The Endless River

The Endless River

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Dal Sudafrica arriva The Endless River, un melodrammone zeppo di ridicolo involontario, scolastico nella messinscena e nella recitazione. Incredibilmente in concorso a Venezia.

Quando io piango, tu ridi

Nel Sudafrica di oggi, Tiny riaccoglie a casa il marito Percy, uscito dal carcere dopo 4 anni. Nei dintorni si è trasferito Gilles, un francese con moglie e due figli, che troverà sterminati a seguito di una rapina. I sospetti si appuntano su Percy, ma a sua volta l’uomo viene trovato morto. Per Gilles e Tiny inizia un faticoso percorso di elaborazione del lutto. [sinossi]

Di norma considerato un genere con ampie possibilità commerciali, in realtà il melodramma è un nobilissimo territorio espressivo, che spesso ha dato vita sì a prodotti di ampio ritorno economico, ma anche a veri capolavori (di frequente in un’unica soluzione). È un genere delicatissimo, da maneggiare con cura. Il suo rovescio è dietro l’angolo: il rischio enorme, e mortificante per autore e spettatori, di cadere nel ridicolo involontario. O meglio, magari di ciò possono mortificarsi più facilmente (e comprensibilmente) gli autori. Agli spettatori invece, capita l’antifona dopo un’oretta di film, può anche succedere di adagiarsi nel cinico piacere di ridere degli eccessi, dei sovratoni, degli attori lasciati a briglia sciolta. The Endless River del sudafricano Oliver Hermanus, incredibilmente in concorso a Venezia 2015, risponde perfettamente a tali requisiti, e ha scatenato coerenti reazioni in sala durante la proiezione stampa. Concessa al film un’ora abbondante di fiducia, sul finire partono risate e risatine. E sui titoli di coda risatone, accompagnate addirittura da uno spietato “Incompetente!” gridato a piena voce. Posto che certe pratiche in sala non sono esattamente eleganti e che il gioco del tiro al bersaglio incappa a volte in sonore cantonate (vedi l’accoglienza eccessivamente negativa per A Bigger Splash di Luca Guadagnino), stavolta fare l’avvocato del diavolo è davvero difficile. The Endless River è un melodrammone totalmente fuori controllo, scolastico ed elementare nella composizione dei suoi elementi narrativi, recitato male e goffamente ambizioso. A favore del regista rimane soltanto una certa sensibilità per il paesaggio e un paio di sequenze ben girate, ma il problema è più radicale. Semplicemente, The Endless River riconverte l’elegante gratuità del melodramma in pura gratuità espressiva.

Il soggetto è di quelli incandescenti, nell’ambito di lutti atroci e impossibili elaborazioni. Le dinamiche drammaturgiche ricordano in parte il vecchio Monster’s Ball (2001) di Marc Forster, un altro melodrammone esagitato e fuori controllo, salvato in parte dalle buone prove degli attori. Là la devastata Halle Berry perdeva marito e figlio in mezz’ora, mentre l’attonito Billy Bob Thornton si accontentava di perdere solo il figlio (il compianto Heath Ledger): qui, nel Sudafrica di oggi, Tiny, una cameriera di colore, vede tornare a casa il marito Percy dopo quattro anni di carcere, mentre Gilles, un francese trapiantato nei dintorni, trova sterminata tutta la famiglia. I sospetti si appuntano su Percy, che però a sua volta viene trovato morto. E quindi Tiny e Gilles, rimasti soli, che cosa pensano bene di fare? Naturalmente intraprendere insieme un viaggio in macchina, tra approcci sessuali e lunghi momenti silenziosi, in cerca di un nuovo equilibrio. Il finale, soprattutto, ricorda da vicino la conclusione del film di Forster.
La vicenda si articola in tre atti successivi, e ogni capitolo è intitolato a uno dei tre personaggi principali. Scelta già decisamente poco motivata e significativa, ma il peggio viene dall’impaginazione narrativa totalmente naif. Per far procedere il racconto Hermanus si affida a strumenti meccanici e francamente ridicoli. Utilissimo in questo senso è il personaggio del poliziotto pettegolo, che probabilmente non ha mai sentito parlare di segreto d’ufficio neanche sul Manuale delle Giovani Marmotte. A ogni vicolo cieco narrativo, ci pensa lui a far ripartire l’azione informando sui fatti proprio chi non dovrebbe, salvo poi pentirsi seriosamente qualche sequenza più avanti quando si accorge di aver provocato l’ennesima tragedia. Per non parlare poi delle svolte psicologiche di Tiny e Gilles, facilone e incredibili (il francesino se ne va a spasso con la donna nonostante il “trascurabile” lutto per due figli massacrati in età scolare); due anime disperate e piangenti a intervalli regolari (su 108 minuti totali, la media è una lacrimata ogni 5), e poi serenamente insieme uno di fronte all’altro, al ristorante, o in viaggio verso paesaggi da sogno per ritrovare se stessi. Gli attori, a loro volta, non aiutano molto, vuoi perché Oliver Hermanus non ha saputo dirigerli, vuoi perché dotati di limitate risorse. Crystal-Donna Roberts apre le fontane e sfoggia gli occhi lucidi con caparbia costanza, mentre Nicolas Duvauchelle dà il peggio di sé negli accessi di rabbia incontrollabile. Infine, l’intenzione di costruire un mistero a frammenti (la pioggia che ritorna, le frequenti ellissi) si risolve in un mero tentativo di mischiare le carte, perché di fatto si ha davvero poco da dire.

Tutto da buttare, quindi? No. Oliver Hermanus mostra che saprebbe girare discretamente. La sequenza in discoteca è ben ideata e realizzata, e utilizza in senso sapientemente espressivo il commento musicale, inseguendo Tiny e Gilles nella desolazione di un contesto deputato al divertimento, dove in realtà i due non possono far altro che sentirsi soli una volta di più. Così come è piuttosto riuscita la messinscena del massacro della famiglia di Gilles, enfatica ed eccessiva quanto si vuole ma indubbiamente efficace. E più in generale, l’ultimo segmento conserva apprezzabili momenti. Purtroppo però si arriva a questo dopo un’ora e mezzo di pretesti, banalità a profusione e brani da telenovela. Per cui in ultima analisi ci ritroviamo davanti alla prima vera grande sorpresa di Venezia 2015: trovare The Endless River in concorso.

Info
The Endless River sul sito della Mostra del Cinema di Venezia.
  • the-endless-river-2015-Oliver-Hermanus-01.jpg

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