22 July
di Paul Greengrass
Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2018, ennesimo titolo Netflix presente al Lido, 22 July cerca di restituire un quadro completo del terribile attentato di Utøya: la lucida follia di Breivik e le sue rivendicazioni politiche, l’esplosione a Oslo e il massacro sull’isola, i soccorsi tardivi, il lutto individuale e nazionale, il lento e doloroso ritorno alla vita, il processo. Con stile quasi dimesso, intrecciando i vari piani narrativi, Greengrass insegue un’obiettività cronachistica ma zoppicante. Alquanto discutibile la scelta dell’inglese.
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La vera storia delle conseguenze del peggior attacco terroristico perpetrato in Norvegia. Il 22 luglio 2011, un estremista di destra uccise 77 persone facendo esplodere un’autobomba a Oslo, prima di compiere un omicidio di massa in un campeggio di adolescenti. 22 July segue il viaggio fisico ed emotivo di un sopravvissuto e narra la strada intrapresa dalla nazione per cercare di riprendersi e trovare la riconciliazione… [sinossi – labiennale.org]
L’impresa tecnico-artistica di Utøya 22. juli di Erik Poppe, presentato alla Berlinale 2018, lascia il posto alla messa in scena cronachistica, volenterosa e anche un po’ televisiva di 22 July di Paul Greengrass, che della strage di Utøya vuole raccontare sostanzialmente tutto. E forse niente. Vediamo il prima (la preparazione alla giornata di morte di Breivik), il durante (chiaramente un pugno nello stomaco) e il dopo, con un parallelo tra le sofferenze e la rinascita del giovane protagonista e la sofferenza e la rinascita della Nazione.
Tutto giusto, ma lontano dall’idea di arte cinematografica che dovrebbe essere inseguita e trovata alla Mostra di Venezia. A differenza di ROMA, altro titolo targato Netflix, 22 July non osa mai, non oltrepassa la soglia del convenzionale, guarda programmaticamente a un pubblico internazionale, soprattutto anglofono – ed ecco, ahinoi, la prima scelta alquanto discutibile: l’afflato cronachistico, che rifugge volti noti e nomi da blockbuster, si affloscia quando si tratta di scegliere la lingua del film, alla faccia di quel multiculturalismo che è l’essenza di Utøya e che rappresentava (e ancora rappresenta, supponiamo) l’inferno sulla terra per Breivik e i suoi camerati sparsi per l’Europa e gli Stati Uniti.
La compattezza della pellicola e della lettura di Greengrass è minata da alcune sequenze francamente superflue, in primis la corsa con la motoslitta del giovane protagonista Viljar (Jonas Strand Gravli, bel volto). Un surplus di drammatizzazione su una storia che è Storia, orrore e tragedia, e non ha bisogno di accumuli, di parentesi, di sottolineature didascaliche (si veda la caratterizzazione dell’avvocato difensore, costretto a difendere Breivik). Il tentativo di tenere insieme i numerosi piani narrativi, operazione diametralmente opposta rispetto all’immersione di Utøya 22. juli, ci porta poi verso una coralità parziale, monca: sulle spalle del solo Viljar, con l’aggiunta retorica di Lara (Seda Witt), è caricato il peso metaforico del dolore e della dignità di un’intera nazione, di centinaia di ragazzi scampati al massacro, feriti più o meno gravemente, sconvolti e forse condannati a una vita di incubi e fantasmi.
In fin dei conti, il limite di 22 July è nell’idea di cinema di Greengrass, in questa sorta di rispettosa distanza dalla storia raccontata, di appiattimento stilistico e narrativo. Apprezzabile negli intenti divulgativi, nel cogliere il messaggio di Utøya, Greengrass dirige e scrive con il freno a mano tirato, con una sorta di estetica politically correct – e non ritrova il vigore, seppur sovrastimato, di Bloody Sunday. Un film onesto, mai pienamente rigoroso, che chiaramente riesce a scuotere, a smuovere la rabbia, a commuovere. Perfetto per l’ampio pubblico di Netflix, forse meno per il concorso di Venezia – anche se il colpaccio riuscì già alla Berlinale nel lontano 2002…
Info
La scheda di 22 July sul sito di Venezia 2018.
- Genere: biopic, drammatico, thriller
- Titolo originale: 22 July
- Paese/Anno: Islanda, Norvegia, USA | 2018
- Regia: Paul Greengrass
- Sceneggiatura: Paul Greengrass
- Fotografia: Pål Ulvik Rokseth
- Montaggio: William Goldenberg
- Interpreti: Anders Danielsen Lie, Anja Maria Svenkerud, Anneke von der Lippe, Øystein Martinsen, Charlotte Bottolfsen Iversen, Hasse Lindmo, Håkon Smeby, Joakim Skarli, Jon Øigarden, Jonas Strand Gravli, Kenan Ibrahimefendic, Lars Arentz-Hansen, Marita Fjeldheim Wierdal, Mikkel Bratt Silset, Ola G. Furuseth, Seda Witt, Thorbjørn Harr, Tommy Hyving, Trim Balaj, Zuzana Björnstad
- Colonna sonora: Sune Martin
- Produzione: Scott Rudin Productions
- Distribuzione: Netflix
- Durata: 133'

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