Animali notturni

Animali notturni

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Melodramma, riflessione sull’arte, western e detective movie, Animali notturni di Tom Ford è un film stratificato e ambizioso, che perde troppo spesso l’equilibrio. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2016.

Anche i ricchi piangono

Il tempo si fonde con lo spazio. Un libro inscena storie così reali da sembrare vere. La prima parte è incentrata su una donna di nome Susan che riceve un manoscritto dal suo ex marito, da cui si era separata vent’anni prima. La seconda parte racconta la storia contenuta nel manoscritto, intitolato Animali notturnis, riguardante le tragiche disavventure di un uomo in vacanza con la famiglia… [sinossi – labiennale.org]

Melodramma dolente, ritratto composito sull’ambiente modaiolo dei vernissage d’arte contemporanea, ma anche horror texano vagamente western mescolato con una detection dai metodi poco ortodossi (d’altronde a condurla è Michael Shannon). C’è materiale utile a realizzare parecchi film nell’opera seconda di Tom Ford che, dopo il riuscito e dolente A Single Man (2009) torna a Venezia in concorso con Animali notturni, pellicola assai più ambiziosa e complessa.
Tratto dal romanzo di Austin Wright Tony & Susan (edito in Italia da Adelphi), Animali notturni è la storia di una donna di successo (Susan, incarnata da Amy Adams) che gestisce una galleria d’arte a Los Angeles, frequenta il jet set locale, cerca di rivitalizzare la relazione con il giovane marito, che però la tradisce. Un giorno riceve per posta il manoscritto del romanzo del suo precedente consorte: è dedicato a lei ed è una storia di violenza e morte. Vi si narra infatti di un padre di famiglia (Jake Gyllenhaal) in viaggio con moglie e figlia, e di come un banale litigio stradale con dei balordi si concluda con lo stupro e l’omicidio di entrambe le donne. Affiancato da un detective texano sui generis (Shannon), l’uomo inizierà un’alacre ricerca dei responsabili del crimine e porterà poi a compimento la sua vendetta. Già dalle prime righe per Susan è tutto chiaro: il romanzo dell’ex marito è una metafora della loro relazione e, soprattutto, del suo tragico epilogo, del quale si sente pienamente responsabile.

Suddiviso in tre linee narrative – il presente di Susan, il suo passato e infine la relativa trasfigurazione all’interno del romanzo – Animali notturni è fondamentalmente un film sull’arte e sulla vendetta. E sulla vendetta come arte. Tutto si apre con il ritratto dell’iperrealistico quanto fasullo universo delle esposizioni artistiche all’avanguardia, dove da un freak show circense con corpulente majorette intente a danzare senza veli si passa ai loro simulacri giacenti, quali statue di cera, sui piedistalli preposti per il vernissage curato dalla nostra Susan. Vacui discorsi, abiti firmati, orecchini vistosi e rumorosi adornano poi i protagonisti di un party nel quale non è certo difficile riconoscere una volontà di satira del mondo della moda che Tom Ford ben conosce e frequenta.
Ma non siamo dalle parti di The Neon Demon, le metafore di Ford sono ben più numerose e confuse di quella di Refn, attendono solo un detonatore (il romanzo) per deflagrare sullo schermo e deframmentare la narrazione. Né Ford riesce a raggiungere, nel suo affresco sul glamour del mondo dell’arte (che in ogni caso dura poco, per lasciare posto ad altre questioni), la brillante ferocia del Cronenberg di Maps to the Stars; ad impedirlo qui c’è il melodramma di cui è protagonista Susan, che poco spazio concede all’ironia e alla sagacia. Infine ad Animali notturni manca la struggente nostalgia per il cinema e per la bellezza che caratterizzava invece The Canyons di Schrader, anzi, di fatto nel suo girovagare perpetuo tra i generi e le linee narrative, Animali notturni perde per strada ogni, preannunciato obiettivo a anche ogni sentimento.

Eppure quello di Ford è un film estremamente ricco, di suggestioni, di riflessioni sull’arte e la sua funzione, di rimpianti. La sua originalità viene però continuamente intaccata e normalizzata da tutta la serie di richiami tra la linea narrativa principale (Susan nel presente) e il contenuto horror-western del romanzo, richiami orchestrati dall’autore con eccessivo didascalismo e poca grazia. Susan ha lasciato il suo primo marito perché, come preannunciatole dalla madre, lo riteneva un “debole”, e allora ecco che lui si auto-rappresenta nel romanzo come un padre di famiglia troppo ben educato per reagire ai soprusi di tre bifolchi texani, salvo poi perseguire la sua lenta vendetta. Vendetta che nella realtà del film è rappresentata dal libro stesso (poca cosa in confronto a quanto fatto da Susan al povero ex marito), vendetta che troneggia in lettere capitali sulla tela di un quadro che Susan non ricorda neppure di aver comprato. E poi c’è quell’inquadratura di spalle dei cadaveri delle due donne, rispecchiata da un’immagine perfettamente similare del corpo dormiente della figlia di Susan, personaggio che non vedremo più nel corso del film, utile solo a questo richiamo di stampo “formale”.

Fin qui tutto sin troppo chiaro. Ma le due storie intrecciate (realtà e romanzo) prevedono delle note a margine non da poco, che includono un classico della tragedia quale l’inevitabile perseguire di Susan nelle colpe e negli errori della propria madre. E poi c’è ancora un’altra forma di colpevolezza per Susan (la poveretta è colpevole “al cubo”): lei, pur di riuscire nella vita, ha rinunciato a fare arte, quindi a mettersi a nudo, in discussione, a rivelarsi al mondo, a differenza del suo ex marito che un romanzo alla fine l’ha scritto, e a differenza degli artisti che lei rappresenta in qualità di gallerista, verso i quali afferma di avere tra l’altro poco interesse. O forse lei in questa storia vuole solo espiare, trovando nelle pagine di quel manoscritto similitudini con la sua vita che in realtà non ci sono.
Questa chiave di lettura sarebbe stata assai interessante da perseguire, ma nel suo ipertrofismo stilistico e narrativo, Tom Ford non l’ha percorsa abbastanza. E nel complesso, il tempo filmico dedicato al presente, ai flashback del passato e alla visualizzazione del romanzo appare alquanto sbilanciato verso quest’ultimo. In particolare dispiace poi che l’autore non sia andato a fondo con il discorso sul classismo insito nell’alta società wasp americana, che dovrebbe qui essere oggetto, tra le altre cose, degli strali di Ford, ma si riduce a mero sfondo decorativo. E si passa rapidamente ad altro, a nuove similitudini, richiami, drammi amplificati.

È un film ambizioso Animali notturni e questa resta la sua maggiore qualità. E poi certo è ben realizzato, seducente, ha splendide inquadrature geometriche, ottimi attori, ma a tratti si fa strada l’idea che si tratti semplicemente di una losca vicenda in cui le “brave persone borghesi” hanno paura dei “bifolchi” e proprio questa paura finisce per scatenare la violenza nei loro confronti. O magari è semplicemente una storia dove anche i ricchi piangono, e non sanno neppure bene il perché.

Info
Il trailer italiano di Animali notturni.
La scheda di Animali notturni sul sito di Venezia 2016.
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