Anora

Anora

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Rom-com spassosa, Anora segna il ritorno di Sean Baker in concorso al Festival di Cannes a tre anni di distanza dal precedente Red Rocket. Un indie movie grazioso, grazie anche alla presenza scenica della protagonista Mikey Madison. Palma d’Oro 2024.

Quella granculo di Cenerentola?

La ventenne Anora, detta Ani, lavora in uno stip club di New York dove mette tutta se stessa con ottimi risultati e grande soddisfazione dei clienti. Una notte qui Anora incontra un suo coetaneo russo che impazzisce per lei e le fa un’offerta che non si può rifiutare: trascorrere una settimana assieme dietro lauto compenso. [sinossi]

Commedia indie scatenata e spumeggiante, Anora si apre con una carrellata su ragazze nude che si strusciano sui laidi avventori di uno stip club newyorkese finché il movimento non si ferma su uno di loro che chiede a una fanciulla: “I tuoi sanno che fai questo lavoro?”. E lei ribatte divertita: “La tua famiglia sa che sei qui?”. Dopo aver lasciato il Texas di Red Rocket, sempre presentato in Concorso a Cannes nel 2021, Sean Baker sembrerebbe proseguire così sul solco dei temi di quel film in cui la sexy “Fragolina” voleva fuggire dalla sua piccola città (bastardo posto) per fare carriera nel porno assieme al protagonista. Ma è solo la primissima impressione perché Anora non è una disamina sulle giovani donne impiegate – in nero – a eccitare maschi nei night, ma innanzitutto una dissacrante rivisitazione dell’idea di fondo di Pretty Woman (1990) di Garry Marshall che, incredibilmente, venne ritenuta da tutto il mondo romantica: anche nel film di Baker la giovanissima protagonista (Mikey Madison), che ha la stessa età di Julia Roberts quando uscì il titolo che la lanciò (23 anni) e che preferisce farsi chiamare Ani, conosce sul posto di lavoro il ventenne russo Jurij detto Vanja (Mark Ėjdel’štejn) che perde la testa per lei tanto da invitarla innanzitutto a casa sua per fare sesso (cosa vietata nel night) e poi proporle di passare l’intera settimana assieme in cambio di 15.000 dollari. Il che è esattamente l’evento scatenante di Pretty Woman dove ovviamente la prostituta e il ricco uomo d’affari alla fine dei sette giorni si innamoravano e demolivano le barriere di classe e “professionali” per restare assieme: in Anora le cose non andranno così e le differenze di ceto nonché l’insensibilità delle classi abbienti diverranno il centro del discorso.

