L’estate di Martino

L’estate di Martino

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Lo script de L’estate di Martino, firmato dallo stesso Fabbri e dal regista, fa dell’unità spazio-temporale il motore portante di un racconto che, nella sua trasposizione in immagini e suoni, dà origine a una sorta di pièce meta-teatrale dove una spiaggia sulla costa brindisina e un’estate indelebile nella memoria collettiva diventano un vero e proprio palcoscenico naturale.

Oltre la rete

L’estate del 1980 è un’estate di sangue, contrassegnata dalla tragedia di Ustica del 27 giugno e dall’attentato nella stazione di Bologna del 2 agosto: tragici episodi che fanno da sfondo alla storia di Martino e del capitano Clark, un militare americano. Un rapporto che nasce e cresce attraverso l’insegnamento del surf e dal quale ognuno dei due imparerà ad affrontare i propri fantasmi... [sinossi]

Una favola moderna che sorge come una fenice dalle ceneri di un incubo dal quale, a trent’anni di distanza, ancora non ci siamo svegliati. Si potrebbe sintetizzare con queste poche parole il plot dell’opera prima firmata da Massimo Natale che, dopo una lunga militanza nel campo degli uffici stampa e alcune regie teatrali, passa dietro la macchina da presa (suo anche il cortometraggio Amiche) per dirigere L’estate di Martino, trasposizione della sceneggiatura Luglio ’80 di Giorgio Fabbri vincitrice nel 2007 del Premio Solinas. Presentato in concorso nella sezione Alice nelle città alla quinta edizione del Festival Internazionale del Film di Roma e prossimamente nelle sale nostrane, il film prende forma e sostanza scegliendo la via del più classico dei racconti di formazione che mette al centro della storia l’adolescente di turno alle prese con l’estate che cambierà profondamente la sua esistenza: il primo bacio, la perdita della verginità, l’incontro/scontro con il proprio genitore e infine la scoperta di una passione da coltivare. Se da un lato dunque le vicende narrate non brillano certo per originalità, appoggiandosi a elementi abbastanza riconoscibili e riconducibili alla commedia adolescenziale, dall’altro la pellicola dimostra una certa maturità drammaturgica e un buon sviluppo dei personaggi che le consente di prendere le giuste distanze dalle teen-comedy made in Italy di stampo filo-mocciana.

Il risultato, seppur altalenante e in alcuni casi impreciso nella messa in scena (soprattutto nei raccordi e nei tagli delle inquadrature un po’ troppo televisivi), offre allo spettatore novanta minuti circa di gradevole scorrevolezza narrativa. Pochi passaggi a vuoto, dialoghi essenziali e mai sopra le righe, sono le note positive di una scrittura pulita e cronologicamente lineare, spezzata solo dal balzo temporale di un prologo in flash forward. Lo script, firmato dallo stesso Fabbri e dal regista, fa dell’unità spazio-temporale il motore portante di un racconto che, nella sua trasposizione in immagini e suoni, dà origine a una sorta di pièce meta-teatrale dove una spiaggia sulla costa brindisina (per la precisione l’incantevole Torre Guaceto) e un’estate indelebile nella memoria collettiva diventano un vero e proprio palcoscenico naturale. Una visione che da teatrale e bidimensionale si fa quasi stereoscopica, con la macchina da presa che oltrepassa i limiti. Il palco in questione è fatto di sabbia e acqua salata, illuminato ciclicamente dal sole che sorge e tramonta, ove la parete è rappresentata da una recinzione chiamata a separare due mondi solo apparentemente distanti e diversi, una barriera che i personaggi (che entrano ed escono continuamente in scena proprio come quelli di uno spettacolo teatrale) e la macchina da presa finiranno con l’abbattere felicemente. L’idea di ambientare il tutto in un unico ambiente è la carta in più di una sceneggiatura che dribbla e scivola allo stesso tempo nei luoghi comuni. La differenza rispetto a tante altre opere che puntano sull’unità spazio-temporale è che la sua messa in scena resta comunque credibile, sincera, priva di astute e artificiose trovate linguistiche.

Natale filma il privato che si mescola con il pubblico, la follia di una strage annunciata e il dolore di una misteriosa tragedia con i piccoli-grandi traumi di un adolescente come tanti. La passione per il surf diviene il filo rosso che congiunge due esistenze geograficamente, anagraficamente e ideologicamente lontane. L’estate di Martino è il luogo cinematografico dove queste esistenze finiranno con il congiungersi sulla cresta di un’onda .

Info
Il trailer de L’estate di Martino.

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