Con gli occhi dell’assassino

Con gli occhi dell’assassino

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Morales infarcisce Con gli occhi dell’assassino di citazioni: La finestra sul cortile e Il silenzio degli innocenti sono ben individuabili in alcune sequenze, mentre L’occhio che uccide, capolavoro di Michael Powell, sembra sottendere al concetto di voyeurismo e frustrazione che scorre lungo tutta la pellicola.

Ciechi fuori, ciechi dentro

Julia è una donna che soffre una malattia che le farà perdere progressivamente la vista. Quando Sara, sua sorella gemella, cieca a causa della stessa malattia, compare appesa a una corda in casa, Julia rifiuta di accettare l’ipotesi del suicidio e decide di indagare per conto proprio seguendo la scia dell’omicidio. Scoprirà la terribile verità sugli ultimi giorni di vita della sorella, finendo in un mondo oscuro, in cui s’incrociano una serie di morti inspiegabili e di misteriose scomparse… [sinossi]

Il thriller ha certamente infinite variabili con i suoi sottogeneri, e la cecità è uno di quegli elementi che ben si prestano all’idea di un assassino o un persecutore su cui giocare a mostrare ed eludere indizi, intrigare sul come individuare un assassino invisibile, per l’investigatore e/o per lo spettatore. Il fatto che il giovane regista Guillame Morales sia spagnolo e che il produttore sia Guillermo Del Toro forniscono altri due elementi di interesse per Con gli occhi dell’assassino. Anche perchè la Spagna negli ultimi anni si è imposta all’attenzione proprio per registi appositamente specializzati dentro al genere,horror e thriller in particolare, cosa ad esempio non concepita in Italia, con film anche di pregevole fattura che pensano sempre al mercato internazionale e tuttavia cercando di aggiungere sempre qualcosa di nuovo in schemi già noti.

Il recente The Orphanage ha un iter piuttosto simile al film di Morales, con risultati eccellenti: ovvero nuova generazione spagnola, rivisitazione di diversi topoi e sempre Del Toro dietro il progetto. Tuttavia Morales, pur col vento a favore, si è inerpicato in un terreno paludoso in cui lo stereotipo è sempre dietro l’angolo, e per non perdere contatto col grande cinema ha fatto il classico errore di sovrabbondare la sua opera. Innanzitutto c’è un eccesso di situazioni in una trama che sembra complicarsi proprio per paura di sembrare povera o poco originale. Il risultato più evidente è naturalmente la noia, che prende il sopravvento prima che si riesca ad arrivare alla conclusione, sia del mistero sia dello scontro assassino-vittima, decisamente prolisso nel proclamare un vincitore, fisico e morale. L’abbondanza è anche quella dei registri narrativi: appaiono un po’ fuori luogo le derive romantiche, in particolare la biondaprotagonista, l’ottima Belen Rueda, che deve spesso ribadire l’incondizionato amore per il marito, aggiungendo miele che riesce a stemperare la tensione, già debole, relativa al plot principale.

Tuttavia il cuore della pellicola di Morales è quell’insieme di suggestioni, riflessioni, conseguenti scelte di stile (o precedenti al concepimento della storia, chi può dirlo), che hanno a che fare col guardare, osservare morbosamente o indagare, e il suo opposto che è appunto nascondere, occultare lo sguardo , escludere la vista tra i sensi utili. In questo difficile e ambizioso percorso certamente Morales abbonda soprattutto nelle citazioni: La finestra sul cortile, Il silenzio degli innocenti sono ben individuabili in alcune sequenze, mentre L’occhio che uccide (1960), capolavoro di Michael Powell, sembra sottendere al concetto di voyeurismo e frustrazione che scorre lungo tutta la pellicola. Vi sono poi piccoli richiami formali che fanno apparire Con gli occhi dell’assassino una specie di pout pourri, non propriamente originale nè tuttavia banale denotando infatti una forte attenzione fotografica di Morales e talvolta non priva di talento. Tutta questa cura delle inquadrature comunque non riesce a superare l’altalenanza della presa sullo spettatore che cerca la soluzione di un mistero, che non è necessariamentela scoperta delle fattezza del killer, quanto magari il suo movente o in generale dove si vuole arrivare col discorso che il film intraprende. La cosa più interessante nella sua forte morbosità è alla fin fine il ritratto dell’assassino, cioè di qualcuno che soffre la mancanza di protagonismo: nessuno lo nota, lo ricorda, lo issa dalla mediocrità in cui pare cristallizzato per la sua medietà. E che proprio per questo ama i non vedenti, gli unici che riescono a percepirlo pur nascosto tra le ombre. Se vogliamo un Ferro 3 – La casa vuota all’opposto: cioè un uomo che impara ad apparire agli altri dopo essere stato invisibile per molto tempo. Questi presupposti farebbero di Con gli occhi dell’assassino senz’altro un film di una certà profondità, se non fosse che tutto ciò si diluisce e affievolisce all’interno di una narrazione con i suddetti difetti, tale anche da far pensare che Morales sia meno intelligente della portata che poteva avere la sua opera (di cui è anche sceneggiatore), oppure che si sia innamorato più del meccanismo esteriore che comportano questi personaggi (con inutili o improbabili lungaggini dell’azione), piuttosto che della loro interiorità. Probabilmente frutto di un ambizione eccessiva, il risultato che ne è scaturito è in parte deludente e, come capita spesso in questi casi, semplicemente nè carne nè pesce.

Info
Il trailer di Con gli occhi dell’assassino.

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