Ghostbusters: Legacy

Ghostbusters: Legacy

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Bisogna andarci coi piedi di piombo quando si tratta di un franchise. Jason Reitman, legato anche sentimentalmente all’universo ghostbusteriano, era l’unico nome spendibile per raddrizzare la rotta dopo il remake/reboot del 2016. Dotandosi di un terzo occhio, il regista di Ghostbusters: Legacy riesce infatti a guardare contemporaneamente al passato, al presente e soprattutto al futuro della saga, sfornando un prodotto uno e trino, a suo modo (im)perfetto.

The Real Ghostbusters

Arrivati in una piccola città, una madre single e i suoi due figli iniziano a scoprire la loro connessione con gli Acchiappafantasmi originali e la segreta eredità lasciata dal nonno… [sinossi]

Si respira un po’ di tutto tra gli ariosi movimenti di macchina di Ghostbusters: Legacy (aka Ghostbusters: Afterlife), dagli echi spielberghiani che negli anni Ottanta\Novanta accompagnavano gran parte delle pellicole per ragazzi all’afflato nostalgico calcolato al millesimo, in perfetto stile Stranger Things, serie-evento che ha modellato le sorti dell’immaginario anni Ottanta e che è inevitabilmente una delle pietre di paragone delle successive produzioni – forse, anche in questo caso, persino più di Ghostbusters (1984) di papà Reitman.
Citazioni, omaggi, copie carbone, aggiornamenti che tengono conto (ovviamente, inevitabilmente, giustamente) delle direttrici hollywoodiane, comicità e orrore: tutto, dal passato del gruppo storico al presente delle nuove giovani star, converge verso il vero obiettivo, il futuro, il numero due e tre, la rinnovata serialità. Ghostbusters: Legacy è un sentito omaggio: perché dovremmo dubitarne? Ma è anche e soprattutto il tentativo di infilarsi, con possibilità reali di competere, nei pochi spazi lasciati vuoti dalla Disney/Marvel. Da anni i blockbuster si nutrono della loro stessa carne, dei propri successi, riciclandosi senza un’apparente fine: per giocare sul tavolo dei grandi è quindi necessario seguire le regole dei sequel\prequel\remake\reboot, ma senza sbagliare una mossa.

Una delle questioni chiave, come scrive Emanuele Di Nicola, è «rifondare un mito […] perché questo è il punto dell’opera di Jason Reitman, figlio di Ivan Reitman regista del film del 1984, che esegue un passaggio di testimone famigliare, sia dentro che fuori dallo schermo» [1]. E per tornare agli incassi e alla popolarità del passato è necessario fare delle scelte oculate: ad esempio, sfuggire al confronto newyorkese e rifugiarsi in campagna, tra gli spazi ampi e atemporali della provincia rurale. Ed è qui, tra campi di grano e supermercati poco frequentati, che tutto può accadere e soprattutto convivere, abbassando anche l’asticella produttiva: in questa sorta di terra di mezzo, più vicina alla fittizia Hawkins che alla Grande Mela, possono convergere i volti giovani e amatissimi di Finn Wolfhard e Mckenna Grace (personaggio trainante della pellicola), una Carrie Coon che sembra modellata su Dee Wallace, la mamma in E.T., Paul Rudd che sembra da sempre un incrocio tra uno a caso del Brat Pack e un comico anni Settanta/Ottanta del Saturday Night Live. E poi fantasmi, demoni, nuove e vecchie spalle comiche, oggetti e macchine mitiche. Il tutto miscelato con meno comicità dell’originale, mitigata dall’afflato nostalgico e dall’aleggiare della morte e del commiato definitivo della classe del 1984.

Fin qui tutto bene, se non fosse che Ghostbusters: Legacy si adagia su una sceneggiatura davvero troppo esile e persino maldestra negli snodi narrativi. Non aiuta lo straripamento della componente nostalgica e, tra pezzi incollati un po’ a caso, si arriva a un finale telefonatissimo, forse troppo programmatico nella sua ricerca della lacrima e della commozione. Una colata di fan service che rientra nel mito da rifondare, a qualsiasi costo.
Il meno ambizioso ma paradossalmente più personale dei film di Jason Reitman non deve essere però sottostimato: l’operazione a strascico di Ghostbusters: Legacy può far storcere il naso, incontrerà forse più pareri negativi che positivi, ma ha una sua precisa ragion d’essere e, al di là delle nostre riserve, probabilmente poteva essere solo così. Uno e trino, un ponte tra quello che è stato e quello che sarà. Per ritrovare anche domani, magari insieme a uno\a Spengler, quel gusto per l’avventura e per il fantastico che il cinema contemporaneo ha via via soffocato e quasi ucciso. Ma i fantasmi, per fortuna, sono duri a morire.

Note
1. Emanuele Di Nicola, Ghostbusters: Legacy, «Nocturno», nocturno.it/movie/ghostbusters-legacy.
Info
Il trailer italiano di Ghostbusters: Legacy.

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