Intervista ad Anurag Kashyap
A Locarno abbiamo intervistato Anurag Kashyap, che in Svizzera presentava il suo ultimo film, Bombay Velvet. Un’occasione per parlare di cinema, di Bollywood, di Bombay e… di Thelma Schoonmaker.
Si è fatto conoscere con Gangs of Wasseypur, presentato alla Quinzaine des Réalisateurs nel 2012, lunga saga familiare e segnale di fermento nel cinema di Bollywood. Successivamente le sue opere hanno avuto accoglienza nei festival internazionali, Bombay Talkies al Festival di Cannes come proiezione speciale e Ugly ancora alla Quinzaine. Ma il regista ha esordito nel lungometraggio già nel 2000 e a Locarno aveva presentato il suo secondo film, Paanch. Oltre che regista è anche produttore, di opere come Trishna di Michael Winterbottom, e come Lunchbox di Ritesh Batra. Nel 2013 è stato insignito dal governo francese dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordre des arts et des lettres. Al di fuori del cinema è impegnato in cause umanitarie: fa parte del direttivo dell’ong Aangan che si occupa dei bambini poveri dell’India. Lo abbiamo incontrato a Locarno dove ha presentato in Piazza Grande il suo ultimo film, Bombay Velvet, che si avvale nientemeno che del montaggio di Thelma Schoonmaker.
Com’è nata la collaborazione con Thelma Schoonmaker? E qual è stato il suo contributo principale al film?
Anurag Kashyap: Abbiamo deciso di prendere un collaboratore internazionale per il montaggio e ho detto che avrei voluto qualcuno che rispetto. Ero molto emozionato all’idea di lavorare con lei. Ha dato un taglio molto veloce al montaggio. Inoltre da lei ho imparato come sacrificare un paio di cose a cui mi ero affezionato.
Può essere l’inizio di una collaborazione continuativa? Avete altri progetti?
Anurag Kashyap: Mi piacerebbe mostrarle tutti i miei film. Dipende tutto dalla sua disponibilità. Questa volta è andata bene perché aveva del tempo per fare questo film, perché Scorsese ha iniziato a girare dopo che avevo già finito il mio film. Ora però è impegnata fino all’anno prossimo.
Bombay Velvet inizia nel 1947, anno cruciale, spartiacque perché quello dell’indipendenza dell’India. Anche il tuo precedente Gangs of Wasseypur iniziava in quel periodo, pur poi sviluppandosi in un arco temporale molto più vasto. Qual è il tuo interesse per quella fase storica del paese?
Anurag Kashyap: Non è che io sia particolarmente interessato a un certo periodo piuttosto che a un altro, però mi interessa molto la storia della città di Bombay. La città racchiude in sé un senso della storia, ed è stata segnata dal momento in cui la corruzione del territorio è iniziata. Quindi volevamo raccontare la storia del primo scandalo del paese. Ora è riconosciuto come un momento importante della storia dell’india.
Mi pare evidente un’interpretazione in chiave urbanistica del film, soprattutto per la didascalia finale che mostra i palazzoni odierni additandoli a esempio di speculazione edilizia, al sacco della città che risale a quell’epoca. È un’interpretazione corretta?
Anurag Kashyap: Vivo in un posto a Bombay che si chiama Nariman Point, che prende il nome da un uomo, Khurshed Nariman, che era contrario, durante l’occupazione inglese, all’idea del recupero del suolo sottraendolo al mare. Se vai a Bombay oggi c’è un continuo costruire e ricostruire dappertutto e non finisce mai e sta distruggendo la città, una città che era così bella. Per me è stato importante parlare di questa storia. Non è una storia inventata, questi edifici esistono veramente. La storia del mio film è una storia di corruzione e di come la corruzione ha iniziato a prendere piede in Bombay.
In ciò ti avvicini al noir classico holywoodiano, che citi anche espressamente con una scena presa da I ruggenti anni venti, e poi con un quadretto appeso a un muro con una foto di Clark Gable. Mi sembra che Bombay Velvet appartenga al novero di quei film, Chinatown, Cotton Club, Black Dahlia, che ricreano le atmosfere di quel cinema.
Anurag Kashyap: Un film che porto nel cuore è C’era una volta in America. Sì sono stato molto influenzato dal noir classico, da Fritz Lang a Howard Hawks, da Scarface a tutti i film di Jean-Pierre Melville.
Queste suggestioni erano già presenti in Gangs of Wasseypur.
Anurag Kashyap: Sì anche se quel film aveva uno stile più “elettrico”, più moderno.
Importante nel film è il ruolo della stampa. Anche questo un retaggio dal cinema classico americano?
Anurag Kashyap: C’è una cultura del tabloid a Bombay, pieni di gossip. Ce n’è uno famoso che si intitola Blitz, un altro Current, che nel film sono diventati Glitz e Torrent.
Come ogni film di Bollywood la musica è molto importante. Qui la usi molto nelle canzoni nel locale. Sono sempre diegetiche e lo stesso si può dire dei pochi momenti di ballo che sono nel film.
Anurag Kashyap: La musica è molto importante. In india non puoi fare un film senza musica, quindi io cerco sempre di usare delle canzoni che sembrino reali. Per me sembra troppo innaturale che qualcuno inizi all’improvviso a cantare e ballare senza apparente motivo. È sempre difficile per me trovare un utilizzo della musica convincente per il pubblico.
Anche queste canzoni concorrono a ricreare una sorta di golden age.
Anurag Kashyap: Sì, la mia idea era di ricreare quella golden age, con quelle macchine lussuose, quelle persone eleganti. Era come un periodo dei postumi del colonialismo, dopo che gli inglesi avevano lasciato l’India. È un mondo che non esiste più, ora le persone per esempio hanno uno stile più casual. Le scene della dance hall sono esplicative del mio utilizzo della musica, non mi piace quando un film si ferma per le canzoni, per me devono fare parte della narrazione.
Possiamo parlare di una New Bollywood, vale a dire di un fermento di nuovi registi dalle idee innovative, che vogliono rompere con gli schemi ormai logori di quella cinematografia popolare?
Anurag Kashyap: Bollywood sta cambiando, e ci sono anche film senza canzoni, come per esempio Lunchbox. Ci sono molte cose buone che stano iniziando con la nuova generazione di registi. Qui a Locarno c’è anche Thithi di Raam Reddy. Infatti come vedi molti film di Bollywood stanno attirando l’attenzione dei grandi festival internazionali.