Festival di Roma 2009 – Presentazione
A poco più di due settimane dalla chiusura della Mostra di Venezia si torna a respirare grande cinema con la presentazione del programma del Festival di Roma 2009. La quarta edizione della kermesse capitolina, che si terrà nella consueta cornice dell’Auditorium Parco della Musica dal 15 al 23 ottobre prossimi, nasce all’insegna di poche ma significative novità che puntano a dare una certa stabilità e coerenza a una manifestazione che allo stato delle cose non è riuscita ancora a trovare una sua identità e una precisa collocazione nel circuito festivaliero internazionale in termini di credibilità.
Da qui l’esigenza da parte del Presidente Gian Luigi Rondi di creare quegli equilibri necessari al perfezionamento di una macchina organizzativa dalle enormi potenzialità, ma che nelle scorse edizioni ha in più di un’occasione messo in evidenza limiti e punti deboli. Per questi motivi, quella che ci apprestiamo a vivere è forse la prova del nove, lo spartiacque per capire se il Festival di Roma 2009 può pensare in grande per il futuro o restare fermo a guardarsi allo specchio. La formula resta comunque invariata, ma con qualche aggiustamento qua e là che consente agli addetti ai lavori e al pubblico che affolla le molte strutture a disposizione del Festival (ben venticinque sparpagliate per tutta Roma) di avere le idee chiara sul programma e su tutto ciò che lo rende possibile. Otto giorni costruiti sulla base di un connubio fra vocazione popolare e qualità della proposta culturale, che consentono allo spettatore di turno di scegliere tra un mix di film, retrospettive, incontri, mostre, concerti e naturalmente quel tocco di entertainment glamour che non guasta mai con i red carpets calcati da star nazionali e internazionali. Su questa linea si è lavorato per dare vita a un’edizione che vedrà la presenza di un solo Direttore artistico, nella figura di Piera Detassis, affiancato dai curatori delle varie sezioni che vanno a comporre un programma più snello e abbordabile.
Un numero dimezzato di pellicole suddivise in eventi (Retrospettive, omaggi vari e il Focus tematico Occhio sul Mondo), fuori concorso (Anteprimaed Eventi Speciali) e in due sezioni competitive (Concorso Ufficiale e L’Altro Cinema/Extra) con relative giurie internazionali presiedute da Milos Forman e Folco Quilici, composte per la prima volta solo da personalità appartenenti al mondo del cinema e dell’arte. Dunque niente giurie popolari come in passato, ma riconoscimenti tecnici che vanno ad affiancare un vero e proprio premio del pubblico. Senza dimenticare naturalmente il Marc’Aurelio d’Oro alla Carriera, assegnato a Meryl Streep, alla quale è dedicata anche una retrospettiva di quattordici titoli (da I ponti di Madison County al recente Mamma mia!) e la sezione collaterale competitiva Alice nelle città, con una giuria di giovanissimi chiamata ad assegnare i due premi tra i dodici in gara. Una piccola grande rivoluzione va però individuata proprio in quello che nelle scorse edizioni si era rivelato l’anello debole, vale a dire il Concorso Ufficiale, autentico agnello sacrificale concepito per affiancare senza oscurare il più gettonato fuori concorso, differentemente nato per saziare il bisogno epidermico della massa di lustrini e sorrisi scintillanti dei divi d’oltreoceano. Autorialità e ricercatezza formale piegata inevitabilmente alla spettacolarizzazione del blockbuster. Da questa lotta impari a livello di partecipazione popolare non poteva che uscire fuori un solo e unico vincitore e non è tanto difficile capire quale fosse. Ma sbagliando si impara e nel progetto di riequilibrio voluto dalla coppia Rondi-Detassis c’è come primo punto quello di dare la giusta importanza a quella che dovrebbe essere la colonna portante dell’intera manifestazione, ossia il Concorso. Ne viene fuori così una selezione di quattordici pellicole che mettono di fronte vecchie conoscenze e perfetti sconosciuti, registi collaudati con promettenti esordi, senza preclusione di generi, stili e tematiche.
Non esiste un filo rosso che le attraversa e nemmeno una mappatura geografica studiata a tavolino, ma una serie di film e registi che riflettono a 365 gradi su argomenti come la violenza, il razzismo, la crisi economica e quella spirituale, la guerra, i rapporti sentimentali e i problemi ambientali. Quattordici opere provenienti prevalentemente da Europa, Sud e Nord America, con un pizzico d’Oriente (il tagliente spaccato di vita quotidiana su quella Cina che solitamente non fa notizia da Qingnian, opera seconda del cineasta indipendente Geng Jun) e una completa assenza di cinematografie africane. Il compito di difendere il tricolore nostrano spetta ad Alessandro Angelini con il suo Alza la testa, confronto-scontro tra un padre e suo figlio che si consuma sul ring; Giorgio Diritti che con L’uomo che verrà rievoca la strage di Marzabotto e Donatella Maiorca che con Viola di mare porta sul grande schermo le intense pagine di Minchia di Re firmate dalla penna di Giacomo Pilati. Nomi illustri affiancano come già detto scommesse sulle quali ci si sentiamo già di puntare: il road movie generazionale After del regista spagnolo Alberto Rodrìguez e la cruda opera prima sul tema dell’omosessualità diretta dall’italo-danese Nicolo Donato dal titolo Brotherhood. Tra i nomi gettonati che si affacciano sul concorso bisogna ricordare i ritorni di autori come Miguel Littin (Dawson Isla 10) e Margarethe Von Trotta (Vision), seguiti da quelli di registi celebrati del calibro di Jason Reitman, che torna a Roma dopo il successo di Juno con Up In The Air, storia di un esperto tagliatore di teste interpretato da George Clooney; Cédric Kahn che porta sul grande schermo un disperato amour fou nel suo Les Regrets e Danis Tanovic che partendo dalle strazianti pagine di Scott Anderson regala allo spettatore un dramma bellico dal titolo Triage, al quale spetta l’onore di aprire questa quarta edizione del Festival di Roma.
