cortina di ferro, una cintura di castità. È il primo argine agli ormoni. Non a caso, serve una ragazza nuova, decisamente poco allineata e già proiettata verso future libertà, per scardinare gli spazi del netball e di Jean, per sconquassare e mettere in crisi la classe, la scuola e la vita della sua professoressa.

Alla sua opera prima, Oakley sembra aver già trovato una sua cifra stilistica e un fertile rigore estetico e narrativo. È un film millimetrico Blue Jean, ma non calcolato, mai freddo. Oakley infatti riesce a lavorare coi corpi, a mettere in scena anche le passioni travolgenti, il desiderio e la rabbia, ma riesce soprattutto a rendere quasi tangibile quella distanza, a dare una misura allo spazio delle donne, sempre deciso da altri.

Info
La scheda di Blue Jean sul sito delle Giornate degli Autori.

  • Blue-Jean-2022-Georgia-Oakley-01.jpg
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