Rumor
di Roberto Palattella
In poco più di dieci minuti di durata Rumor di Roberto Palattella delinea uno spaccato di vite private che è anche un trattatello sociologico sullo stato delle cose a Roma, Italia, a.d. 2023. Con una capacità di sintesi visiva davvero non comune. In concorso al Molo Film Festival 2023.
Predatori e prede
Clara vuole cenare con il figlio, ha un regalo da dargli e non vede l’ora di sorprenderlo. Durante il pasto però viene alla luce una scomoda verità, un fatto difficilmente accettabile da una madre. Per non rovinare la serata Clara darà comunque il regalo al figlio ma non nel modo in cui si aspetta. [sinossi]
Un cortometraggio di finzione, per dirsi riuscito, deve isolare una porzione precisa di mondo, raccontando un singolo episodio da una totale prossimità, e facendo in modo che lo stesso rimandi, simbolicamente e/o metaforicamente, ad una realtà e ad un contesto più ampio: tutte caratteristiche presenti in Rumor di Leonardo Palattella, scritto a quattro mani con la cosceneggiatrice Sara Mancini. Il surplus, poi, viene conferito dalla realizzazione tecnica, e la direzione della fotografia di Simone Rossi illumina con sapienti chiaroscuri l’unico ambiente che funge da location, un piccolo appartamento (si presume) situato nella periferia romana. Uno spaccato quotidiano semplice e già visto molte volte, madre single con figlio problematico e distante, ma narrato elidendo il superfluo e concentrandosi sulle storture presenti in nuce nelle dinamiche quotidiane e apparentemente banali. Il seme della violenza che germoglia facendosi strada tra i disagi quotidiani, le frustrazioni, le mancanze: tutto è perfettamente a fuoco grazie alla scrittura dei dialoghi, precisi e taglienti, e ad un pugno di idee contenutistico/visive che arrivano ed essere chiarificatrici senza mai sfiorare il didascalismo. A partire dalla celebre Nessuno mi può giudicare di Caterina Caselli posta in apertura e in chiusura: in un lungometraggio dedicato a un ribelle senza causa potrebbe apparire una sottolineatura ridondante, nello spazio di undici minuti o poco più risulta perfetta per riempire i tanti non detti riguardo al passato e al prossimo futuro della coppia di spaesati esseri umani al centro della scena.
Mentre sta cucinando delle costolette di agnello in padella, Clara riceve un messaggio che l’avvisa delle presenza del figlio in un video che mostra un pestaggio, effettuato da alcuni ragazzi ai danni di un coetaneo. L’agnello si brucia, il figlio torna per cena e si ripiega sull’ordine di due pizze a domicilio, quella del ragazzo è una margherita con patatine fritte e rappresenta il primo dei piccoli particolari piazzati ad arte per ampliare il discorso: studente dell’istituto alberghiero senza passione, gli viene ordinata una pizza da ragazzino nonostante il suo atteggiamento sia, all’apparenza e nell’insofferenza che prova verso i gesti di affetto della madre, da adulto fatto e finito. Un ragazzo che vorrebbe mostrarsi di scorza dura, ma quest’ultima s’infrange alla prima occasione, quando un’ape entra in casa e s’invoca con terrore l’intervento materno. A tavola, mentre si consuma il frugale pasto, si guarda un documentario naturalistico che mostra la savana, e l’assalto mortale di un predatore ad una preda, le richieste materne di spostarsi su Rai1 e sul varietà vengono cocciutamente respinte; ecco un altro elemento che spalanca scenari, con l’interesse per la palestra che appare l’unica cosa in grado di accendere lo sguardo del ragazzo. Clara (una bravissima Chiara Mastalli, mentre il ragazzo è interpretato da Emanuele D’Ambra) dopo un po’ riesce ad affrontare il figlio di petto e gli chiede conto del pestaggio, subito ammesso dopo un pallido e poco convinto tentativo di svicolare. La frase che lo ha scatenato è la stessa che lui rivolgerà alla madre in forma di domanda nel finale: “Nella vita puoi solo lavare i piatti”.
Tanti elementi, dunque: il conflitto di classe con il compagno probabilmente borghese (“Mi ha detto che non c’ho i modi”), la frustrazione esistenziale sfogata nella peggiore maniera possibile, il destino che si cerca di scansare ma senza nessuna voglia di cambiare davvero le cose. E Clara, sconfitta, non potrà evitare di consegnargli comunque il regalo promesso, un fiammante casco nuovo in sostituzione del vecchio, scheggiato dopo l’impiego da oggetto contundente. C’è tutto il campionario di problematiche sociali sempre all’ordine della cronaca: incomunicabilità tra generazioni, disastro culturale, legge della strada e del più forte. Palattella riesce a scansare, vista la materia affrontata, il moralismo e la semplificazione grazie a due personaggi veri, sbozzati con abilità, che vediamo nella tana/nido mentre fuori tutto si disfa e diviene potenzialmente pericoloso.
Giusto rilevare che, ad una lettura superficiale, il corto potrebbe apparire come l’ennesimo caso di colpevolizzazione verso una madre sola, che ospita spesso un uomo che potrebbe essere o no il nuovo compagno di vita e incapace di educare attraverso l’esempio. Ma la Clara tratteggiata da Chiara Mastalli porta lo spettatore dalla sua parte grazie ad un’interpretazione vibrante, e l’esordiente D’Ambra possiede nello sguardo tutta l’intensità ferina che serve. Si chiude davanti ad una fotocamera, mentre madre e figlio si riprendono e lui ha in testa il nuovo casco; con un primo piano il regista lo isola, e di colpo ci sembra di osservare un’astronauta, un David Bowman al contrario che non guarda verso l’Infinito ma perde lo sguardo nel nulla. Lo stesso nulla che inghiotte i Nostri all’apparire dei titoli di coda, ancora sulle note di Caterina Caselli: ognuno ha il diritto di vivere come può, gorgheggiava Casco d’oro nel 1966, ed all’epoca brano e testo rappresentavano una rivendicazione di libertà individuale, una ribellione verso l’intossicante moralismo peloso della società dei padri. A sessant’anni di distanza, il significato appare molto diverso e l’individualismo è diventato il partito di maggioranza di una società formata solo da monadi vaganti, dal presente vago e dal futuro incerto; la rabbiosa richiesta di non essere giudicati è trasmutata nella disperata richiesta di attenzioni.
Info
La pagina dedicata al Molo Film Festival sul sito del Caffè Letterario di Roma.
- Genere: drammatico
- Titolo originale: Rumor
- Paese/Anno: Italia | 2023
- Regia: Roberto Palattella
- Sceneggiatura: Roberto Palattella, Sara Mancini
- Fotografia: Simone Rossi
- Montaggio: Daria de Pascale
- Interpreti: Chiara Mastalli, Emanuele D'Ambra
- Produzione: Roberto Palattella
- Durata: 13'
