Driving Mum

Driving Mum

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Film vincitore del concorso internazionale al Tallinn Black Nights Film Festival 2022, Driving Mum del regista islandese Hilmar Oddsson è un road movie in bianco e nero nelle desolate terre dell’isola dell’estremo Nord del pianeta, che rielabora il cliché del weekend con il morto per costruire un percorso esistenziale, bilancio di una vita di solitudine e occasioni perdute.

A spasso con la morta in Islanda

Jon è un uomo di mezza età che vive con la sua anziana madre in una casa sperduta nel nulla nelle terre islandesi. La donna viene a mancare e il figlio adempie a tutte le istruzioni che gli ha lasciato. Jon pettina e veste il cadavere di sua madre, la fa sedere sul sedile posteriore della sua vecchia macchina, porta con sé il fedele cane Bréžnev in un viaggio fino all’altro capo del paese dove lei gli aveva detto di seppellirla. [sinossi]

Una commedia nera che rielabora una situazione macabra già battuta dalla settima arte, quella alla Weekend con il morto, dove un cadavere viene portato in giro come se fosse vivo. Situazione peraltro facilitata dal clima islandese che rende la decomposizione molto lenta. Siamo nell’Islanda rurale degli anni Ottanta, dove i tratti di riconoscibilità rispetto al presente sono molto pochi, con il film Driving Mum (in originale Á Ferð með Mömmu). Opera che ha vinto al concorso internazionale del Tallinn Black Nights Film Festival 2022, che segna il ritorno alla regia per Hilmar Oddsson dopo anni passati a dirigere una scuola di cinema. Il suo film precedente, Desember, in effetti risale al 2009.

Ci sono dei crocifissi, che si vedono già nelle prime inquadrature, attorno alla casetta isolata dove vivono Jon e l’anziana genitrice, segno che le sepolture possono anche essere fatte lì. Ma le ultime volontà della donna prevedono un viaggio, come probabilmente non ha mai fatto in vita sua, alla ricerca di un luogo nell’isola per l’inumazione. Siamo agli inizi degli anni Ottanta, com’è detto, ma poco cambia rispetto al mondo attuale. C’era la guerra fredda e l’Unione Sovietica era ancora governata da Bréžnev, che in quei territori sperduti poteva servire giusto come ispirazione per dare un nome al proprio cane. Segnali temporali sono solo i veicoli e l’accenno, alla fine, alla nuova tecnologia delle videocassette. La prima scena è invero desolante: Jon con la madre intenti a fare la maglia, con i ferri, situazione che procede monotona da una vita. La storia del protagonista è una storia di desolazione e solitudine, arrivato a un giro di boa della vita. Una storia di occasioni mancate e perdute, come si apprende alla fine, con l’accenno a un possibile figlio, e nipote per la defunta.

Diversamente dagli stereotipi del cinema di cui sopra, Jon non fa nulla per simulare che la madre sia ancora viva, nonostante l’abbia truccata e sistemata come tale. A chiunque chieda di lei, lui dice tranquillamente essere un cadavere. Quando gli chiedono se sia stanca, lui risponde di no: è morta, non può essere stanca. Ma la presenza materna continua a essere ingombrante e a parlargli, un po’ come la madre di Norman Bates sebbene con più miti consigli. Paradossalmente il fatto di considerarla come una persona viva rappresenterà la condanna per Jon nel tragico epilogo. Driving Mum è un road movie nella mente, dove protagonista è quel paesaggio vulcanico, lunare, rarefatto della terra islandese, catturato con in bianco e nero tendente al seppia. Un mondo che diventa sempre più surreale, e si popola di comete e personaggi circensi danzanti alla Fellini o alla Kusturica, che affiancano le atmosfere già magiche, tra montagne, cascate e geyser, dove si incrocia giusto qualche pub nel nulla o qualche avventuro escursionista. Paesaggi incredibili ma raffreddati nel loro potenziale da cartolina dal bianco e nero.

Il film si chiude con Jon in prigione, per un reato non commesso, dove trova conforto nell’insegnamento dell’uncinetto, ricollegandosi così alla scena iniziale, e nel cinema, nelle proiezioni con gli altri detenuti, rese più facili anche dalla diffusione del supporto in nastro magnetico in un territorio dove forse è difficile trovare una sala cinematografica. Non resta loro che vedere Rocky, come dicono i secondini, mentre quei bizzarri personaggi circensi si siedono su un tavolo in una spiaggia, come nel finale di Underground, e chiudono un film nel ruolo di un coro greco.

Info
Driving Mum sul sito del Black Nights.

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