Beyond

Noomi Rapace ci aveva abituati ai suoi occhi neri e ombrosi nelle vesti di Lisbeth Salander nella trilogia di Millenium, in Beyond quello stesso sguardo magnetico e comunicativo risale dal buio dell’oblio per farci pensare che uno spiraglio di luce per lei e il nuovo nucleo familiare potrà alla fine esserci.

Corpo a corpo con gli spettri del passato

Una famiglia felice in una mattina di festa. All’improvviso la giovane madre, Leena, riceve una telefonata che la informa che sua madre è ricoverata in gravissime condizioni. Contro la sua volontà, il marito decide di portarla, insieme alle due figlie ancora piccole, a trovare la donna. Per Leena è anche l’inizio di un doloroso viaggio interiore che la costringe a rievocare un passato cancellato con una forza di volontà impressionante. I genitori, due emigrati finlandesi che non si sono mai veramente sentiti a casa propria in Svezia, vivevano tra abuso di alcol e litigi violenti una passione devastante e cieca, mentre Leena e il fratellino cercavano di sopravvivere ciascuno a suo modo. La ragazzina vincendo gare di nuoto e annotando in un quadernetto i significati delle parole della nuova lingua, diversa da quella materna, il maschio chiudendosi in un suo mondo fino all’implosione. Per Leena, che ha scelto di perseguire la normalità a tutti i costi, mentendo a se stessa e agli altri, questa si rivela l’ultima occasione di affrontare quel mondo oscuro da cui proviene e che, nonostante tutto, le appartiene… [sinossi]

Vincitore del Premio Settimana Internazionale della Critica all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, arriva finalmente nelle sale italiane Beyond, esordio dietro la macchina da presa di Pernilla August (Orso d’Oro come miglior attrice nel 2003 per Om jag vänder mig om).
Tratto dal bestseller dell’autrice svedese-finlandese Susanna Alakoski, “Svinalängorna” (di prossima pubblicazione in Italia), non si può nascondere che a prima vista sembra tratti di una storia antica, purtroppo, come la notte dei tempi: la violenza perpetuata tra le mura domestiche, soffermandosi in particolare sui figli. L’ottica e la mano registica e di scrittura (sceneggiato dalla regista con Lolita Ray) si rivelano però originali, frutto dei suoi studi e di incontri – su tutti quello con Ingmar Bergman, il quale l’ha diretta al cinema, in tv e in teatro.
Nel mirino dell’obiettivo della cinepresa Leena (un’intensa Noomi Rapace), sta festeggiando Santa Lucia con suo marito (Ola Rapace) e le sue piccole, uno squillo e la voce tremante della madre torna da un passato obnubilato – «Ciao Leena sono mamma». Si può mentire a se stessi e al proprio marito rispondendogli che non era nessuno dall’altro capo del telefono? Fino a che punto ce lo si può raccontare?

La August, facendoci assumere in soggettiva il punto di vista della protagonista sembra quasi domandarci – tra i tanti interrogativi – attraverso la sua prima reazione di rabbia soffocata se una madre abbia il diritto di irrompere, perché malata, nella “nuova” vita della figlia così faticosamente costruita. Sostenuta dal marito (emerge una speciale intesa forse incrementata dall’essere sposati nella realtà, oltre che bravissimi interpreti) e dalle figlie, Leena è costretta a tornare alle sue radici. Un viaggio fisico verso il paese d’origine che si alterna con la riemersione del rimosso con un passato che torna a galla violentemente per la donna, elegantemente per lo spettatore per la tecnica narratologica del meta film. I piani si sovrappongono senza appesantire il cambio temporale, forse l’unico peso che può nascere nel cuore di chi osserva impotente è una morsa allo stomaco ed una ferita nell’animo in empatia con la piccola Leena (una sorprendente Tehilla Blad). Una bambina a cui si chiede di diventare adulta troppo in fretta facendo da madre a un padre ubriaco, facendo la donna di servizio con sua madre e materna nei confronti del fratellino più piccolo…troppo piccolo per reggere quella violenza ora sottile ora dirompente tra le mura domestiche. «Nel film i ricordi di Leena adulta sono quasi “fisici”» (dalle note di regia), come fotografie in movimento concretizzano sulla pellicola, marchiandola, quel dolore di infanzia di cui ancora non si è elaborato il lutto. Una storia intima, ma non intimista che ci ricorda le lucide parole di P. P. Pasolini: «È difficile dire con parole di figlio/ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio./Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,/ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore./Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere :/è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia» (da “Supplica a mia madre”).

Forte del suo background e dell’amore teatrale verso Ibsen, la August riesce a creare un viaggio al limen tra presente e passato assopito; è disarmante registrare l’abilità nel tracciare e scandagliare i frames e le sfumature dell’animo di Leena accompagnati, tra le varie tracce, dal Notturno di Chopin. In scena: la corrosione umana, quell’amore coniugale e familiare che dovrebbe proteggere e da cui, invece, nell’infanzia, bisogna proteggersi. Noomi Rapace ci aveva abituati ai suoi occhi neri e ombrosi nelle vesti di Lisbeth Salander nella trilogia di Millenium, in Beyond quello stesso sguardo magnetico e comunicativo risale dal buio dell’oblio per farci pensare che uno spiraglio di luce per lei e il nuovo nucleo familiare potrà alla fine esserci.

Info
Il trailer di Beyond.
Beyond sul canale Film su YouTube.
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