As the Gods Will

As the Gods Will

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As the Gods Will, il nuovo film di Takashi Miike tratto da un manga di successo, è l’ennesimo grido di anarchica libertà del regista giapponese. Al Festival di Roma 2014.

Padre nostro che sei nei cubi

Shun Takahata è un liceale annoiato dalla monotonia della sua vita. Un giorno, una bambola Daruma (figurine votive tradizionali giapponesi che rappresentano Bodhidharma, il primo patriarca dello zen) appare in classe annunciando l’inizio di un gioco sul filo tra la vita e la morte. Dopo la bambola Daruma, tocca a un gatto della fortuna (maneki neko), a una bambola Kokeshi, a un orso polare e a una matrioska. Uno dopo l’altro, gli studenti devono superare le prove che queste strane manifestazioni di oggetti propongono. Se non le superano, muoiono. Ma è davvero un gioco? Se sì, a cosa serve? E chi sono i “figli di Dio”? Cosa attende ancora Shun e i suoi compagni di classe sopravvissuti a questi giochi? [sinossi]

“Dio, restituiscimi la mia noia”… L’invocazione rivolta da Shun Takahata alla divinità una volta che il ragazzo è piombato nell’incubo labirintico di giochi mortali a cui è sottoposto insieme all’intero microcosmo adolescenziale giapponese – e mondiale – potrebbe essere letta come una preghiera mossa dal giovane talento Sota Fukushi allo stesso Takashi Miike. Proveniente da operazioni cinematografiche di successo, ma dall’impegno attoriale perfettamente gestibile (la serie Kamen Rider, per esempio), Fukushi si ritrova in As the Gods Will a confrontarsi con uno dei pochi registi in grado di districarsi senza particolare affanno tra i meandri dell’industria, mantenendo una propria attitudine anarcoide, incontrollabile, dirompente. Miike, cinquantaquattro anni e più di novanta film all’attivo, tra lungometraggi per il cinema e la televisione, non è un regista classificabile, ed è per questo con ogni probabilità che corre ancora il rischio paradossale di rimanere incompreso, guardato con sospetto da chi ricerca un cinema puramente autoriale, e allo stesso tempo spesso troppo sofisticato per essere amato da chi vorrebbe maneggiare il genere duro e puro.

Nell’interregno pressoché inesplorato tra queste due direzioni quasi mai convergenti nella storia del cinema, si situa anche As the Gods Will (titolo internazionale che sostituisce l’originale Kamisama no iutoori), il nuovo parto creativo di Miike tratto, come spesso capita al cineasta nipponico, da un manga di successo, opera di Akeji Fujimura (disegni) e Muneyuki Kaneshiro (testi) edita dalla Kodansha. Senza bisogno di alcun orpello, As the Gods Will entra immediatamente in media res, presentando lo sterminio dei compagni di classe di Shun da parte di una bambola Daruma, che “gioca” con i ragazzi a una versione a dir poco esplosiva di “Un, due, tre… Stella!”; da quel momento in poi Miike non fa altro che presentare, una dopo l’altra, le prove a cui verranno sottoposti i sopravvissuti, in perenne bilico tra la vita e la morte. Uno schema fin troppo semplice, ma che permette a Miike di ragionare in maniera efficace sull’omicidio come ludus, gioco mortale ma spassoso, trappola dalla quale fuggire ma che ammalia, seduce, corrompe.
A prima vista As the Gods Will può apparire solo come il divertissement di un regista di culto che altrove in passato ha rintracciato coordinate espressive più estreme e convincenti, e non c’è dubbio che in un eventuale gioco classificatorio all’interno della carriera di Miike la storia della lotta tra gli adolescenti giapponesi e un dio (o chi per lui) che vuole sterminarli per dare vita a un “nuovo mondo” non concorrerebbe per la top-ten; ma si tratta in ogni caso di un discorso accessorio, e persino pericoloso nella lettura dell’opera magmatica e multiforme di Miike.

Al di là di ogni speculazione e analisi dettagliata del film, dominato da due macro-sequenze iniziali destinate a essere annoverate tra i migliori istanti di cinema del 2014 (il già citato gioco con il Daruma che fa saltare in aria le teste degli studenti e il successivo scontro con un gigantesco Maneki-neko, da combattere a colpi di grattatine sulla schiena e canestri), ma non sempre in grado di mantenere quel livello di eccellenza, As the Gods Will è un vero e proprio trattato di libertà creativa, atto cinematografico insubordinato anche all’interno di un sistema produttivo mainstream.
Nessun regista mondiale, in questo frangente storico, può permettersi un’anarchia visiva – e in parte anche concettuale – così beffarda, slabbrata, urlata ed evidente senza incorrere nei marchingegni obsoleti dell’industria. Miike, con il perenne ghigno che nel film viene attribuito al losco Takeru (interpretato da Ryunosuke Kamiki, già protagonista nove anni fa per Miike di The Great Yokai War), mette in scena la distruzione come se fosse la normale destinazione di ogni cosa umana, e non si frena di fronte a nulla.
E l’apparizione finale di Lily Franky, evocata da una delle matrioske, apre il fianco a un probabile sequel ancor più deflagrante e dissacrante. Non resta che aspettare.

Info
La scheda di As the Gods Will sul sito del Festival di Roma.
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