Love Strikes!

Love Strikes!

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Alla quattordicesima edizione del Far East Film Festival lo schermo del Teatro Nuovo Giovanni da Udine ha ospitato Love Strikes! di Hitoshi Ōne, commedia (che si vorrebbe) sfrenata che si ispira all’omonimo serial televisivo, grandissimo successo di pubblico del 2010 diretto sempre da Ōne. Una farsa senza verve e priva di idee.

Nerd in Love

L’imbranato nerd Yukiyo Fujimoto, trentunenne che lavora per un sito web di tendenza sulla cultura pop, sta cercando una fidanzata dopo che la sua ultima fiamma gli ha dato il benservito. Privo di qualsiasi capacità di relazionarsi con il mondo che lo circonda, Yukiyo trova conforto chattando online con un ragazzo che condivide i suoi stessi interessi. Quando finalmente si incontrano in carne e ossa, però, il ragazzo si rivela essere la bellissima Miyuki. Con grande stupore e gioia di Yukiyo, Miyuki non si scoraggia l’aspetto da nerd del ragazzo e accetta di uscire con lui. Quando tutto sembra andare per il meglio per Yukiyo, il giovane scopre che Miyuki è in realtà fidanzata… [sinossi]

L’universo degli otaku, vale a dire degli appassionati giapponesi di manga, anime, e in generale della cultura pop, è quantomai multiforme dalle parti di Tokyo e dintorni: non è certo un caso se la figura del nerd ha trovato sempre più spazio, negli ultimi venti anni, all’interno delle dinamiche narrative della produzione nipponica. Un paese in cui gli idol, i cantanti pop idolatrati dagli adolescenti, assurgono a vere e proprie divinità del tubo catodico (realtà non poi così dissimile dalla nostra, sotto certi aspetti), e che vive i rapporti interpersonali in maniera senza dubbio problematica. Tra i tanti film che prendono amabilmente in giro questo microcosmo a se stante, viene naturale citare il divertente Otakus in Love di Matsuo Suzuki, visto alla Mostra di Venezia nel 2004 e dove si potevano contare le partecipazioni straordinarie di Takashi Miike e Shinya Tsukamoto. Alla quattordicesima edizione del Far East Film Festival lo schermo del Teatro Nuovo Giovanni da Udine ha invece ospitato Love Strikes! di Hitoshi Ōne, commedia (che si vorrebbe) sfrenata che si ispira all’omonimo serial televisivo, grandissimo successo di pubblico del 2010 diretto sempre da Ōne. Senza riproporre in versione cinematografica le sofferenze amorose dell’otaku Yukiyo Fujimoto – alla base anche di un manga piuttosto seguito in patria – Love Strikes! preferisce spostare l’azione un anno dopo la fine del serial e ripartire da zero: ora Yukiyo ha trovato lavoro nella redazione di una webzine che concentra la propria attenzione sull’universo della cultura pop, ma questo cambiamento non basta a farlo maturare sotto il profilo delle relazioni umane. La sua vita rimane relegata su Twitter, dove il nickname gli permette una libertà di pensiero altrimenti castrata dalla sua inveterata timidezza: ma è proprio grazie al social network che il giovane nerd troverà la ragazza di cui innamorarsi perdutamente.

La prima mezz’ora di Love Strikes! sembra promettere bene: la presentazione dei protagonisti è piuttosto calibrata, le gag si susseguono a ritmi non vertiginosi ma riuscendo comunque a centrare il bersaglio nella maggior parte dei casi, le soluzioni trans-genere (commedia che diventa musical in odore di Broadway, tanto per fare un esempio) paiono azzeccati ammiccamenti al gusto dei cinefili. Da un certo punto in poi, però, il meccanismo si inceppa e l’intero ingranaggio smette di funzionare: programmaticamente costruito sulla pietistica figura di Yukiyo, il film non ha la forza per scendere maggiormente in profondità e cercare davvero di raccontare una storia. Fino a quando rimane al mero accavallarsi di situazioni al limite del ridicolo (la goffaggine del ragazzo sia con l’oggetto dei desideri che con la di lei amica del cuore è l’organo pulsante dell’opera) Love Strikes! riesce a reggere, pur nella sfilacciata stanchezza di un canovaccio ripetuto all’infinito, ma sarebbe lecito aspettarsi qualcosa di vagamente meno rozzo da un film che ha sbancato i botteghini giapponesi – e fin qui nulla di troppo strano, visto quali sono gli incassi migliori delle varie nazioni mondiali – e ha anche messo d’accordo l’intero mondo critico nella terra di Yamato, trovando persino spazio in molte top ten di fine anno. Un vero e proprio mistero, visto e considerato che sull’argomento nel passato recente è stato possibile imbattersi in opere assai meglio costruite e divertenti: alla fine delle quasi due ore lungo le quali si dipana la narrazione, si resta inevitabilmente con un pugno di mosche. E l’infinita sfilza di cliché che viene rispolverata per cercare di donare compattezza alla sceneggiatura rischia ben presto di diventare intollerabile: in questo senso il finale nel fango acquista un valore quasi paradigmatico.    

Resta da annotare solo il buon cast giovanile scelto per la bisogna: Mirai Moriyama (la trilogia di 20th Century Boys, Fish Story di Yoshihiro Nakamura, One Million Yen Girl di Yuki Tanada, lo si vedrà a breve nei nuovi film di Junji Sakamoto e Nobuhiro Yamashita) è un nerd perfetto, nonostante l’aspetto tutt’altro che deforme tradisca almeno in parte il senso del ruolo, Masami Nagasawa (I Wish di Hirokazu Kore-eda, ma moltissimi lavori per la televisione) e Kumiko Aso (Zebraman di Takashi Miike, Achille e la tartaruga di Takeshi Kitano e il ruolo di Luna nel clamoroso Kyashan di Kazuaki Kiriya) completano nel migliore dei modi lo strampalato triangolo amoroso. Ma non basta.

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