Sympathy for the Devil

Sympathy for the Devil

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Sympathy for the Devil è One Plus One, vale a dire il titolo del produttore contro il titolo dell’autore. Jean-Luc Godard incontra i Rolling Stones, affronta il maggio parigino, si confronta con se stesso e si combatte, fuori e dentro la scena. In un doppio imperdibile blu-ray per la Koch Media le due versioni di un film (s)perduto.

I Rolling Stones stanno provando Sympathy for the Devil. Una ragazza scrive slogan fantapolitici sui muri di Londra. Un gruppo di ragazzi di colore del “Black Power” si è stabilito in una discarica di automobili. In una libreria piena di materiale pornografico e romanzi pulp, il proprietario legge il Mein Kampf. Una troupe televisiva a passeggio per un bosco intervista una ragazza. [sinossi]

Sympathy for the Devil è One Plus One. Anzi, Sympathy for the Devil è quello in cui mai Jean-Luc Godard avrebbe voluto che si trasformasse One Plus One. Sono lo stesso film, eppure no (il primo voluto dalla produzione, il secondo con il montaggio definitivo voluto da Godard). Questione di (s)montaggi, di tagli e di tempi, di ingerenze produttive e di difese del diritto dell’autore di fare e disfare, e ancora di più stra-fare, eludere la prassi, traumatizzarla, costringere lo spettatore a quel passo più in là che può essere fatale, e per questo ammaliante. Mentre il maggio parigino s’infiamma, Godard se ne va a Londra a riprendere le prove in studio dei Rolling Stones, impegnati nella registrazione di Beggars Banquet. È lo stesso Godard a utilizzare parole chiare per spiegare il suo coinvolgimento in questo progetto: «È un film che è stato girato contemporaneamente ai fatti del maggio ’68 a Parigi, un momento in cui mi si rinfacciava di essere andato a lavorare all’estero mentre tutto il popolo francese era in sciopero… Ed era un momento in cui ero abbastanza… Ero, credo, sempre più sperduto. E cercavo di incollare dei pezzi, di trovare altri pezzi, cominciavo a filmare delle cose in modo separato. E visto che in giro c’era della musica, questo poteva offrirmi l’occasione per… In un primo momento dovevamo farlo con i Beatles, poi non si è più fatto… e abbiamo chiesto ai Rolling Stones… così… e loro hanno accettato. Era una produzione tutta inglese, io facevo solo il regista, e quindi… Così sono andate le cose». [1] Incollare i pezzi può apparire la metafora stessa del cinema, e in parte ovviamente lo è, ma Sympathy for the Devil (si sceglie questo titolo solo perché è quello che domina la copertina del blu-ray) si spinge oltre. Il cinema, oggetto dalle infinite possibilità – e quindi alla ricerca sempre della definizione perfetta –, non rappresenta più un mondo a parte, un cosmo protetto, un reame magicamente scardinato dal sistema imperante. Il cinema è atto, e come atto è pensiero politico attivo, cosciente, reale.

Il 1968 di Godard non è il gesto di una ribellione, ma il concetto applicabile miracolosamente a massa di un pensiero attivo, singolo e molteplice allo stesso tempo. Scoordinare un film in parti tra loro quasi incomunicabili significa tentare di mostrare l’universale nel particolare, l’unico nel moltiplicabile. L’intellettuale nel mezzo dei tumulti ha un solo dovere, oltre a quello di partecipare. Ha il dovere di registrare. Tutto Sympathy for the Devil è un’infinita, interminabile sequela di registrazioni: quelle in studio dei Rolling Stones, quella dell’intervista alla giovane – interpretata dalla recentemente scomparsa Anne Wiazemsky, che recita anche il ruolo della giovane che scrive slogan marxisti sui muri, sotto gli sguardi dei passanti –, quella dei militanti del Potere Nero. Registrazioni che cercano da un lato di catturare il vero, ma dall’altro di instaurare una relazione, di costruire un percorso unitario che porti alla rivoluzione, unico obiettivo finale. Parti sconnesse che devono imparare a comunicare tra loro, a trovare relazioni di senso. Solo il montaggio, solo la scomposizione del cinema, solo la parcellizzazione del tempo e del fluire logico nello spazio, possono rendere fino in fondo il significato di una dialettica di classe, costruttiva,

Certo, Sympathy for the Devil è anche il documentario sullo stato di confusione di Godard nel turbinio elettrico – elettrificato – del ’68, e come ogni suo film si costruisce sulla sua stessa carne; il pensiero ideologico non è netto, ma alla ricerca di una sua chiarezza, e così le immagini che ricama e ricopre di esasperati colori pop sono a loro volta alla ricerca di un significato che non sempre sanno trovare. Godard, che non cede alla tentazione di un cinema prodotto (e anche per questo il tradimento nel montaggio finale sarà vissuto con ancor maggiore rabbia), sa di potersi concedere il lusso della contraddizione, e ne costella il film senza preoccuparsene. Ne viene fuori un’opera liberissima, che esagera in modo violento, spudorato, a suo modo felicemente politico. Gioca, Godard, e gira, e girando gioca una volta di più e si fa beffe della prammatica, sfruttando il braccio di una gru non per un movimento di macchina ma per sollevare la fintamente morta Anne con tanto di bandiera dell’anarchia a glorificare la sua ascesa al sole.
Gioca, Godard, e suona come i Rolling Stones in quella sala di registrazione, documentando senza documentare, e per questo immortalando in maniera ancora più illuminata l’istante che si sta consumando. Gioca, Godard, che nel 1968 porterà a termine anche Un film comme les autres (operai e studenti che discutono tra di loro dell’esperienza rivoluzionaria), il mai finito One American Movie, e alcuni segmenti del film collettivo Cinétracts, e si lancerà a breve nel Gruppo Dziga Vertov. Gioca, e costruisce crepitii di rivoluzione. Di lì a poco Shūji Terayama insegnerà ai giapponesi Throw Away Your Books, Rally in the Streets!; un’esortazione che Terayama riprende, come Godard. I libri non sono più sugli scaffali, e cineprese sono piccole armi maneggevoli, e si possono trasportare in aereo senza problemi alla dogana. Quasi mai.
A distanza di cinquant’anni Sympathy for the Devil/One Plus One è un’opera-gorgo imperdibile perché perduta già in se stessa. L’occasione di recuperare il film in blu-ray nella duplice versione – ognuna su un disco a parte – edita dalla Koch Media non può essere dunque in nessun modo sprecata. Sarebbe imperdonabile. Sarebbe un atto contro-rivoluzionario.

NOTE
1. Jean-Luc Godard, Introduzione alla vera storia del cinema, edizioni PGreco, Roma, 2012.
Info
La scheda di Sympathy for the Devil sul sito della Koch Media.
Il trailer originale di Sympathy for the Devil.
Sympathy for the Devil sul canale YouTube Movies.
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