Jurij/Vanja è un imbecille totale che trascorre le giornate a bere, drogarsi e giocare ai videogiochi perché può farlo, essendo vergognosamente ricco: appena Ani mette piede nel suo lussuoso appartamento non lontano da Coney Island l’evidenza è inequivocabile. La ragazza cerca di capire come sia possibile per un ventunenne essere tanto danaroso e porrà quindi varie domande, per esempio se non sia uno di quei geniali imprenditori che hanno fatto fortuna con una App o qualcosa del genere (seguendo l’ideologia all american del self made man), ma la risposta è banalissima: Jurij è figlio di quello che i media occidentali direbbero un “oligarca”, cioè un uomo d’affari multi-mega-miliardario dunque il ragazzino ha soldi a palate. Da “La tua famiglia sa che lavori qui?” alla famiglia come unico viatico possibile per dividere i salvati dai sommersi: nonostante sia un povero idiota, Jurij è salvo per nascita mentre Anora, una ragazza sveglia, per nascita “deve” muovere il culo in faccia alla gente. In ogni caso, dopo una settimana di sesso anche il ragazzotto russo “fa” il Richard Gere della situazione e chiede ad Ani di sposarlo dopo una due giorni a Las Vegas: con un diamante grande come una biglia al dito, lei gli dice di sì e diventa dunque la dolce metà di un’immensa fortuna. Ma, ancora una volta, le cose non andranno come in un film di Hollywood con i divi e la famiglia dello scapestrato rampollo muoverà dapprima le proprie truppe su territorio newyorkese fino ad arrivare col jet privato direttamente dalla Russia per prendere il figlio per le orecchie e annullare il matrimonio. Il lavoro portato sulla Croisette da Baker presenta aspetti assolutamente interessanti: Anora smonta la fabula per concentrarsi sulle differenze di classe, diventate ormai abissi perché oggi chi è ricco e chi non lo è fanno parte di pianeti diversi più che di ceti diversi. Dunque basta con “Quella granculo di Cenerentola”, come diceva in Pretty Woman Laura San Giacomo (collega di marciapiede della protagonista Vivian), che anche in Anora è esplicitamente invocata perché la protagonista, come Cenerentola, ha vinto la lotteria. Oltre a questo aspetto, che nel film “motiva” la scelta femminile di sfruttare consapevolmente il proprio corpo, quel che sembrerebbe di primo acchito un aspetto un po’ razzista, ossia che “i cattivi” siano russi, indica quanto, in barba alle ciance che vengono raccontate, i soldi che devono girare girino e gli affari che si devono fare si facciano. Il capitale che conta non conosce guerre e confini, regole e conflitti e se ne frega degli slogan per ammansire le masse: anche questi sono racconti per i subordinati, storie della buonanotte per assopire le coscienze. A guardare meglio però il dente avvelenato contro la Russia non è assente: la protagonista è di antica ascendenza uzbeca, gli sgherri in fondo schiavizzati dai padroni sono armeni mentre la famiglia degli oligarchi è proprio russa e i villain insomma vengono “da Mosca”. Ambito intrigante e controverso è poi la rappresentazione del sesso: Sean Baker mostra anche qui – come appunto anche nel già citato Red Rocket – in maniera erotizzante i giovani corpi della protagonista e delle sue amiche, che si divertono a far godere e sono quasi felici di stare con le tette al vento come se fossero loro a detenere potere sugli uomini, esercitando un lavoro ai confini con la prostituzione. Che Anora ribalti l’assunto nell’emozionante finale, unico momento di disvelamento emotivo della protagonista, è evidente, ma molte scene vogliono essere sexy e fino all’ultimo minuto Anora è una sfrontata, autonoma, autodeterminata e serena lavoratrice del sesso, l’unico strumento di scambio che ha con il resto del mondo. Alla fine la maschera viene giù, con un effetto piuttosto potente, ma per il resto del film è rimasta “su” benissimo il che racconta, probabilmente, una generazione che dà per scontato di doversi vendere.

Ben calibrato e capace di un finale tenero, il film è “bipartito” e vede al proprio centro una sequenza molto lunga, che delinea la svolta che strutturerà la non breve seconda parte: a differenza di quanto le accadeva in C’era una volta… A Hollywood dove era una delle killer della Manson family, Mikey Madison (Anora, appunto) non finisce bruciata da un lanciafiamme nella piscina di DiCaprio ma le dà di santa ragione ai maschioni che la vanno a prendere, inviati dai padroni russi, per annullare le nozze. Anora è una forza della natura, una tizia davvero grintosa, ma la reiterazione di Baker nel mostrare alcune dinamiche non lo è e anzi depotenzia quel che altrimenti sarebbe più efficace: la scena con gli sgherri nell’appartamento di Jurij (che è scappato) e quasi tutta la seconda metà del film, con la ricerca del fuggitivo per portarlo ai genitori, rende il rocambolesco fin troppo reiterato. Il film dura 139 minuti, quasi due ore e venti, e senza forzature potrebbe essere tagliato di mezz’ora: il regista stira allo stremo ogni idea e questo forse indebolisce Anora anziché rafforzarlo, a maggior ragione considerando il fatto che l’intera trama è completamente prevedibile e non presenta nessuno scostamento da quanto uno spettatore minimamente avveduto possa dedurre dal primo quarto d’ora, per quanto riguarda la prima metà, e poi dall’ingresso in scena degli sgherri e soprattutto dell’attento e gentile Igor (Jurij Borisov, che ricordiamo nell’ottimo Captain Volkonogov Escaped e nel pregevole Scompartimento n. 6) per quanto riguarda lo sviluppo che porterà alla risoluzione. Anora è divertente e grazioso, intrattiene e porta al pubblico anche qualche spunto di riflessione (senza però spremere troppo le meningi, sia chiaro), ma non è così inventivo o creativo da motivare la propria durata (come molti film di questo concorso cannense e, in generale, troppe produzioni degli ultimi anni). Basti pensare al dialogo pre-fnale tra Igor e Anora, in cui si ribadiscono otto volte due concetti: sebbene l’attrice protagonista abbia lavorato con Tarantino e in ogni frase dica – volutamente – “fuck” o “fucking” in ogni possibile declinazione, Sean Baker non ha la genialità del collega e il suo film non ha forse la brillantezza per reggere ogni singolo minuto di pellicola (è girato in 35mm). Anora resta una rom-com spassosa che mantiene comunque quel che promette. Non che prometta più di tanto…

Info
Anora sul sito del Festival di Cannes.

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