Qui

Uno sguardo pacato sul mondo dei No Tav e della Val di Susa: Daniele Gaglianone con Qui – presentato nella sezione TFFdoc a Torino – racconta da vicino una realtà che, oltre a mille soprusi, è stata vittima (e lo è ancora) di una gigantesca campagna di disinformazione.

Non ora non qui

Chi sono i valsusini che da venticinque anni si oppongono al progetto Tav Torino-Lione? Qui s’interroga sulla loro identità e sul pensiero che guida la loro tenace ribellione. Attraverso dieci ritratti fatti di parole e silenzi, si racconta la stessa amara scoperta: il tradimento della politica nazionale, accusata di aver abbandonato i cittadini al loro destino, lasciandoli soli a vedersela con la polizia antisommossa. [sinossi]
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Intorno a poche questioni relative all’Italia contemporanea si è fatta così tanta disinformazione come intorno alla Tav, che dovrebbe essere costruita per collegare Torino e Lione, e il cui impatto ambientale è così devastante per la Val di Susa da far concludere a chiunque si informi davvero sull’argomento che si tratta di un’operazione da abbandonare al più presto. In tal senso va accolto con favore un film come Qui di Daniele Gaglianone, presentato al Torino Film Festival nella sezione Democrazia del TFFdoc, un film che del fronte No Tav raccoglie le testimonianze delle persone più diverse e tutte dolorosamente impegnate a difendere la propria valle e la propria vita.
Gaglianone si sceglie un ruolo di osservatore quasi-passivo, che lascia la parola alle dieci persone intervistate, e queste si succedono una ad una per raccontare la propria esperienza relativamente al momento in cui hanno capito in modo inesorabile che la Tav avrebbe finito per distruggere tutto.

Si parla di repressione poliziesca, di violenza e alterigia da parte delle istituzioni che, mai, hanno avuto intenzione di informare i cittadini a proposito di quanto stava avvenendo. Qui è comunque un film che non fa della denuncia urlata la sua arma (anche se forse sarebbero necessari anche film così); sceglie anzi quasi i toni bassi e pacati che usano le persone che dialogano con Gaglianone e con lo spettatore: da una vecchia signora proprietaria di una baita (che si è incatenata perché non avrebbe potuto restare dove era sempre vissuta), all’ex poliziotto ferito nel corso di una manifestazione da quelli che riteneva i tutori dell’ordine (i suoi ex colleghi), al sindaco che si è opposto ai diktat della prefettura e ha continuato a difendere la sua gente. Tutti loro sostengono una verità inoppugnabile: di fronte alle tante controindicazioni della costruzione della Tav (l’aumento certificato delle malattie a causa dell’amianto, la friabilità del terreno, le irregolarità verificatesi al momento di concedere gli appalti a varie ditte che non hanno i requisiti per ben lavorare, l’imposizione dall’alto di una ferrovia in un valle stretta in cui è già presente una strada ferrata, oltre che un’autostrada), è proprio la posizione degli abitanti della valle che, con la loro protesta, tutela gli interessi del Paese, mentre la Legge opera nella completa illegalità. Non a caso sentiamo qualcuno dire ad un certo punto del film che ciò che lo sorprende di più è il fatto che la magistratura non sia mai intervenuta a tutela della cittadinanza, anche solo per contestare, per esempio, la mancanza di gare d’appalto nella scelta delle ditte di costruzioni.

Certo, la riuscita o meno del nuovo film di Daniele Gaglianone finisce per dipendere dalla capacità d’eloquio e dalla significatività delle esperienze vissute dai suoi protagonisti. Ed è inevitabile che vi siano delle vicende più simbolicamente pregnanti ed altre meno. Forse, anzi, sarebbe stato meglio concentrarsi su quattro/cinque personaggi, limitando così gli sforzi narrativi. Ma, è pur vero, che appare evidente come Gaglianone abbia voluto dimostrare che in valle non c’è nessuno che sia a favore della TAV (così come riportato dalla didascalia iniziale), e dunque, solo incontrando un buon numero di persone di diversa estrazione sociale e politica, questo assunto poteva essere dimostrato. Nonostante questo, soltanto alcune vicende riescono a diventare davvero paradigmatiche di un’esistenza assurda e ciò avviene, forse e soprattutto, nei momenti in cui i personaggi interagiscono con l’ambiente, che sia una passeggiata per la valle per mostrare il filo spinato (lo stesso tipo che viene usato in zone di guerra) o che sia una conversazione al tavolo di casa, quella casa che rischia di essere abbattuta da un momento all’altro.

Info
La scheda di Qui sul sito del Torino Film Festival
  • Qui-2014-Daniele-Gaglianone-002.jpg
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