Deleter

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Il giovane regista filippino Mikhail Red, figlio d’arte (suo padre è Raymond Red), firma con Deleter un inquietante horror in grado di riflettere tanto sull’utilizzo del web quanto sul desiderio “social” di debellare il trauma attraverso la rimozione di ciò che si può vedere. Al Far East 2023.

Senza via di scampo

Lyra lavora come moderatrice di contenuti online per una società: i suoi turni sono massacranti, la sua paga non le consente di avere una stanza a Manila, ma soprattutto i video che deve vagliare presentano spesso scene devastanti e capaci di turbare nel profondo. Lyra si mostra implacabile e indifferente a tutto, almeno finché la sua collega Aillen non si suicida… [sinossi]

Il regista filippino Mikhail Red – neppure 32 anni e quasi 10 di carriera – guarda chiaramente al Giappone e ai suoi fantasmi tecnologici nel suo ultimo film, Deleter, inquietante vicenda in cui la morte corre sul web o tramite le immagini come in un horror di Kyoshi Kurosawa (per esempio Pulse, 2001) ma anche come il sempiterno The Ring (1998) di Hideo Nakata, rimarcando quanto la spaventosa Sadako e il terrore immateriale e perturbante di Kurosawa abbiano conformato l’immaginario panasiatico (e non solo) del genere di inizio Millennio. Anche Manila e le Filippine sono attraversate da fibre e cavi che portano agli occhi visioni mostruose, potenzialmente devastanti, che persone come la protagonista di Deleter devono vagliare quotidianamente. “Il mio lavoro è farti dormire sonni tranquilli” risponde Lyra (la nota attrice e cantante filippina Nadine Lustre) a un pretendente che le chiede cose faccia nella vita, rinchiusa al ventiduesimo piano di un grattacielo: quel che fa la ragazza per troppe ore al giorno è scegliere se eliminare o immettere nel mare magnum dell’online i video che centinaia di migliaia di utenti caricano in continuazione. Assieme a lei, nell’ufficio fornito di uno squallido dormitorio (per chi non può permettersi un posto-letto nella capitale), ci sono altri giovani precari che non vogliono perdere l’impiego sebbene messi a dura prova dall’esposizione a contenuti ben poco edificanti. Il techno horror nel film di Red contiene una sfumatura di osservazione sociale poiché Lyra, che non è di Manila ma deve guadagnare, semplicemente non ha una casa e si appoggia dove capita, persino al bancone di un minimarket aperto 24 ore al giorno.

Si concentra però assai di più sulla violenza delle immagini, Deleter, il cui incipit è una donna che con un grande e affilato temperino si taglia la faccia: scopriamo subito che la scena è oggetto dello sguardo di Aileen (Louise Delos Reyes), moderatrice di contenuti che dopo aver visto una signora squarciarsi il volto si getta a terra urlando, in preda a una crisi di nervi. La ragazza, che si capirà poco dopo essere amica della protagonista, prende qualche giorno di riposo dal lavoro ma lo stacco non basta: lo shock è stato così forte che la porterà a buttarsi dalla cima del palazzo in cui ha sede la società. Il suicidio turba profondamente Lyra, giovane dai nervi di ferro che cerca di vivere la propria occupazione senza troppi dilemmi morali: quel che racconta a se stessa e agli altri è che deve solo decidere cosa mostrare agli utenti dei social e cosa non finirà mai su Facebook o YouTube perché troppo estremo. Eppure, come alla fine accetterà anche lei stessa, dietro a un video cestinato in cui un adulto cerca di stuprare un bambino, un ragazzo mangia feci, qualcuno spara a un altro, ci sono esseri umani, persone, e la censura è solo apparente, fondamentalmente ipocrita perché il modo reale, fuori dal computer, resta intriso di follia, violenza, degenerazione e degrado che al massimo possiamo accantonare e far finta che non esista. Non vedere non cambierà la situazione o l’esistenza di un reato, su cui oltretutto non si agisce in nessun modo, ma al tempo stesso l’essere costretti a guardare l’abiezione o il Male può rendere totalmente pazzi: “Da qui non si può uscire” è la frase che qualcuno ha inciso in uno dei letti a castello del dormitorio aziendale e per esteso si può applicare al cul de sac del nuovo Millennio, in cui i social rilanciano qualcosa che non può essere preso come il reale nella sua totalità, vivendo i social stessi di frammentazione, ma che è impossibile ignorare completamente perché dietro a quell’espressione ci sono (nuove) forme di umanità e nuovi comportamenti, nel bene ma soprattutto nel male. È attorno a questi non banali interrogativi che gira efficacemente l’horror di Mikhail Red, regista capace di gestire colpi di scena, tratteggiare una perturbante atmosfera nottura e inserirvi le immagini chiave senza tirarsi indietro rispetto a sangue, disagio e momenti sgradevoli (l’incipit del film, come detto, è appunto la visione di una donna che si taglia la faccia il che fa già intendere che Deleter non sarà un horror allusivo).

Se il fantasma (ovviamente della suicida) arriverà come da copione, la persecuzione dei vivi da parte dello spirito non ha a che fare però con un contenuto online o con il video aberrante del temperino, ma con un accadimento traumatico perpetrato su Aileen di cui alcuni sapevano e nessuno si è interessato: nel suo film plumbeo, illuminato da luci artificiali e schermi, Mikhail Red si concentra sulla rimozione del reale come origine dell’universo fantasmatico creando un’assonanza tra la selezione delle immagini online e quella dei ricordi personali. Il movimento psichico che deve scegliere le informazioni adeguate o meno nell’universo internet-pervasivo diventa dinamica psichica della vita quotidiana creando un inconscio che censura per “linee guida” e, al tempo stesso, la rimozione infantile è il modello su cui si conforma la decisione di portare alla luce un contenuto sul web o meno. Il cortocircuito espresso da Deleter, sceneggiato dallo stesso regista, fa riflettere anche sull’inadeguatezza dell’equazione (ormai consolidata soprattutto in ambienti anglosassoni) che se una cosa non si vede allora non esiste, e che la rappresentazione è il vero ambito di azione sulla realtà: una dinamica che, se assecondata, tenderà a escludere la contraddizione dal visibile rendendoci tutti ciechi anche rispetto al peggioramento delle condizioni concrete. Nel film, di sicuro, questa assonanza tra visibile e reale è messa fortemente in discussione, ma soprattutto sono messi sotto la lente di ingrandimento i presupposti implicati nelle operazioni di rimozione. Mikhail Red – figlio del cineasta Raymond Red – al suo ottavo lungometraggio si conferma un regista di talento, capace di muoversi nel genere con competenza e ritmo senza mettere mai del tutto da parte quel realismo sociale che contraddistingue la migliore filmografia filippina.

Info
Deleter sul sito del Far East.

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