Dark Places – Nei luoghi oscuri

Dark Places – Nei luoghi oscuri

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Nonostante l’origine, nella penna della scrittrice Gillian Flynn, autrice di Gone Girl, Dark Places – Nei luoghi oscuri è un thriller anonimo e goffo, che spreca malamente le buone suggestioni del soggetto.

Memorie svogliate

28 anni fa, Libby Day fu l’unica sopravvissuta al massacro della sua famiglia, per il quale fu condannato suo fratello Ben. Ora, l’incontro con un singolare gruppo di appassionati di cronaca nera, costringe Libby a tornare sui suoi ricordi, e a dubitare persino di ciò che lei stessa dichiarò agli inquirenti… [sinossi]

È stato preceduto, un po’ pomposamente, da un lancio che lo accostava al fincheriano Gone Girl – L’amore bugiardo (sulla base dell’analoga origine letteraria, nella penna della scrittrice Gillian Flynn); e in effetti, in questo Dark Places – Nei luoghi oscuri, l’attenzione per l’universo femminile, macrocosmo filtrato dallo sguardo del regista Gilles Paquet-Brenner, è del tutto trasparente. Sguardo che superficialmente si potrebbe definire rovesciato, rispetto a quello che informava di sé il film di Fincher: qui, le donne protagoniste (il personaggio principale col volto di Charlize Theron, le sue tre familiari uccise) appaiono vittime di manipolazioni, violenze fisiche e mentali, e angherie, tutte interne al mondo maschile. Anche in questo caso, tuttavia, la realtà di un passato tutto da ricostruire (nella detection, ma anche nella memoria della protagonista) si rivelerà più complessa e sfuggente, e dai ruoli molto meno cristallizzati. Proprio in un soggetto magmatico e dai contorni sfocati, oggetto di una complessa operazione di ricostruzione (portata avanti parallelamente dal racconto, tra passato e presente) sta in effetti l’elemento più interessante del film diretto dal regista francese: elemento che, diciamolo subito, è tuttavia mutuato integralmente dalla sua fonte letteraria.

Proprio il fascino del soggetto, la sua capacità di cambiare pelle e di scavare in temi come la memoria e la sua fallacia (nonché il suo collegamento col motivo, sempre in primo piano, degli affetti) fanno aumentare il rimpianto per il risultato cinematografico, invero modesto, del film di Paquet-Brenner. I motivi e le suggestioni messe sul campo, in una struttura da thriller classica quanto funzionale, meritavano un approccio meno scolastico e anonimo alla messa in scena. Il regista francese, qui alle prese con una co-produzione franco-statunitense, non sembra, evidentemente, avere il genere nelle sue corde; la piattezza della regia, il suo scivolare tra passato e presente con uguale disinteresse (e incapacità di costruire un’atmosfera compiuta e armonica), la pesantezza e gratuità delle soluzioni messe in campo (l’estetica da found footage nelle sequenze iniziali) tolgono presto interesse e presa emotiva alla visione. La stessa, goffa gestione del montaggio tra i due piani temporali, a volte all’insegna di un pedante e forzato parallelismo (come nella scena conclusiva) testimonia di un’evidente mancanza di idee dal punto di vista registico; risultato, probabilmente, della scarsa dimestichezza del regista con le regole e l’estetica del genere.

In un soggetto che ha più di un punto di contatto con i recenti thriller letterari nordici (viene in mente la saga di Millennium, anche nella presentazione della protagonista) è senz’altro interessante la scelta dell’ambientazione, a creare un efficace contrasto con i motivi di base della storia: le assolate location rurali del Kansas vengono rese con una fotografia (opera di Barry Akroyd, collaboratore abituale di Ken Loach) desaturata e neutra, che sceglie volutamente la bassa definizione e l’assenza di profondità di campo. L’approccio, che vuole probabilmente risultare straniante, ribadisce la natura tutta mentale dei luoghi oscuri del titolo; ma appare in sé anche abbastanza gratuito, inserito com’è in una generale impostazione di regia tanto pesante e poco dinamica.
La natura puramente epidermica dello sguardo di Dark Places – Nei luoghi oscuri, e l’evidente svogliatezza da parte dello stesso regista nell’approccio al soggetto, sono palesati anche dalla gestione dei personaggi (superficiale e dal background solo accennato quello di Nicholas Hoult, irrisolto nell’evoluzione del suo rapporto con la protagonista) e nella goffa gestione di alcuni passaggi narrativi (l’introduzione, in particolare, di un personaggio che si rivelerà chiave di volta nella soluzione del mistero, viene gestita molto male a livello di suspence).

La risoluzione della vicenda introduce a una morale che, posta in coda a un film tanto anonimo e scolastico nello svolgimento, riesce ad apparire persino grottesca; oltre a testimoniare di un goffo tentativo di conferire spessore, e pregnanza tematica, a una sceneggiatura che per due ore si è limitata a svolgere, pedissequamente, il compitino. Considerata la qualità, e le suggestioni malamente sprecate, che caratterizzavano il materiale di partenza, resta un po’ di rimpianto per il mediocre risultato ottenuto.

Info
Il trailer di Dark Places – Nei luoghi oscuri.
Dark Places – Nei luoghi oscuri sul canale YouTube Movies.
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