Sotto le bombe

Sotto le bombe

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Un film crudo Sotto le bombe, ma fortemente reale, capace di far sentire i tormenti e le paure di un intero popolo spazzato via e dimezzato dalla guerra, senza ricorrere all’uso di immagini violente. Presentato alle Giornate degli Autori di Venezia 2007.

La terra trema ma non crolla

Sotto le bombe, una donna cerca suo figlio. Un uomo la accompagna nella sua ricerca. Sono profondamente diversi. Toni è cristiano e sogna di fuggire all’estero. Libanese sciita, Zeina era emigrata a Dubai. Tornata in Libano per tentare di salvare suo figlio, scopre di non poter più ripartire. Nonostante tutto si ameranno, quasi in risposta alla morte che colpisce tutto attorno a loro… [sinossi]
Pensi che io stia inseguendo un’ombra?

Libano, anno 2006, gli attacchi israeliani hanno ripreso a colpire il paese, costringendolo a tacere per trentatre giorni e a macerare sotto i continui scoppi e frastuoni delle bombe. 1189 morti, un milione di rifugiati. Sotto le bombe (Sous les bombes), opera seconda del regista franco-libanese Philippe Aractingi (già realizzatore del pluripremiato lungometraggio Bosta e di diversi documentari e reportages girati tra l’Europa e il mondo arabo), riparte proprio da qui, raccontando il lungo e faticoso viaggio on the road di Zeina (Nada Abou Farhat) alla disperata (e vana) ricerca della sorella e del figlio, dei quali da tempo ha perso le tracce.
Tony (Georges Khabbaz), un giovane tassista che sogna di emigrare in Germania e di riscattare l’impotenza di suo fratello finito nell’esercito israeliano, si offre di accompagnarla fino alla fine, tra le incognite e i pericoli delle molteplici tappe che via via compongono una destinazione (e una fine?) sempre più lontana. Un viaggio intenso lungo il quale Tony, chilometro dopo chilometro, scopre di essere innamorato di Zeina e di voler affrontare con lei le conseguenze di ciò che tanto odio ha lasciato scaturire.

Un film crudo Sotto le bombe, ma fortemente reale, capace di far sentire i tormenti e le paure di un intero popolo spazzato via e dimezzato dalla guerra, senza ricorrere all’uso di immagini violente (come spesso invece la cinematografia a effetto ci ha abituati) come quelle dei morti o dei loro corpi menomati finiti e sepolti sotto le pietre, sotto le bombe. Aractingi fa una scelta differente: scava giù, in profondità, dentro i personaggi, fino a tirar fuori da tutte quelle pietre un intenso richiamo all’amore, alla necessità fisica e spirituale di ritrovare quella parte di sé e degli altri oramai perduta o finita nelle celle della sottomissione al potere (politico, psicologico, economico).
Il concetto fine, dunque, viene ampiamente stravolto per essere definitivamente ribaltato, attribuendo all’intero film un solo e unico senso di inizio, di un nuovo inizio, un principio secondo cui bisogna andare oltre il tangibile ma soprattutto oltre la fine.

Davvero eccezionale l’interpretazione dei due attori principali, in grado di far respirare allo spettatore gli odori del sudore, delle cosce di pollo, della polvere ammassata e della benzina lungo tutte quelle strade interrotte e danneggiate dalle esplosioni. Due interpreti ben diretti da un regista caparbio e sincero, il quale non solo ci mostra la realtà per quello che realmente è (allontanandoci finalmente dalle banali, piatte e stereotipate immagini dei conflitti in Medio Oriente), ma decide di accompagnarci dentro la Storia, quasi come se non volesse mai farci sentire soli, inserendo lo spettatore in un contesto di collettività umana, di condivisione degli intenti.
«Questo film è dedicato a loro», dice Aractingi, «a tutti i morti innocenti», e noi assieme a lui teniamo alzata la testa, con la speranza che sempre più autori, delle passate e delle nuove generazioni, riescano a raccontarci dal di dentro delle verità che troppo spesso, invece, muoiono ancor prima di essere vere.

Info
La scheda di Sotto le bome sul sito delle Giornate degli Autori.

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