Incroci sentimentali

Incroci sentimentali

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Quindicesimo lungometraggio diretto da Claire Denis in trentaquattro anni di carriera, Incroci sentimentali mostra una regista che sembra aver smarrito la propria identità più profonda, alla ricerca di un mélo borghese di prammatica, ben interpretato dai suoi protagonisti ma in fin dei conti privo di anima.

L’amor fu

Sara e Jean rientrano nel loro appartamento di Parigi dopo una vacanza al mare. Insieme da un decennio dopo aver entrambi vissuto vite precedenti sono una coppia solida, la cui intesa è totale e il rapporto molto tenero. Lei è una giornalista radiofonica, lui un ex-giocatore di rugby che ha passato del tempo in carcere. Un giorno per strada Sara intravede il suo ex, François, attraverso il quale ha conosciuto Jean. Subito dopo, François propone a Jean un’opportunità di lavoro insieme, e diventa così una presenza invisibile e pervasiva nella vita della coppia. [sinossi]

Avec amour et acharnement, questo il titolo originale che per la distribuzione italiana è divenuto, in modo un po’ improvvido, Incroci sentimentali.Sono trascorsi oltre trentaquattro anni dalla proiezione al festival di Cannes di Chocolat, esordio alla regia con cui Claire Denis non solo affrontava di petto il tema del colonialismo francese – che la produzione istituzionale transalpina cerca sempre di nascondere sotto il tappeto –, e l’impressione sempre più forte anno dopo anno e film dopo film è che la regista francese stia perdendo la bussola del proprio cinema, del perché intimo si traduce in immagini una storia, una suggestione, un pensiero. Un’impressione destata in parte già da Un beau soleil intérieur, vale a dire L’amore secondo Isabelle (a proposito di traduzioni rivedibili), dove ancora permaneva però un forte senso autoironico, se non perfino teorico, con il dichiarato riferimento a Roland Barthes e ai suoi Frammenti di un discorso amoroso; un’impressione poi ritrovata tanto nello sci-fi High Life, che filosofeggia sul paradosso spazio-tempo e sulla (ri)nascita del corpo senza aggiungere molto alle riflessioni già sviluppate da altri in passato, quanto e forse perfino di più nel recente Stars at Noon, sbalestrato punto d’incrocio tra l’erotismo e la spy story che cerca in un contesto politico appena accennato il cornicione a cui aggrapparsi. Nel mezzo tra questi due film si colloca Incroci sentimentali, presentato e premiato – con buona dose di generosità – lo scorso febbraio alla Berlinale, con Denis che ha ottenuto il riconoscimento per la miglior regia. Ed è anche questo riconoscimento a spingere a una riflessione amara: la sensazione è che mentre il cinema di Denis si semplifica, iniziando a poggiarsi quasi esclusivamente sulla riproposizione dell’ovvio, tanto nell’immaginario quanto sotto il profilo narrativo, l’istituzione cinematografica pare finalmente accorgersi della regista. Nel 2017 L’amore secondo Isabelle si era aggiudicato il premio SACD alla Quinzaine des réalisateurs, e cinque anni più tardi ecco che la Berlinale le assegna il riconoscimento per la migliore regia. Nei trent’anni precedenti, se si esclude il Pardo d’Oro a Locarno nel 1996 per Nénette e Boni, il nulla. Forse mal si addiceva al concetto inevitabilmente compromissorio di “premio” – che deve trovare l’accordo tra giurati dalle idee più diverse – un cinema libero come quello di Denis, con film profondamente anarchici e incontrollabili quali Al diavolo la morte, Beau travail, Vendredi soir, L’intrus, 35 rhums.

Tanto arditi apparivano quei film tanto preordinato, quasi stantio nel suo progredire si rivela Incroci sentimentali. Lo schema è quello del triangolo amoroso borghese, in tutto e per tutto parigino, con la donna divisa tra due uomini tra loro eguali e opposti: l’amore attuale (decennale, in ogni caso, non di primo pelo), e quello di un tempo, di molti anni prima. Juliette Binoche, al terzo film con Denis, è Sara, che lavora in un’emittente radio; attorno a lei ruotano il marito Jean, che un tempo era rugbista ma per qualche motivo ha fatto anche l’esperienza del carcere, e l’ex François, proprio colui che mentre stavano insieme le presentò Jean. Sara si imbatte casualmente in François e si convince – senza che in realtà lui faccia granché – che quell’incontro stia a significare qualcosa, e che debba mettere in discussione la sua vita attuale. Sull’intreccio non ha molto senso soffermarsi, perché in fin dei conti nonostante il tentativo di Denis di smontare i meccanismi chiave della struttura narrativa (si veda ad esempio il sardonico finale) Incroci sentimentali procede su binari decisamente prevedibili, senza riuscire a scandagliare se non in modo superficiale le psicologie, ma ancor più i desideri dei suoi protagonisti. Anzi, Denis – che scrive il film insieme a Christine Angot, con cui aveva già sceneggiato L’amore secondo Isabelle – sovraccarica inutilmente la storia inserendo il personaggio del figlio di Jean, e aprendo a una riflessione sul senso di colpa genitoriale con annesso sguardo sulle differenze sociali che non approda a granché e resta un corpo inerte, che trova vitalità e forse senso addirittura solo durante i titoli di coda. Si apprezzano semmai i momenti in cui Denis sceglie di lavorare di sottrazione, evitando per esempio di specificare per quale motivo Jean sia finito in carcere, o sfruttando il mestiere di Sara per metterla a contatto col mondo esterno senza che materialmente questo accada mai. Ma si tratta di sporadici lampi nel buio, quasi di quando in quando Denis si rammentasse dei bei tempi andati, quelli in cui scansava con eleganza le pastoie del cinema borghese e della sua prassi. Resta la recitazione di Binoche, Vincent Lindon, e Grégoire Colin, in grado in ogni caso di illuminare la scena. Ma è un po’ poco.

Info
Il trailer di Incroci sentimentali.

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