L’ignoto spazio profondo

L’ignoto spazio profondo

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Presentato a Venezia 2005 nella sezione Orizzonti, L’ignoto spazio profondo di Werner Herzog penetra l’apparato visivo-sensoriale dello spettatore e punta dritto ai centri nervosi più complessi e raffinati.

La poesia non costa nulla

Un alieno, cui dà voce e corpo uno strepitoso Brad Dourif, racconta come il suo popolo, originario della galassia di Andromeda, abbia tentato anni fa di colonizzare la terra imponendo microstrutture perfette ma tristemente fallimentari: degli shopping mall completi di ogni cosa, da un piccolo “Pentagono” alle necessarie attività commerciali. La terra sta diventando inabitabile e, all’indomani dello sbarco a Roswell di ospiti indesiderati, la razza umana rischia di estinguersi per via di virus epidemici incurabili. La NASA ha così approntato una navicella spaziale, la cui missione è trovare un pianeta ove trasferire l’umanità. Un curioso tiro mancino del caso vuole che il pianeta prescelto sia proprio la patria dell’alieno Dourif, che dal suo non luogo terrestre (le rovine di un centro commerciale) commenta la missione in corso nello spazio e compone un accurato ritratto della nostra incoerente e sanguinaria razza. Opinioni di studiosi di fisica e astrofisica completano il quadro, azzardando ipotesi rivoluzionarie sul funzionamento dell’universo.

Novello Copernico, Herzog realizza con L’ignoto spazio profondo la sua più commuovente eresia, componendo un inventario scientifico- filosofico che indaga la natura dell’uomo isolandolo come una particella smarrita nello spazio. L’ignoto spazio profondo è allo stesso tempo un saggio sull’evoluzione della specie, sull’immigrazione, sull’ecologia, oltre che un racconto di fantascienza dalle immagini di repertorio mirabolanti, al punto che all’autore è parso doveroso ringraziare nei credits la NASA per l’apporto poetico.
Che il documentario non sia esclusivamente strumento di inchiesta, scandaglio immerso nel reale per sondarne le più celate verità, lo sospettavamo da tempo e il mokumentary ha poi fugato ogni dubbio, facendosi burla di ogni presupposta veridicità del genere. Un uso così inedito del found footage però non si era ancora mai visto: i filmati d’epoca della NASA con gli astronauti fluttuanti e gli interventi degli astrofisici che espongono i risultati degli studi più recenti, costituiscono di fatto i “documenti” del film, mentre il racconto di fantascienza prende vita nelle parole dello storyteller alieno, che pontifica però su un fondale di scarno realismo. Quando infine è il momento di mostrare il corpo celeste inesplorato, Herzog ancora una volta si fa carico della sua poetica superomistica e sonda i limiti del cinema, suscitando nello spettatore l’inedita credenza che lo fa confondere il fondo dell’oceano con l’ignoto spazio profondo. Completamente disorientati attribuiamo infine senza dubbio alcuno a questi frammenti visivi lo statuto di fantascienza.

Presentato a Venezia 2005 nella sezione Orizzonti, per le tematiche trattate L’ignoto spazio profondo si connette ad almeno altre due pellicole della selezione: i complessi discorsi su genesi e cambiamenti di stato sono al centro del suggestivo poema visivo di Matthew Barney Drawing Restraint 9, in cui tempi parimenti dilatati conservano tracce evidenti di un investimento produttivo assai cospicuo, mentre la poesia a basso costo di Herzog (le uniche immagini da lui filmate sono i monologhi deliranti di Dourif) rende sorprendentemente più coerente e sincera la sua disamina (fanta)scientifica delle origini e sviluppo della vita. Per quanto riguarda invece le già molto derise elucubrazioni sulla fisica quantistica di Battiato nel suo Musikanten, esse mancano clamorosamente l’obiettivo di una resa in immagini e restano, appunto, pensieri in libertà pericolosamente fuori contesto.
Nonostante la voce di commento ci guidi infatti con le sue sapide riflessioni, in L’ignoto spazio profondo la visione cancella ogni sospetto di didascalismo, mentre ci immerge in un mondo altro che poi in realtà è il nostro. Quello che conta dunque è il punto d’osservazione, capace di stravolgere ogni legge fisica e ogni fede, mistica o secolare che sia.

L’ignoto spazio profondo è un pianeta di elio allo stato liquido dove l’atmosfera è un sottile strato di ghiaccio sotto cui pullula la vita, in forme estremamente primitive: protozoi e creature di gelatina, spirali di particelle intrecciate ed esplosioni di supernovae, preannunciano solo a lunga distanza la presenza dell’uomo. Ma al primo sguardo sul Nuovo Mondo è negata la speranza di un principio, la scoperta degli astronauti nello spazio profondo è soltanto il risultato di un’equazione, quella della Storia che si ripete secondo gli errori di chi ci ha preceduto. Nelle parole disilluse del grillo parlante alieno, ritroviamo alcune delle tematiche usuali dell’autore teutonico: scalare la montagna equivale a rubarne la dignità, l’evoluzione costituisce di fatto un’involuzione e la stanzialità è il peccato originale dell’uomo (gli strali di Dourif sono tutti contro l’allevamento dei maiali), mentre la “differenza” è marcata come un passaggio di stato e l’attraversamento di una membrana trasparente segna un confine a partire dal quale tutto si replica, in forme liquide e capovolte. Nell’ipnotica conclusione del film, il caos e la sua esplosiva energia veicolano un superamento dei limiti che è trascendenza dell’umano tout court, tradotta visivamente dalla smaterializzazione dei cosmonauti al primo contatto con l’atmosfera del pianeta da colonizzare. Simile ad un flicker film d’avanguardia, la sequenza conclusiva si compone di immagini di repertorio osmotiche che confondono lo spazio con l’oceano, il qui con l’altrove, l’alieno con l’umano, ed è una vera e propria sfida ottica, quasi un tormento che da visivo si fa corporeo, dal momento che ci impone perentoriamente di non serrare le ciglia. Mentre guardiamo attoniti e ad occhi spalancati, un po’ di pulviscolo della grana luminescente ci si incastra tra le palpebre, traccia preziosa di una visione di estenuante bellezza.

Info
Il sito ufficiale di Werner Herzog.
Il trailer de L’ignoto spazio profondo.
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