Black Butterfly

Black Butterfly

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Fiacco thriller con protagonisti Antonio Banderas e Jonathan Rhys Meyers, Black Butterfly dovrebbe ruotare intorno al tema dell’ossessione per la messinscena, ma si risolve in una sequela scomposta di coup de théâtre.

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Paul, uno sceneggiatore in declino a corto di idee e sul lastrico, raccoglie per strada un vagabondo, e gli offre un posto dove stare. Quando l’ospite prende in ostaggio Paul e lo obbliga a scrivere, verranno alla luce segreti sepolti da lungo tempo. [sinossi]

La nostrana stagione cinematografica volge inesorabilmente alla conclusione e, di fronte a incassi sempre più deludenti, che coinvolgono perfino blockbuster come Spiderman – Homecoming e Wonder Woman, non può certo venire in aiuto un ozioso thriller come Black Butterfly, seconda regia per l’attore Brian Goodman (la prima, Boston Streets, risale al 2008) e remake del film-tv francese Papillon noir.
Protagonisti sono un bolso e invecchiato Banderas e un butterato e carognesco Jonathan Rhys Meyers, mentre Abel Ferrara fa una minuscola apparizione nei panni del droghiere di fiducia di Banderas.
I due succitati dovrebbero mettere in scena un crudele gioco al gatto e al topo, con il primo – Banderas – nei panni di uno scrittore/sceneggiatore indebitato e in crisi, oltre che troppo propenso ad alzare il gomito, e il secondo – Rhys Meyers – impegnato a tormentarlo con l’obiettivo apparente di fargli tornare l’ispirazione costringendolo a vivere esperienze estreme da trasferire poi su carta. Il gioco – è chiaro da subito – andrà troppo lontano, prima ancora di rivelarsi come un’ulteriore messa in scena, che ovviamente non è il caso di svelare per togliere quel minimo di interesse che Black Butterfly potrebbe suscitare.

Si possono leggere echi di Misery non deve morire o anche – persino – di Providence, ma sono echi che arrivano a Goodman in maniera scomposta e superficiale, dove ad esempio quel che dovrebbe tenere insieme a doppio filo i due protagonisti – l’ossessione per la scrittura e l’ossessione per l’ossessione fine a se stessa – non prende mai corpo, mostrando degli attanti incapaci di formarsi una psicologia e riducendo il tutto a scaramucce casalinghe tra lo scrittore e il giovane vagabondo suo ospite, tra fucili, ubriacature e tentativi di fuga. Tutto poi converge verso la presunta apoteosi finale, inducendo a sospettare sin dall’inizio che vi sia qualcosa sotto nella scrittura del film e facendo sì che dunque, nell’agognata attesa dell’agnizione, si svilisca la maggior parte dello svolgimento.
Girato senza nerbo, privo di qualsiasi riflessione sull’idea di messa in scena e sulla recitazione (perché, in fin dei conti, una continua ri-messa in scena di quanto vediamo dovrebbe suscitare degli spunti anche sull’arte attoriale), Black Butterfly si condanna a un grigio anonimato. E la carriera di Banderas sembra ormai aver preso, un po’ come lo sceneggiatore che interpreta, una brutta china.

Info
Il trailer di Black Butterfly su Youtube.
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