Everyday Rebellion

Everyday Rebellion

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Dalle Femen a Occupy Wall Street, passando per la Siria e l’Iran, il documentario Everyday Rebellion dei fratelli Rihai propone un collage dei movimenti di protesta contemporanei. Semplificando e facendo non poca confusione…

La rivoluzione non è un pranzo di gala

Cos’è che ha in comune il movimento Occupy Wall Street con gli Indignados spagnoli o con la Primavera Araba? C’è una connessione tra il movmento democratico iraniano e le lotte siriane? E qual è il collegamento tra le attiviste ucraine in topless di Femen e le proteste contro il governo in Egitto? Le ragioni dietro ai vari sollevamenti in questi paesi possono essere diverse, ma le tattiche creative di non-violenza che essi usno sono strettamente connesse. Everyday Rebellion è un documentario e un progetto cross-mediale che celera il potere e la ricchezza delle forme creative di protesta non-violenta e di disobbedienza civile. [sinossi]
La convinzione in una nuova era
che al mondo porterà la redenzione
e porta scritto sulla sua bandiera
“Rivoluzione!”
Piero Brega, Su, comunisti della capitale

Esistono parole per trattare le quali bisognerebbe mantenere una cura speciale, una delicata attenzione, onde evitare di banalizzarle, di deriderle, di svilirne il significato più intenso, estremo, “puro”. In un universo contemporaneo nel quale ogni singolo evento viene digerito, accettato, metabolizzato e riproposto alla velocita di un “like” o di uno smile in risposta a un sms, questa particolare cura rischia di venire fatalmente meno: odi e amori rimbalzano gli uni contro gli altri ad altezze vertiginose, e tutto si fa espanso, deflagrante, incontrollabile. Termini come “genio”, “criminale”, “capolavoro” vengono annacquati, dispersi come sono in un mare magnum di mediocrità dilagante, in cui la ricerca dell’estremo si fa puramente verbale, girando al largo sia dalla sua messa in pratica che dal vagheggiamento intellettuale.
A riprova di questa deriva preoccupante ma in gran parte inesorabile, approda in poche sale italiane (una quindicina, cifra che permette di aprire di nuovo il fianco a una discussione sulla crisi distributiva nazionale e sul senso di operazioni destinate a permanere in maniera inevitabile nell’ombra) Everyday Rebellion, documentario organizzato e diretto nel corso di tre anni dai fratelli Arash e Arman Rihai, iraniani di nascita emigrati fin dall’infanzia in Austria per seguire il padre in fuga dalle persecuzioni a cui era esposto in patria. Everyday Rebellion, a prima vista, nasce da un intento lodevole, portare alla ribalta dell’opinione pubblica esempi di insubordinazione all’ordine costituito in giro per il mondo: si va dunque dagli Indignados madrileni agli occupanti di piazza Tahrir, dai newyorchesi di Occupy Wall Street agli iraniani che scesero in piazza sotto l’ombra della Borj e Āzādi (torre della libertà), fino ai siriani che si oppongono al regime di Bashar al-Assad.

Di buone intenzioni, si sa, è però lastricata la strada per l’inferno… Quel che emerge dal documentario dei fratelli Rihai, parte di un progetto cross-mediale che vede sovrapporsi il cinema ai social network, le app per smartphone alle piattaforme web, è uno stato di totale confusionarietà. Il lavoro sulle rivolte globali è ingenuo al punto da voler ricondurre l’intero universo di popoli in lotta contro il “potere” sotto un’unica bandiera, neanche esistesse un fil rouge in grado di collegare una battaglia civile all’altra. Non solo si sta in questo modo forzando in maniera grave la storia e la geopolitica, ma si sta anche operando una semplificazione ai limiti dell’infantile: il nemico contro cui si sta lottanto è “la crisi”? Veramente si può arrivare ad argomentare ciò, anche di fronte alla Primavera Araba o ai martiri siriani colpiti dalla polizia di Assad?
Bignami di storia contemporanea portato a termine senza un’adeguata revisione delle bozze, Everyday Rebellion fallisce clamorosamente perché si pone in un’ottica in cui il dubbio non viene mai meno: le azioni non-violente dei manifestanti sono l’unica arma possibile per sconfiggere il potere, e questa “verità” è posta come una pietra tombale sull’intero lavoro documentario.
Afflitto da un desiderio di globalizzazione (dei problemi, dei pensieri, delle azioni, delle risposte, delle necessità) che livella ogni singola situazione sullo stesso piano di discussione, Everyday Rebellion si assesta sull’esuberante e anche gioioso infantilismo di una generazione che scambia la protesta per festa, ripudia la violenza senza comprendere la dolorosa necessità della lotta, si pretende fuori dal sistema senza riuscire a capire di esserne ancora parte, la più vilipesa, forse, ma sempre meccanismo di un ingranaggio mostruoso, gargantuesco, devastante.
Anche il documentario, che persegue la rivoluzione nella sostanza dimenticandola sempre nella forma, è perfettamente inserito nelle giunture del sistema/cinema: ai fratelli Rihai sarebbe forse d’aiuto imbattersi in visioni come Zanj Revolution di Tariq Teguia, o Silvered Water, Syria Self-Portrait di Ossama Mohammed e Wiam Simav Bedirxan, dove il dolore della scelta, pur consapevole, ideologica ed etica, trasmette allo spettatore fino in fondo il senso della rivoluzione. Che non è, come scriveva Mao Zedong “un pranzo di gala; non è un’opera letteraria, un disegno, un ricamo; non la si può fare con altrettanta eleganza, tranquillità e delicatezza, o con altrettanta dolcezza, gentilezza, cortesia, riguardo e magnanimità. La rivoluzione è un’insurrezione, un atto di violenza con il quale una classe ne rovescia un’altra.”

Info
Il sito ufficiale di Everyday Rebellion.
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