1485KHz

Con 1485KHz Michele Pastrello torna all’horror, in un racconto che tiene insieme case abbandonate, metafonia, e sfruttamento sul lavoro. Un’opera fieramente indipendente che lega insieme molte delle suggestioni cinematografiche care al cineasta veneto. In anteprima a Extramondi.

La voce del padrone

Una donna addetta alle pulizie si trova vincolata – dal suo bisogno di lavorare – a recarsi a pulire una casa proletaria in un luogo sperduto, in montagna. Prima di lei era stata mandata in loco una collega extracomunitaria, di cui si son perse le tracce. Una volta giunta a destinazione il luogo si rivela sinistro oltre che isolato. Ma il bisogno di portare a casa lo stipendio la condiziona a continuare. [sinossi]

Non so che fine ha fatto ‘sta moldava che avevo ingaggiato, sbraita in un messaggio vocale il padrone della protagonista di 1485KHz mentre lei è alla guida su viottoli sperduti di montagna, in zone dove l’essere umano non sembra neanche aver messo piede, e se l’ha fatto ha abbandonato quei luoghi da tempo immemore. Già, chissà che fine ha fatto quella povera extracomunitaria, e chissà con quale vaga promessa di pagamento era stata inviata in quel buco di mondo dimenticato da divinità varie, siano esse benevole o malevole. C’è un ponte da superare, per la donna e per la macchina, dopo il lungo viaggio, ed è il ponte che metaforicamente in qualche misura separa due mondi, che sono però uno lo specchio dell’altro. C’è una citazione che quando lo schermo è ancora a nero apre 1485KHz, e che recita “Il nostro signor padrone è buono come lo è il buon pane, stando in cima all’argine dice: «Fate andare quelle mani»”; si tratta della traduzione in italiano di uno dei passaggi più celebri del canto delle mondine Sciur padrun da li beli braghi bianchi, e che nell’originale suona “Al nòstar sciur padrun l’è bon cum’è ‘l bon pan, da stèr insima a l’èrzan a’l diz: «Fè andèr cal man»”. Ecco dunque che quel riferimento alla moldava scomparsa nel nulla senza aver portato a termine il lavoro, unito alla minaccia insita nel medesimo messaggio verso la protagonista (“se non finisci il lavoro sei fuori dalla strategy aziendale”) e a quell’interferenza radiofonica che alla voce del giornale radio sovrappone le note di Se otto ore vi sembran poche – altro brano fondamentale della lotta delle mondine, nevralgico anche per quel momento di sollevazione proletaria che marchiò a fuoco il Biennio Rosso –, dona nell’immediato la prospettiva politica del nuovo lavoro di Michele Pastrello.

A neanche dodici mesi di distanza dall’ottimo Inmusclâ, grazie al quale era avvenuto lo sconfinamento del veneto Pastrello in Friuli, sua nuova terra d’adozione, ecco dunque 1485KHz, girato nei microscopici borghi di Bosplans e Chievolis, quest’ultimo frazione di Tramonti di sopra, nel pordenonese. Un rinnovato vitalismo registico per Pastrello, grazie anche all’apporto di Lorena Trevisan anche qui – come nel precedente lavoro – ottima e pressoché unica interprete (fanno eccezione l’apparizione terrificante di Emiliano Grisostolo e la succitata voce in segreteria di Marco Marchese, già interprete in luoghi non troppo dissimili di Oltre il guado di Lorenzo Bianchini. Ed è interessante notare come proprio alla stessa stregua di Bianchini anche Pastrello nel perdersi tra la boscaglia del furlan riassesti lo sguardo in prospettive orrorifiche, che in modo plateale mancavano da oltre un decennio all’interno della sua filmografia. Si deve infatti tornare agli esordi di Pastrello per rinvenire tracce di un discorso di genere che non sia smussato all’interno di dinamiche espressive più metafisiche e mistiche: 1485KHz guarda dalle parti di 32, Ultracorpo, InHumane Resources, e lo fa con una compiutezza ancora maggiore, quasi che gli elementi dovessero oramai essere asciugati al massimo, disossati per poter vedere le imperfezioni e le storture alla radice. D’altro canto Pastrello è sempre stato un cineasta “politico”, nel senso più ampio ed etimologico del senso. Una politica espressa nella messa in scena di temi dalla spiccata connotazione sociale – lo stupro del femminile e della natura in 32, la paranoia omofobica e le derive fascistoidi in Ultracorpo, lo sfruttamento del lavoro attraverso la guerra tra poveri in InHumane Resources –, ma anche in una cornice produttiva che rigetta il centralismo romano da un punto di vista economico quanto strettamente geografico.

In questa ricerca a un tempo dell’antropologico e della difesa del residuale si inserisce alla perfezione 1485KHz, che sfrutta l’ipotesi degli studi sulla metafonia di Friedrich Jürgenson – pseudo-scienza che ritiene di poter registrare all’interno del cosiddetto “rumore bianco” le voci dei defunti tramite semplici strumenti radiofonici: il titolo del film rimanda proprio alla frequenza che secondo Jürgenson permetterebbe l’ascolto delle voci di chi non è più materia – per elaborare un discorso sulla memoria delle generazioni di classi lavoratrici mandate al macello e poi dimenticate, rimosse da un immaginario collettivo che non vuole neanche aprire gli occhi sulle nuove forme di schiavitù che ha assunto il oggigiorno il mondo dell’impiego. L’addetta alle pulizie si troverà di fronte forze segrete agghiaccianti, ma si tratta pur sempre di quel padronato che da secoli – millenni – sfrutta le fatiche altrui per generare profitto, sia esso insito nella raccolta a schiena piegata del riso o nella messa a punto di una casetta che magari potrà diventare la “seconda casa” di qualche famiglia borghese. I codici dell’horror sono presenti in modo classico nel lavoro di Pastrello, quasi a dettare le coordinate essenziali del discorso: ecco dunque arti che compaiono solo nella ripresa video, rumori indecifrabili, serrande che non si sollevano di colpo più, case abbandonate, donne misteriosamente svanite nel nulla. Questa classicità non sta però a delineare una mancanza di inventiva, tutt’altro: è necessaria per permettere al discorso politico di muoversi strisciante, di prendere possesso dello sguardo dello spettatore, di aumentarne l’ansia. Se la protagonista non fosse una schiava – privata dunque di una propria volontà – la sua vita non verrebbe mai messa a rischio. È così diverso il 2024 dal 1924, quando il Biennio Rosso era stato sconfitto dalle forze dell’ordine e le mondine erano di nuovo al lavoro, chine per un’intera giornata su schiene pronte a spezzarsi? Le voci della metafonia sembrerebbero echeggiare un netto “no”. Imbattersi nel cinema autarchico, fuori dal tempo e dallo spazio di Michele Pastrello equivale ogni volta a tuffarsi in un immaginario potente eppur disadorno, essenziale e dunque anche per questo ancora più brutale, e angosciante. 1485KHz è un’opera dura, livida, spaventosa, ed essenziale per parlare all’oggi. Sempre che, metafonia o meno, qualcuno abbia ancora voglia di ascoltare.

Info
1485KHz sul sito di Michele Pastrello.

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