Ghostbusters – Minaccia glaciale

Ghostbusters – Minaccia glaciale

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Tornano gli Acchiappafantasmi in Ghostbusters – Minaccia glaciale, con Jason Reitman che passa il testimone alla regia al sodale in fase di scrittura Gil Kenan. Ne viene fuori un film ondivago, forse troppo poco interessato al lato ectoplasmatico della vicenda.

Sei tu un dio?

I nuovi acchiappafantasmi si sono ormai stabilmente insediati al posto dei loro predecessori. Phoebe Spengler, il fratello Trevor, la madre e il suo nuovo compagno, il professor Gary Grooberson, vivono e lavorano, infatti, nell’ex caserma dei pompieri che ha visto nascere la grande avventura. Ma poiché non si può mai stare tranquilli, il sindaco di New York, che desidera sbarazzarsi di loro, fa leva sulla minore età di Phoebe per proibirle di continuare ad indossare la divisa e lo zaino protonico, scatenando in lei rabbia e frustrazione. Nel frattempo, al negozio di oggetti “posseduti” di Ray, arriva una strana sfera di ottone, risalente a qualche migliaio di anni or sono, la cui apertura accidentale scatena ben altre minacce. [sinossi]

Mentre l’automobile dei Ghostbusters, la celeberrima Ecto-1, sfreccia ardita per le strade di New York, sullo schermo compare la scritta “Per Ivan”. Il riferimento è ovviamente a Ivan Reitman, primo regista degli Acchiappafantasmi e padre di Jason, regista del precedente Ghostbusters – Legacy e qui accreditato alla sola voce sceneggiatura. Ivan Reitman se n’è andato nel febbraio 2022, aggiungendosi alla lista delle dipartite che già vedeva campeggiare il nome di Harold Ramis, cui non a caso era dedicato proprio Legacy. Si trattava in quel caso di una vera e propria eredità, più nella realtà che nella finzione cinematografica: una nuova generazione di registi, sceneggiatori, e interpreti, cercava di prendere le consegne direttamente dagli eroi dell’epoca, che nel 1984 sbancarono il botteghino grazie all’assurda mescolanza di commedia da Saturday Night Live, sci-fi, fantasy, e persino horror. Prima Ramis, poi Reitman. Il tempo non porta con sé il dono dell’immortalità dell’immagine in celluloide – e ora in digitale – e così anche la saga che più di ogni altra ha messo in scena gli ectoplasmi inizia a essere davvero abitata da fantasmi. Ghostbusters – Minaccia glaciale è dunque il primo film in cui Reitman figlio deve muoversi in un universo nel quale arrivò anche a esordire – ha un piccolissimo ruolo nelle prime sequenze di Ghostbusters II – senza però poter ricorrere ai consigli paterni. Abbandonata la regia del progetto sulle spalle del suo co-sceneggiatore Gil Kenan, regista tra gli altri di Ember – Il mistero della città di luce e del tristo remake di Poltergeist, Reitman edifica una narrazione che riporta la Grande Mela al centro del discorso, come se si trattasse a tutti gli effetti di un vero e proprio ritorno a casa. Fin dall’inizio in qualche modo Minaccia glaciale sembra indeciso sul passo da compiere: estensione del discorso intrapreso nei precedenti capitoli o puro e semplice reboot del capostipite con massicce dosi di quel fenomeno che oggigiorno è noto come “fan service”?

Ecco dunque la famigliola Spengler che cerca di ridar lustro all’attività che vide l’oramai defunto Egon tra i fondatori; ecco ritornare gli eroi di un tempo – Dan Aykroyd, Bill Murray, Ernie Hudson, Annie Potts –, tanto per evidenziare come si tratti sempre della medesima storia, ed ecco il solito profluvio di fantasmi che uniti alla dabbenaggine dell’amministrazione cittadina rischiano di creare un problema di ardua risoluzione. Già, perché com’è prevedibile si risveglia un male che sopiva da tempo immemore e che potrebbe dare il la a una glaciazione in piena regola. Ghostbusters – Minaccia glaciale si diverte dunque, nel riprendere uno schema fin troppo evidentemente legato al primo capitolo (lì c’era un dio, il sumero Gozer, qui Garraka, un demone infernale), a giocare anche con la contemporaneità, e con le preoccupazioni per i cambiamenti climatici in atto. La trovata però non ha un peso specifico così determinante, alla stessa stregua del resto dell’impianto narrativo, che sembra pagare un pegno non indifferente all’ipotesi concreta che gli Acchiappafantasmi funzionassero davvero solo per la succitata qualità di saper fondere un universo in tutto e per tutto goliardico con suggestioni fantastiche tipiche degli anni Ottanta; oggi, con un tono fin troppo serio che manca però del romanticismo (auto)biografico del capitolo firmato da Jason Reitman in prima persona, la narrazione zoppica, e il conflitto del personaggio principale – la Phoebe Spengler di Mckenna Grace, che non si sente compresa dai genitori e vorrebbe davvero seguire la scia di suo nonno Egon – ha una risoluzione fin troppo semplice. Più interessato alle dinamiche famigliari che alla spregiudicata giocosità del fantasy, Ghostbusters – Minaccia glaciale sa intrattenere nella prima parte, ma quando dovrebbe davvero lanciarsi a perdifiato nella “lotta” contro il Male accelera in modo indiscriminato, come se non sentisse la necessità dell’epica, né volesse davvero confrontarsi con gli aspetti più ectoplasmatici della vicenda. Si resta così a metà del guado, e ci si inizia a chiedere quale sia in fin dei conti il senso di questo ritorno in auge dei cacciatori newyorchesi di fantasmi, se non quello di rivendere la medesima ricetta a un pubblico più giovane, ovviamente edulcorandone gli aspetti maggiormente anarchici. Così anche la comparsata in scena di coloro che incarnarono i primi ghostbuster appare asfittica, priva di mordente, e in fondo in fondo impalpabile. Fantasmatica, si potrebbe dire.

Info
Ghostbusters – Minaccia glaciale, il trailer.

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