Quarantena

Quarantena

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Nonostante alcuni difetti, soprattutto nella ricerca di una patina che eviti l’idea reale di sporcizia delle immagini, Quarantena (remake a tempo di record dello spagnolo REC) si dimostra una rilettura dello zombie-movie non priva di finezze, e dotata di una certa intelligenza.

Mi guardo morire

Per un reality televisivo, la cronista Angela Vidal e il suo cameraman Scott devono coprire un turno di notte con una coppia di pompieri di Los Angeles. Dopo una serata noiosa, una drammatica chiamata alla polizia nel bel mezzo della notte li porta in un piccolo complesso di appartamenti. I poliziotti sono già sul posto per delle violente urla che provengono da un appartamento del terzo piano. Essendo capitati in mezzo a una storia importante, Angela e Scott sono determinati a registrare tutto… [sinossi]

In principio fu the Blair Witch Project con l’utilizzo di una macchina a mano e una dichiarazione allo spettatore: “quello che vedi è reale infatti questa è una videocamera amatoriale”. E, conseguentemente, visto che siamo nell’ambito horror: “la paura, il mostro, punterà direttamente verso il tuo sguardo”. Tra espediente estetico e stile grezzo, povero, sbattuto in faccia senza nascondere (apparentemente) la regia, lo sguardo, Quarantena rappresenta un altro tentativo che prende le orme dai vari The Kingdom, capolavoro di Lars von Trier, e soprattutto, vista la vicinanza temporale, da Cloverfield la cui epocalità sotto un livello artistico-ideologico probabilmente non è stata colta a pieno: un film che cerca di interpretare l’era in cui si moltiplicano i supporti visivi di alta e bassa qualità, e l’impossibilità di registrare da essi la “fisicità” di un pericolo, tanto più se intrappolato in un nostro simulacro.

Chi scrive non era preso da questi pensieri prima che iniziasse Quarantena, ma avrebbe già pensato alle sue parentele, una in particolare, se avesse saputo che si trattava del remake di Rec, film spagnolo passato di qui un anno fa, che imperversava con un’agghiacciante bambina sanguinante anche in rete. La sorpresa durava davvero poco visto che non solo la storia, ma persino le inquadrature e le location sembrano ricalcare fedelmente l’originale. Una copiatura da record questa ennesima, al punto che viene da pensare che forse un giorno il remake verrà concepito addirittura prima dell’originale… La produzione riferisce infatti di aver visto solo un promo di Rec e di essersene subito infatuata, di aver dunque affidato la sceneggiatura a due fratelli registi (fa forse tendenza?) semi-esordienti. I due ammettono di avere davanti un copione a orologeria che dunque non ha bisogno di essere cambiato. Ma tra il dire e il fare vi sono di mezzo alcune questioni: quella di dover prevedere un pubblico diverso, dare un maggiore protagonismo ad alcuni attori e al solito, una minore arditezza nel cercare l’immagine sporca, povera; tutto ciò comporta cambiamenti che a dir la verità sfuggono a una logica presunta commerciale. La sostanza che si agita rimane la medesima, cioè una delle fobie dell’attuale: il contagio chimico, l’epidemia batteriologica, la morte invisibile che spesso occupa le nostre cronache e anche il cinema stesso.

Visibile solo nello stadio finale invece per Rec/Quarantena, con corpi che secernono sangue e attaccano poi a morsi. Il post-mortem viene recuperato con sapienza dai due fratelli che dimostrano di conoscere bene il regno dello splatter e della mitologia zombie. La trasformazione dell’amico contagiato in ferito-morto-mostro dà praticamente la scansione al film che si incentra soprattutto sul ritmo dell’azione. Il gioco della videocamera dell’operatrice televisiva lì per caso da cui noi scopriamo tutto è molto funzionale all’azione: vediamo e non vediamo, i corridoi sono semibui, lo spettatore/operatore è anch’egli un personaggio ed anch’egli sempre in pericolo di vita. E’ estremamente straniante in questo senso il ribaltamento della camera che ad un certo punto scopre l’identità dell’operatore, un qualcosa insieme troppo finto e troppo vero. Aldilà dei meriti rubati (per una volta bene) all’originale, i fratelli Dowdle dimostrano di saper riflettere sul senso del fare cinema, seppur forse per gioco, cioè cercando nient’altro che di sedurre il pubblico (ma d’altronde trattasi di un horror). Sembra però rimanere vittima di se stesso il film e della sua “americanità”, proprio per questo suo cercare la verosimiglianza ad ogni costo nella dinamica degli eventi.

Dall’horror si sente il bisogno di virare verso il razionale, di spiegare qualcosa di troppo e col passare del tempo la storia si scolla dall’azione, che sembra un inutile fuggire nel labirinto del palazzo. In questo si può scorgere una pulsione involontaria: quella di uccidere la situazione di vari telefilm americani in cui l’identità condominiale è sinonimo di umanità e simpatia. Come ne Il demone sotto la pelle, i condomini chiusi in scatola, qui più che mai sigillati da un mondo che li vede come appestati e non li vuole, si trasformeranno un po’ per volta inesorabilmente. È questa una qualità tutta sua, ma Quarantena purtroppo perde rispetto all’originale l’inquietudine della storia, lasciata molto a desiderare, anche per l’eccessivo protagonismo di Jennifer Carpenter (famosa per la serie Dexter), colta nel finale da specie di delirium tremens che rende mosse anche le immagini. Ci piacerebbe dirle che se tutti gli attori diventassero pazzi davanti a scene terribili non ci sarebbero più gli horror.
Persa la storia anche la paura se ne va, e in questo invece Rec si arricchiva nello svelamento finale di una paura retroattiva, più mentale, che rendeva più terrificante ciò che aveva già spaventato prima.

Info
Il trailer di Quarantena.
Quarantena sul canale Film su YouTube.
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