Anteprima conserva ovviamente la sua vocazione di sezione da grandi numeri presentando film e registi di richiamo quali: i fratelli Coen, che portano sugli schermi romani una commedia amara sulla ricerca della spiritualità battezzata A Serious Man; mostri sacri come James Ivory e Carlos Saura che tornano dietro la macchina da presa con i rispettivi The City of Your Final Destination e Io Don Giovanni; Nora Ephron con la commedia gastronomica interpretata da Meryl Streep Julie & Julia (film di chiusura); Zhuangzhuang Tian e Lasse Hallström con i visionari The Warrior and the Wolf e Hachiko: A Dog’s Story; i nostri Luca Lucini e Stefania Sandrelli con Oggi sposi e Christine Cristina; per chiudere con la trasposizione del noto manga Astro Boy per mano di David Bowers e alcune sequenze inedite del nuovo capitolo di Twilight (New Moon) diretto stavolta da Chris Weitz. A L’Altro Cinema/Extra il compito di sperimentare e proporre visioni alternative attraverso una selezione, a cura di Mario Sesti, di lavori provenienti dalle cinematografie di tutto il mondo, suddivisa a sua volta in una competitiva dedicata al meglio del documentario, in una seconda di lungometraggi di finzione e una terza formata da eventi più o meno speciali. Tra i dodici documentari in gara segnaliamo il mockumentary biografico Garbo, the Man Who Saved the World di Edmon Roch, lo sfrenato talento visivo sfoggiato dalla regista Betty M. Park nel suo Mamachas del Ring che ci porta nel campionato femminile di “lucha libre” (equivalente boliviano del wrestling americano), i video diari clandestini di un writer tedesco (PIN2011) e di un Marines durante l’invasione statunitense dell’Iraq nel 2003 (Severe Clear) diretti rispettivamente da Torsten König e Kristian Fraga, per finire con le incursioni di Andrew Lang del suo Sons of Cuba nelle vite di tre giovanissimi boxer iscritti alla storica Havana Boxing Academy. Per quanto riguarda le fiction la nostra attenzione ricade invece su alcuni titoli molto interessanti: dalla commedia sofisticata in forma di cronaca documentaria diretta dalla coppia Paul Hawley e Ross Clendenen dal titolo Corked! al primo folle e visionario road movie casalingo battezzato Bunny and the Bull del regista britannico Paul King, passando per il fantascientifico e surreale Life in One Day del talentuoso cineasta olandese Mark De Cloe, oltre al Giappone sconosciuto proposto dai nipponici Jun-ichi Mori e Koji Fukada in Gravity’s Clown e Human Comedy in Tokyo. Nell’aria degli Eventi Speciali proposti da Sesti figurano il nuovo documentario di Ermanno Olmi, Rupi del vino, il ritratto dedicato a Antonio Ligabue (Antonio Ligabue: fiction e realtà) per la regia di Salvatore Nocita e lo straziante reportage sotto copertura sul dramma del traffico internazionale di organi a cura di Roberto Orazi intitolato H.O.T..
Nella sezione dedicata ai più piccoli, ossia Alice nelle città, spazio a dodici pellicole di provenienza perlopiù europea fatta eccezione per il road movie australiano Last Ride di Glendyn Ivin, la teen comedy made in Usa firmate da Suzi Yoonessi (Dear Lemon Lima) e Mille neuf cent quatre-vingt-un, ironica commedia canadese diretta da Ricardo Trogi. A rappresentare l’Italia ci pensa Alessandro di Robilant con l’attesa trasposizione cinematografica del romanzo di Andrea Cotti “Stupido” dal titolo Marpiccolo, storia di un diciassettenne che lotta per cambiare il suo destino, sullo sfondo di una Taranto oppressa dalla malavita. Particolare attenzione va rivolta anche all’esordio nella fiction di Bernard Bellefroid con La Regate e soprattutto alla commedia agrodolce del regista inglese Bruce Webb, The Be All and End All. Chiudiamo questa panoramica sul programma della quarta edizione del Festival di Roma con il Focus Occhio sul Mondo curato da Gaia Morrione che si concentra quest’anno, non su una cinematografia in particolare come avvenuto nelle edizioni precedenti con India e Brasile, ma piuttosto su una tematica importante come il cambiamento climatico attraverso una serie di incontri, dibattiti e una selezione di film a tematica ambientale tra cui: The Cove di Louie Psihoyos, La questione nucleare di Ugo Fabrizio Giordani e H2Oil di Shannon Walsh.