Until Tomorrow

Until Tomorrow

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Presentato a Panorama della Berlinale 2022, Until Tomorrow è il secondo lungometraggio del regista iraniano Ali Asgari, che prosegue nel suo ritratto dei millenial del paese, in lotta per il riconoscimento di libertà e diritti all’interno di un sistema ancora rigido e ipocrita. I giovani del film sono alle prese con situazioni quali gravidanze indesiderate e aborto, come ovunque. In questo caso è centrale la condizione di ragazza madre o comunque di donna senza marito cui molte cose sono precluse.

Essere ragazze madri a Teheran

Fereshteh è una studentessa e una ragazza madre, con una bimba di due mesi avuta dal suo ex fidanzato. Ha tenuto i genitori all’oscuro della sua maternità, ma ora questi, con breve preavviso, stanno per venirla a a trovare nel suo appartamento. Fereshteh deve trovare qualcuno cui lasciare la figlia illegittima per una notte, per nasconderlo. Ciò che a prima vista sembra risolvibile con una telefonata ad alcuni amici si trasforma presto in un’odissea attraverso la città. Ad aiutarla solo l’amica Atefeh. [sinossi]

Uno sguardo sull’Iran contemporaneo, sullo scontro generazionale, sulla classe dei millenial che vive secondo stili di vita liberi scontrandosi con veti e restrizioni di un sistema anacronistico. Al suo secondo lungometraggio dopo Disappearance, presentato a Venezia, Ali Asgari torna a costruire un film incentrato su giovani che si trovano a dover risolvere un problema improvviso, legato alla morale in campo sessuale. Tutto ciò nel film Until Tomorrow (il titolo originale è Ta farda), presentato a Panorama della Berlinale 2022, che sviluppa un cortometraggio del regista, La bambina, anch’esso presentato alla Mostra. Until Tomorrow è incentrato su una ragazza madre, Fereshteh, che vive con la figlia di due anni la cui esistenza è tenuta nascosta alla famiglia. All’arrivo dei genitori, con pochissimo preavviso, in visita nel suo appartamento dove si fermeranno una notte, la ragazza si trova costretta a cercare qualcuno cui affidare la bambina per quel breve periodo, fino al giorno dopo, trovandosi di fronte a un muro di indifferenza. Ad aiutarla nella spasmodica ricerca è solo la solidarietà femminile dell’amica Atefeh.

L’Iran che emerge dal racconto di Ali Asgari si presenta come un paese pienamente omologato nella globalizzazione del pianeta. La vita di Fereshteh è una vita borghese, vive in una casa ben arredata e con ogni genere di comfort, come del resto le altre case che si vedono nel film. Alleva la figlioletta con tutta l’attrezzatura del caso e con completini dove campeggia la marca Chicco. Si vedrà anche una lattina di Coca Cola ben esposta al tavolo di un fast food. Al di là del dubbio sul product placement, che comunque confermerebbe il senso di uniformazione del paese anche in campo produttivo cinematografico, troviamo una nazione che sembra pienamente occidentalizzata, dal punto di vista del consumismo. Questa apparenza di benessere viaggia parallelamente a un retaggio patriarcale e mentalità conservative. Ali Asgari sposa assolutamente la causa dell’emancipazione femminile. Nessuno sembra disposto ad aiutare Fereshteh, tanto meno il suo ex fidanzato nonché padre della bambina, che lavora in un negozio di acquari. Il quale rinfaccia anche alla ragazza di non aver voluto praticare l’aborto, che pure lui era riuscito a organizzare. E qui abbiamo un altro elemento che contraddice i nostri stereotipi sulla repubblica islamica. L’interruzione di gravidanza è legalizzata in Iran, entro certi termini e con procedure complesse, anche se la frase dell’ex di Fereshteh, che dice che aveva trovato un medico disposto a praticarlo, fa pensare all’aborto clandestino. Anche in questo caso un segnale della forza e determinazione della ragazza, che ha deciso di portare a termine il concepimento contro il volere dell’uomo.

Il genere maschile nel film è poi rappresentato dal direttore della clinica che sarebbe disponibile a trattenere la bambina, chiudendo un occhio sugli impedimenti burocratici, ma chiedendo in cambio, neanche tanto velatamente, dei favori sessuali alla ragazza. Il colmo dell’ipocrisia in una società dalle rigide regole morali e bigotte. La condizione di donna senza marito, prima ancora di quella di ragazza madre, rappresenta un grosso impedimento per la protagonista. E il film si chiude con un atto di orgoglio e di sfida di Fereshteh nella rivendicazione della sua genitorialità. Film che si apriva con la stessa mentre faceva ginnastica a casa, che sbuffando simboleggiava lo sforzo continuo della donna iraniana per le pari opportunità.

Ali Asgari ha studiato cinema in Italia e persegue un comune denominatore che collega il Neorealismo con il cinema classico iraniano. La struttura narrativa di Until Tomorrow si basa su una reiterazione spasmodica, su una ricerca continua che viene sempre elusa e che si consuma tutta in una giornata, nel continuo spostamento per le strade di Teheran. Ricerca che trova la sua massima espressione, di precarietà, nel momento del viaggio sulla moto guidata dall’ex di Fereshteh su cui viaggiano la ragazza, l’amica, la bambina e pure il pesciolino nel sacchetto. Una narrazione che può ricordare classiche opere di Kiarostami come Dov’è la casa del mio amico? proprio in quel canovaccio di odissea, in quel continuo peregrinare nel cercare che sembra non portare a nulla.

Info
Until Tomorrow sul sito della Berlinale.

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