Ritorno a L’Avana

Ritorno a L’Avana

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Segreti, bugie e rimpianti di un gruppo di amici cubani, che si ritrovano, varcata la soglia della mezza età, su una terrazza de L’Avana. È il nuovo film di Laurent Cantet, Ritorno all’Avana, vincitore delle Giornate degli Autori. A Venezia 2014.

Su una vecchia terrazza davanti al Malecón habanero

Sopra una terrazza che domina i tetti de L’Avana, baciati dalla luce calda del sole, cinque amici si ritrovano per festeggiare il ritorno a casa di uno di loro, Amadeo, che torna sull’isola dopo 16 anni di esilio a Madrid. Dal tramonto all’alba i cinque ballano, ridono, bevono, ricordano la giovinezza trascorsa insieme e si raccontano le proprie vite. Emergono così, in poche ore, i sogni e le speranze di ieri e le disillusioni di oggi… [sinossi]

Talvolta è proprio nel contatto con “l’altro”, con ciò che è geograficamente e/o culturalmente distante, che si manifesta qualcosa di prima celato nella poetica di un regista. Ce lo aveva già suggerito in un’intervista poco più di un anno fa, ma con Ritorno a L’Avana, film vincitore del Venice Days Award alle Giornate degli Autori 2014, Laurent Cantet conferma quell’irrefrenabile impulso alla ricerca, etnologica e umana insieme, che caratterizza i suoi ultimi film. Se infatti nel folgorante Risorse umane e nel successivo – e dolorosissimo – A tempo pieno, il regista francese sembrava segnalarsi soprattutto per il suo impegno civile e sociale nell’analizzare le diaboliche dinamiche del mondo del lavoro contemporaneo, già con il successivo, e più controverso, Verso il Sud, il cambiamento di latitudine (il film era ambientato a Haiti) lo portava ad analizzare gli aspetti più sottili e “tribali” dell’alta borghesia francese, in questo caso alle prese con il turismo sessuale. Ma è forse poi proprio con il suo film Palma d’Oro a Cannes nel 2008, La classe, che si viene a delineare la personalissima via al cinema “etnologico” di Cantet che in quel caso precipuo si avventurava – da studioso, non certo da turista – tra i banchi di una classe della banlieue parigina, per apprendere i codici linguistici e gestuali di una classe di studenti a dir poco “difficili”.

Con Ritorno a L’Avana, Laurent Cantet prosegue la sua esplorazione del continente americano, tornando nella Cuba da lui già ritratta nel suo episodio contenuto nel film collettivo 7 giorni all’Avana, dopo però un’interessante e sottovalutata sosta un po’ più a nord, ovvero negli Stati Uniti, dove era ambientato il precedente Foxfire – Ragazze cattive. Nato dall’incontro con lo scrittore cubano Leonardo Padura Fuentes, Ritorno a L’Avana vede protagonisti cinque amici di vecchia data, riuniti su una terrazza della capitale per festeggiare il ritorno in patria (Retour à Itaque è il titolo originale) di uno di loro, l’esule Amadeo. Questa brigata dapprincipio piuttosto allegra, snocciolerà nel corso di un pomeriggio e della susseguente serata tutta una serie di ricordi, malinconie e rimpianti che prenderanno forma e significato quando sarà finalmente chiara la ragione dell’esilio di Amadeo.

Ognuno dei cinque ha seguito un proprio percorso, legato a doppio filo con quelle che erano, e in parte ancora oggi sono, le limitazioni imposte dal regime cubano, che in un modo o nell’altro hanno influenzato e indirizzato le vite dei personaggi, senza esclusione. Con grazia e pudore Cantet ci trascina dunque in una rimpatriata privata che assume il portato di un rituale collettivo, lasciando interagire i suoi attori verbalmente (il film è quasi completamente parlato) e fisicamente, muovendosi tra di loro con discrezione ma anche con trasporto. Ottime le prove interpretative, così come la resa di una capitale cubana ben distante da tentazioni oleografiche e priva di quell’accompagnamento musicale alla “buena vista” che oramai ha anche fatto il suo tempo. L’Avana, d’altronde, nel film si vede poco, giusto qualche squarcio del Malecòn (il celebre lungomare cittadino) verso il finale, perché la direzione dell’energia di interpreti e metteur en scene è qui tutta centripeta e concentrata sullo spazio rettangolare della terrazza. Eppure non si va più di tanto a fondo nei personaggi di Ritorno a L’Avana e se questo può da un lato essere un bene, dato che così viene saltato a piè pari ogni “psicologismo”, dall’altro lo spettatore resta un po’ a bocca asciutta, se quel che sperava era un nuovo punto di vista su quella che di fatto è l’ultima generazione di cubani ad aver creduto nella rivoluzione. In particolare, Cantet non sembra troppo interessato a mettere a confronto questi padri con i loro figli, che qui fanno solo una breve comparsata, ma sono evidentemente tutti presi da desideri di possesso per feticci al momento non disponibili sull’isola, tra cui spicca una “preziosa” polo Lacoste. Nel complesso poi, nonostante i brillanti dialoghi firmati da  Leonardo Padura Fuentes, non sempre il privato dei personaggi riesce ad assumere un portato metaforico, né universale. E le chiacchiere tra amici restano tali, seppur tenere e sincere.

Info
Ritorno a l’Avana sul sito delle Giornate degli Autori.
Ritorno a l’Avana sul sito della Lucky Red.

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