Piccolo grande eroe

Insuccesso commerciale in patria, Piccolo grande eroe è un film fuori tempo massimo. Riporta alla mente un certo tipo d’animazione, che nel migliore dei casi avremmo definito naïf, che un tempo era possibile ritrovare in certe produzioni Disney sbrigate in fretta e furia per il mercato home video o per il passaggio televisivo.

Baseball for Dummies

Ammettiamolo: non è affatto facile parlare di un film come Piccolo grande eroe, e non lo è per una lunga e complessa serie di motivi. Innanzitutto è arduo ragionare su un’opera che dichiara, fin dai titoli di testa, di rivolgersi solo ed esclusivamente al pubblico dei più piccoli: una scelta palesemente commerciale e anche sotto sotto vagamente ricattatoria (“non riesci a capirmi? È perché sei troppo cresciuto”) che ammettiamo di non vedere mai di buon occhio. Nascosta dietro questa apparentemente oltranzista scelta di campo, troppo spesso si annida l’incapacità di saper gettare uno sguardo realmente compiuto e profondo su ciò che si sta raccontando. Il secondo motivo per cui troviamo spinoso dover tracciare un percorso critico che abbracci questo esempio di pessima animazione – e su questo non c’è nessuna scusa che valga: si può portare a termine un prodotto dignitoso, se non di più, da un punto di vista tecnico anche se il pubblico a cui si sta facendo riferimento rientra a malapena nell’età scolare – risiede nel nome di uno dei tre registi accreditati.

L’avrete probabilmente già capito da soli, ma il Christopher Reeve accreditato come regista è proprio colui che fu Clark Kent/Superman nelle mani di Richard Donner, e che divenne simbolo della lotta per l’utilizzo delle cellule staminali dopo essere rimasto paralizzato in seguito a una disastrosa caduta da cavallo. Non nascondiamo di aver ricevuto uno scossone più dalla lettura del suo nome (la sua regia è ovviamente da considerare postuma, visto che quando morì il progetto aveva appena iniziato a tirar fuori il capino) che da tutto il resto di questa miseranda pellicola, sulla quale (volenti o nolenti) siamo costretti a tornare. Piccolo grande eroe è, probabilmente, un film fuori tempo massimo: l’accozzaglia di banalità e di facilonerie di cui è disseminato dall’inizio fino all’ovvio finale riporta alla mente un certo tipo d’animazione, che nel migliore dei casi avremmo definito naïf, che un tempo era possibile ritrovare in certe produzioni Disney sbrigate in fretta e furia per il mercato home video o per il passaggio televisivo. Film dei quali nessuno sentiva la necessità e di cui ancor meno persone erano a conoscenza.

E forse il problema risiede anche in questo: Piccolo grande eroe è un film che non avremmo avuto difficoltà a ritrovare verso la mezza mattinata in televisione, durante la programmazione estiva. Probabilmente, in quel caso avremmo, anche gettato un occhio benevolo verso le ristrettezze del budget, la pochezza dell’animazione, le clamorose falle narrative e tutti quegli altri piccoli difetti di cui è disseminato. Invece, per motivi a noi completamente oscuri, eccocelo piombare tra capo e collo proprio all’inizio della nuova stagione cinematografica. E allora l’insignificante forma di cui è provvisto ci appare in tutta la sua inadempiente arroganza distributiva. È un film che non va da nessuna parte, Piccolo grande eroe, vacuo e innocuo, e non perché (come hanno sottolineato in molti, anche tra il pubblico) in Italia non ci sia una tale conoscenza del baseball da permettere di comprendere ciò che avviene sullo schermo: anche chi ha una decente frequentazione con lo sport suddiviso in inning, come chi scrive, non ha trovato davvero nulla per cui valesse la pena spremere anche solo lievemente le meningi. E questo è un crimine che dovrebbe essere trattato con la durezza più intransigente, anche e soprattutto se ci si sta rivolgendo a un pubblico di infanti.
Ma poi ci torna alla mente Christopher Reeve, e la sua interpretazione in Noises Off… di Peter Bogdanovich e allora, davvero, non riusciamo a essere troppo cattivi.

Info
Il trailer di Piccolo grande eroe.

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