La moglie più bella

La moglie più bella

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Ispirato alla vicenda di Franca Viola, la donna che per prima rifiutò in Sicilia il matrimonio riparatore, e girato in parte nel Belice un anno dopo il terremoto del ’68, La moglie più bella di Damiano Damiani è un eccellente esempio di cinema civile perfettamente integrato con i codici del genere. Con protagonista Ornella Muti, al suo esordio. Ai Mille Occhi 2017.

Questo matrimonio non s’ha da fare

Sicilia. Francesca Cimarosa è una quattordicenne, figlia di contadini, di cui si innamora Vito Juvara, mafioso ricco e in ascesa. I genitori di lei sono orgogliosi di dare al boss la mano della figlia. Francesca acconsente a fidanzarsi ma ben presto scopre il maschilismo del fidanzato ed allora si ribella fino a respingerlo del tutto. La reazione di lui è quella di sottoporre la promessa sposa alla cosiddetta fuitina. Ma Francesca reagisce. [sinossi da Wikipedia]

Probabilmente La moglie più bella non rientra tra gli esiti più alti di un regista come Damiano Damiani – in questo periodo ci piace ri-pensare quale apice della sua filmografia a Io ho paura, straordinario controcanto quasi in contemporanea di Cadaveri eccellenti (il primo del ’77, il secondo del ’76) – ma questo film girato nel 1969, e mostrato alla 16esima edizione de I Mille Occhi per le corrispondenze di cineasti italiani, è paradigmatico sia dell’altissimo mestiere del regista nativo di Pasiano di Pordenone, sia del rodato ‘agire’ in tempo reale del cinema italiano di quegli anni.
La moglie più bella infatti porta con sé il segno di almeno tre elementi che lo rendono prezioso e lo connotano come un’opera perfettamente integrata nel contesto dell’epoca e, insieme, capace di parlare all’oggi: il primo è il fatto che La moglie più bella è ispirato alla vicenda reale di Franca Viola, ragazza che nel ’65 per prima si rifiutò di accettare in Sicilia il matrimonio riparatore, ribellandosi all’omertà dei suoi paesani e diventando un simbolo dell’emancipazione femminile (e questa è la caratteristica che permette di classificare apertamente il film come esempio di cinema civile); il secondo viene dalla scelta di aver girato in parte nel Belice – in particolare a Gibellina – a solo un anno di distanza dal tremendo terremoto che nel ’68 sconvolse il panorama della valle sicula (e, come testimonia anche la presenza tra i consulenti di Ludovico Corrao, in seguito sindaco di Gibellina e fautore della ricostruzione del paese, questo aspetto lo si può catalogare ancora come esempio di ‘impegno’, di attenzione nei confronti del luogo in cui si decideva di girare e di sostegno alle popolazioni locali); il terzo aspetto – più di colore e di natura prettamente cinematografica – ha a che vedere con la presenza in scena come protagonista di Ornella Muti, al suo esordio e qui appena quattordicenne, trampolino per la sua successiva fortunata carriera.
In più, va sottolineato che naturalmente la Muti non aveva origine siciliane (qui viene doppiata da Loretta Goggi) e che quindi la sua presenza in scena è un po’ straniante rispetto agli altri volti locali, a partire da Tano Cimarosa nei panni del padre. Ma, ugualmente, la scelta di Damiani ci pare esatta: il personaggio da lei interpretato – che si rifiuta di convolare a nozze con un giovane mafioso in ascesa dopo che questi l’ha violentata per costringerla a sposarla – deve apparire alieno rispetto al contesto, come un fiore sbocciato per caso e per fato, come un parto imprevisto della terra terremotata e squassata in cui le antiche gerarchie vengono messe in discussione.

Il tema del terremoto del Belice, sviluppato sottotraccia e sullo sfondo di alcune situazioni, ha anche difatti un evocativo risvolto simbolico: come dice qualcuno in scena, è come se dopo la catastrofe sismica le cose non fossero più le stesse, come se tutto fosse cambiato, anche se molti dei personaggi – i mafiosi in primis – non sembrano essersene accorti. E, in fin dei conti, è quello che in parte stava accadendo, vista la reazione solidale dell’opinione pubblica dell’epoca e il ruolo del già citato Ludovico Corrao, che coinvolse nella ricostruzione numerose personalità artistiche, a partire dall’eccentrico contributo di Burri autore del Grande Cretto che ha ‘eternizzato’ le rovine della vecchia Gibellina. Sono, queste ultime, tutte questioni extra-cinematografiche, che comunque traspaiono tra le righe e le immagini di La moglie più bella, nell’ottica di un afflato nazionale fortemente percepito al tempo – se n’era già avuta testimonianza pochi anni prima per l’alluvione di Firenze – e oggi ormai totalmente dimenticato.

Detto questo, bisogna ricordare in ogni caso che ne La moglie più bella Damiani usa al meglio i codici del cinema di genere – dal giallo al thriller, passando per un atipico e “legalista” revenge-movie (la vendetta non-violenta del personaggio della Muti nei confronti di chi l’ha disonorata) – in cui non si rinuncia mai al senso e al piacere dell’intrattenimento, di un cinema spettacolare e dal grande impatto emotivo. Si pensi alla sequenza del rapimento della Muti tra le baracche dei terremotati e ai colpi di pistola sparati in aria per incutere timore agli astanti, o si pensi anche alla visionaria e inquietante veduta d’insieme di un paese intero davanti alla caserma dei carabinieri in attesa che esca la protagonista per aggredirla e insultarla. Ma, più di tutte, fa impressione per incisività la scena dell’ipocrita ricevimento di fidanzamento imbastito dal mafioso violentatore: i genitori della Muti sono in un angolo ignorati dai parenti di lui, mentre lei è stata costretta a indossare un vestito da sposa. Qui Damiani sceglie di usare al meglio la colonna sonora di Morricone, inframezzando il tonitruante e martellante motivo del Maestro con piccoli e laceranti brandelli di dialogo. È questo un altissimo esempio di uso espressivo della musica come solamente il cinema italiano ha saputo fare, purtroppo solo in quegli anni. Ed è probabilmente la scomparsa di questa pratica uno degli aspetti che più rimpiangiamo di un’epoca perduta, come d’altronde ragionavamo appena pochi giorni fa con il delegato generale della Settimana Internazionale della Critica, Giona Nazzaro.

Info
La pagina Wikipedia di La moglie più bella.
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