Igor

Nulla per cui strabuzzare gli occhi: se c’è qualcosa che ci spinge a considerare Igor meglio di come faremmo con altri prodotti d’animazione 3-D, è per via di una sceneggiatura effettivamente incalzante, condita di dialoghi serrati e divertenti e gestita con un ritmo invidiabile.

Doctor Igor Will Build a Creature

Parodia del classico film di mostri, il film narra le vicende di un Igor stanco del suo ruolo di umile assistente di laboratorio che sogna di diventare scienziato. Quando il suo crudele maestro tira le cuoia, Igor e la sua banda di mostruosi disadattati portano alla luce un diabolico piano che minaccia il loro mondo… [sinossi – futurefilmfestival.org]

Igor è un film a suo modo importante: segna infatti l’ingresso della Sparx Animation Studios, casa d’animazione interamente francese, nella corsa all’oro del cinema d’animazione, sfida che durante gli ultimissimi anni ha visto crescere in maniera esponenziale il novero dei partecipanti. Fatta questa precisazione, pur doverosa, il film diretto da Tony Leondis (già al lavoro per produzioni Disney, come l’accessorio Lilo & Stitch 2: che disastro Stitch!, uscita straight to video di ben poco rilievo) merita un’analisi forse più approfondita di quanto possa apparire a una visione distratta.

Al di là della sua struttura commerciale – sulla quale ci soffermeremo tra poco – un film come Igor sembra avere le potenzialità per dirci qualcosa di non banale sullo sviluppo e lo stato dell’animazione occidentale. Leondis e il suo staff (Chris McKenna alla sceneggiatura, Olivier Besson alla direzione artistica, Valérie Hadida al character design) hanno incanalato il proprio lavoro in un solco scavato (non sempre) con perizia da predecessori più o meno illustri; interessati probabilmente a ripercorrere le gesta al botteghino di alcuni dei titoli che nel recente passato hanno dimostrato di poter dettare legge dal punto di vista del mercato, i creatori di Igor si sono lanciati in un’impresa che in alcuni tratti lascia il gusto ambiguo del riciclo. Non che tutto ciò di cui stiamo parlando sia nascosto chissà quanto in profondità tra le pieghe del film: dopotutto lo stesso assunto di partenza (ambientare il film in un universo di scienziati pazzi, à la Frankenstein, in cui tutti i servitori sfoggiano una vistosa gobba e vengono chiamati con il nome generico “Igor”) parla in maniera fin troppo chiara. A conti fatti Igor si muove con passo felpato in un universo che fa del metalinguaggio il verbo supremo: semplificando ulteriormente la questione, si potrebbe pensare alle mirabolanti e dementi disavventure del servitore idealista e della sua accolita di sbandati (un cervello ritardato e un coniglio con tendenze suicide) come a un ibrido scientificamente testato – al box office – tra Nightmare Before Christmas, Il gobbo di Notre Dame versione animata Disney, Shrek, senza dimenticare ovviamente l’horror della Hollywood classica, quella dei Lon Chaney, dei Frank Whale e dei Todd Browning, che rappresenta il bacino da cui attingere per quel che concerne citazioni e rimandi. Dal capolavoro della premiata ditta Tim Burton/Henry Selick viene ripresa l’idea del “mondo del male” (lì la città di Halloween, qui la terra degli scienziati) e della ribellione del protagonista al ruolo che gli è stato imposto dalla società, dalla pessima versione Disney della storia gotica per eccellenza deriva in gran parte il character design degli “Igor”, mentre dall’orco che tanta (troppa?) gloria ha donato alla Dreamworks viene estratta la scelta narrativa di procedere spesso e volentieri per rimandi cinematografici, lavorando in modo tale da poter contare sul plauso dei bambini – che ridono della sbadataggine di tutti i personaggi, cattivi compresi – e sul sorriso compiaciuto degli adulti, che si sentono nobilitati da un prodotto in grado, di quando in quando, di rivolgersi a loro con un linguaggio sottilmente malizioso.

Insomma, nulla per cui strabuzzare gli occhi: se c’è qualcosa che ci spinge a considerare Igor meglio di come faremmo con altri prodotti d’animazione che cercano di sfruttare il lancio su scala globale della tecnologia 3-D (e quanto ci sembra pericolosa una siffatta deriva: non tutti in occidente sono la Pixar, e sarebbe il caso che ci si rendesse conto di questo), è per via di una sceneggiatura effettivamente incalzante, condita di dialoghi serrati e divertenti – e in questo le due spalle comiche affiancate al protagonista svolgono un lavoro ottimo – e gestita con un ritmo invidiabile. E alcune battute (“regista, sono pronto per il mio primo piano” afferma la creatura, novella Gloria Swanson, a colui che l’ha portata in vita) strappano una risata sincera e liberatoria, il che forse è il massimo che si possa pretendere da un film come Igor, onesto e grazioso prodotto di intrattenimento. Anche se ammettiamo di aver amato molto il coro di orfanelli ciechi che intona I Can See Clearly di Johnny Nash.

Info
Il trailer di Igor.

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