Florida

Tratto da un testo teatrale di Florian Zeller, Florida è una commedia che riflette sull’amarezza della senilità. Incentrato su un superlativo Jean Rochefort, il film, presentato in Piazza Grande a Locarno e in sala, funziona con una solida sceneggiatura a incastro.

Florida Dreaming

Nonostante gli 80 anni suonati, Claude Lherminier non ha perso colpi. O almeno è quanto vuol far credere alla figlia Carole, che assume continuamente nuove badanti perché ogni volta il padre le fa scappare esasperate. Ma chi l’uomo vorrebbe veramente avere accanto è la sua ultimogenita, Alice, trasferitasi da tempo in Florida. Finché Claude, in un colpo di testa, prende un aereo diretto a Miami per andare finalmente a trovarla. [sinossi]

Sbattuto da una parte all’altra, Claude è un ottantenne più o meno arzillo, affetto da perdita di memoria e da declino della lucidità comune alle persone anziane. Rappresenta per la famiglia, nella persona di una delle due figlie, Carole, un problema per la sua esuberanza, e si discute di quale sia il miglior posto per la sua sepoltura. Vivono in una località incantevole, Annecy, sul lago. Ma l’anelito dell’anziano signore è quello di raggiungere l’altra figlia, la sua prediletta, Alice, che si era trasferita a vivere a Miami. Senza sapere o ricordare o facendo finta a se stesso di non ricordare, che Alice è in realtà morta anni addietro. La Florida è la sua ossessione e questo dà luogo a una serie di tormentoni di evidente derivazione teatrale, nel film, come la battuta reiterata sulla preferenza del succo fatto con arance provenienti dalla Florida, piuttosto che con quelle dalla Spagna. La Florida è un luogo mentale, un’utopia cui anelare. Un luogo onirico, un rifugio, come un film in una sala cinematografica. E il dramma nascerà proprio con il cozzare di questo mondo onirico con quello reale, quando Claude arriva effettivamente a Miami. Lo scontro tra realtà e finzione.

Interpretato da un sempre immenso Jean Rochefort, Claude è come un novello Don Chisciotte, ruolo che l’attore avrebbe dovuto incarnare nel progetto di Terry Gilliam. Può essere vittima di un buio improvviso mentre è in un bagno pubblico. È addirittura capace di tirar fuori il membro e orinare sul parabrezza di un automobilista che lo ha infastidito. Vive in una società che non riconosce più, uomo d’altri tempi, con i suoi ricordi da ragazzo nel periodo della guerra. Capace di improvvisi sbalzi da uno stato d’animo all’altro, mirabilmente resi dal grande attore mattatore. Ha cancellato il trauma della morte della figlia, lo ha rimosso dalla sua memoria.

Basterebbe un Rochefort per buona parte dei registi ed essere a posto. Il grosso del lavoro lo fa lui. E in effetti la sua prestazione in Florida è superlativa. Ma Philippe Le Guay non si adagia sugli allori. E costruisce il film con una sceneggiatura a incastro degna di Atom Egoyan, costruita su piani temporali diversi, che si svelano nel dipanarsi narrativo. Vediamo quasi all’inizio una scena di Claude in aereo che sta volando a Miami, ma questa situazione si situa cronologicamente nella parte finale del film: spetta allo spettatore, con la sua memoria, il rimettere a posto tutti i fili della memoria di Claude.
Nella forma di commedia, Florida, presentato in Piazza Grande a Locarno, è un’opera che vuole essere proustiana, sulla memoria di un’esistenza, sull’intermittenza della memoria, sull’inconscio che cancella parti della memoria, le scene insostenibili che vanno tagliate.

Info
La scheda di Florida sul sito del Festival di Locarno.
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