I Saw the Devil

I Saw the Devil

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La sagacia registica e le seducenti scelte estetiche di Kim finiscono per sovrastare, come in alcuni lavori precedenti, l’impianto e lo sviluppo narrativo: pur regalando più di una sequenza memorabile, I Saw the Devil sembra infatti sgretolarsi nel corso dei suoi eccessivi centoquarantaquattro minuti. Presentato al Torino Film Festival nella sezione Rapporto confidenziale.

Il sapore della vendetta e del sangue

Kyung-chul è un pericoloso psicopatico che uccide per puro piacere. Ha commesso un’infernale serie di omicidi in modi diabolici che non si possono nemmeno immaginare, uccidendo giovani donne e bambini. La polizia lo insegue da tempo, ma non è ancora riuscita a catturarlo. Un giorno Joo-yeon, figlia di un capo della polizia in pensione, diventa la sua preda: quando viene trovata morta il suo fidanzato Dae-hoon, un agente segreto, decide di rintracciare l’assassino. Spinto da un’insopprimibile brama di vendetta, l’uomo si mette sulle tracce dell’assassino, utilizzando metodi non meno brutali per portare avanti le indagini… [sinossi]

Sulla elevata qualità tecnica e artistica del cinema coreano, sia autoriale che di genere, non ci sono dubbi, nonostante una più che naturale flessione dopo i fasti della new wave che ha travolto e rigenerato l’industria cinematografica alla fine degli anni Novanta, portando alla ribalta nazionale e internazionale giovani e talentuosi cineasti [1]. Tra i registi emersi alla fine del secolo scorso, Kim Ji-woon ha il grande merito di aver saputo convincere critica e pubblico, sia in Corea del Sud che in buona parte del mondo. Titoli come The Quiet Family (1998) e The Foul King (2000) lo hanno reso popolare in Corea e dintorni, mentre con Two Sisters (2003), Bittersweet Life (2005) e The Good, the Bad, the Weird (2008) ha superato i confini nazionali. Non è un caso, infatti, che Kim Ji-woon stia lavorando all’action The Last Stand (2012) con Arnold Schwarzenegger, prodotto dalla Di Bonaventura Pictures (Salt, G.I. Joe – La nascita dei Cobra, Transformers – La vendetta del caduto) [2].

Con il thriller dai risvolti orrorifici I Saw the Devil, programmato nella sezione Rapporto confidenziale del recente Torino Film Festival 2010 [3], Kim mostra ancora una volta pregi e difetti del proprio cinema, dalla maestria tecnica allo scricchiolante equilibrio della sceneggiatura. La sagacia registica e le seducenti scelte estetiche di Kim finiscono però per sovrastare, come in alcuni lavori precedenti, l’impianto e lo sviluppo narrativo: pur regalando più di una sequenza memorabile, I Saw the Devil sembra infatti sgretolarsi nel corso dei suoi eccessivi centoquarantaquattro minuti. Ed è quasi paradossale confrontare l’asciutto ed efficacissimo incipit con la deriva sovrabbondante della seconda parte della pellicola, in cui i finali si moltiplicano e si dilungano senza apparente motivo [4]. Al primo omicidio del luciferino serial killer Kyung-chul, la cui brutalità è enfatizzata dalla geometrica costruzione della sequenza e dalla dilatazione temporale che enfatizza la suspense, potremmo aggiungere numerose scene: la complessa sequenza del ritrovamento della testa della bella e sventurata Joo-yeon, l’intera sequenza nella serra, il massacro in taxi, il vis-à-vis nello studio medico tra Kyung-chul e Dae-hoon, la sequenza nella cella frigorifera e nella cucina.

Portando alle estreme conseguenze il tema della vendetta, argomento cardine del cinema coreano contemporaneo, I Saw the Devil non risparmia apprezzabili efferatezze e dettagli grandguignoleschi, funzionali a un racconto che vorrebbe catturare e riuscire a rappresentare l’essenza maligna di Kyung-chul e la conseguente discesa agli inferi di Dae-hoon. Supportato dalle ottime performance di Lee Byung-hun (Dae-hoon) e Choi Min-sik (Kyung-chul), Kim non possiede però il dono della sintesi e dell’asciuttezza (si veda soprattutto il bizzarro remake The Good, the Bad, the Weird) e I Saw the Devil finisce per lasciare un retrogusto amaro: una sorta di occasione mancata, lontana da ben più riusciti thriller coreani come The Chaser (2008) di Na Hong-jin o il caposaldo Memories of Murder (2003) di Bong Joon-ho.

Note
1. Pochi, al contrario, i registi attivi nei decenni precedenti che hanno trovato spazio nel nuovo cinema coreano.
2. Assai numerosi i casi di registi asiatici (hongkonghesi, giapponesi e via discorrendo) che hanno tentato l’avventura in Occidente, spesso scontrandosi con logiche e sistemi troppo distanti dalle loro abitudini. Sarà interessante, quindi, seguire le sorti di Kim Ji-woon in terra straniera.
3. I Saw the Devil ha già avuto più di un’importante vetrina internazionale, passando per i festival di Toronto, Sitges e Stoccolma.
4. Il cinema di Kim, sia per la folgorante tecnica che per la scrittura bulimica, potrebbe effettivamente adattarsi senza difficoltà agli schemi hollywoodiani.
Info
Il trailer originale di I Saw the Devil.
I Saw the Devil sul sito del Torino Film Festival.
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