Bitter Money
di Wang Bing
Presentato a Venezia 73, nella sezione Orizzonti, Bitter Money è la nuova opera di Wang Bing che porta la sua macchina da presa in officine tessili, dormitori, negozietti per seguire i lavoratori di una grande città industriale, arrivati da tutto il paese.
Capitalism by Numbers
In una città in rapida crescita della Cina orientale arrivano migranti che sognano una vita migliore. Ma trovano solo piccole opportunità e scarse condizioni di vita che spingono tutti, anche le coppie, verso rapporti violenti e oppressivi. Xiao Min, Ling Ling e Lao Yeh sono alcuni personaggi di questa cronaca amara della Cina di oggi. [sinossi]
Oggetto di questo nuovo lavoro di Wang Bing, Bitter Money, presentato in Orizzonti a Venezia 2016, è ancora una volta la Cina più marginale, in questo caso i migranti sfruttati e impiegati nei laboratori tessili di una grande città industriale. Il campionario di iniquità e abusi è naturalmente cospicuo. Dal lavoro minorile alla mancanza di diritti sindacali, dalla precarietà estrema, dalle assunzioni abusive arrivando a falsificare i documenti, a un monte ore lavorativo che va dalle 7 del mattino a mezzanotte, la mancanza di vacanze (le fanno solo in fabbrica, non nelle piccole officine), alla società patriarcale (focalizzata subito dall’atteggiamento rassegnato di Ling Ling per le percosse che riceve abitualmente dal marito).
Si paventa anche la pratica della vendita piramidale, il deprecabile e truffaldino sistema americano, tanto per suggellare un campionario di mostruosità capitalistiche. Naturalmente l’atteggiamento del regista è ben diverso dal reportage di denuncia in stile giornalistico, o da una indignata posizione di chi vede l’universo cinese da di fuori. Wang Bing segue i suoi personaggi e lascia che le loro storie si raccontino.
Partiamo da un lungo viaggio in treno che porta i protagonisti dalla loro cittadina natale alla metropoli per trovare lavoro. Un viaggio di due giorni ininterrotto, pensando alla vita cui si va incontro, dove si dorme sul sedile e dove si inganna il tempo giocando a carte. Wang Bing, a sua volta, mette subito sul tavolo le sue carte, che in Bitter Money prevedono un’ossessione per i numeri, cifre sciorinate ogni momento dai personaggi: le loro età, i numeri delle carte da gioco, le taglie delle magliette che confezionano, il numero di serie, i quantitativi di produzione, le quote d’affitto, la frequenza dei litigi tra coniugi, la durata delle stirature fino ad arrivare alla voce elettronica che declama l’estratto conto dal cellulare. Le transazioni economiche, le negoziazioni dei prezzi presiedono tutto finanche le diatribe sentimentali: “Se vuoi cacciarmi, devi darmi dei soldi”, dice Ling Ling al marito in occasione del loro ennesimo alterco.
Wang Bing esplora il territorio: un grande agglomerato urbano caotico, costellato di bidoni della spazzatura ma anche da rifiuti sparsi, prospiciente un’area verde, agricola, dove si trova il palazzo del dormitorio in cui alloggiano i protagonisti. Un agglomerato fatto di ballatoi e scalinate, cui accede una macchina a mano claudicante, arrivando poi a scegliere su quale personaggio focalizzarsi, con chi entrare nelle stanze dei letti a castello. A volte passando da chi parla di prezzi dei piumini e chi è intento in contrattazioni telefoniche. Spazio minimo per i sentimenti: le due ragazze che discutono se accettare un invito di un ragazzo dello stabilimento vicino per poi decidere di vedere, con nostalgia, le foto del loro villaggio natio.
Lo sguardo di Wang Bing è di estrema discrezione. Segue spesso i suoi personaggi con macchina a mano, estremamente traballante tanto da far percepire il movimento dei passi dell’operatore. E al momento giusto sa tenersi a debita distanza, come durante l’alterco di Ling Ling col marito rimanendo quasi nascosta da un manufatto, all’esterno del negozio. Oppure fermandosi del tutto per contemplare dall’alto la tettoia di lamiere e la città nelle luci notturne. La presenza della macchina da presa si palesa quando si riflette in uno specchio salendo le scale, fino a denunciare la presenza stessa del regista cui si rivolge, sfogandosi, un personaggio nel dormitoio: “È ora di dormire, filmerai domani”.
Estenuanti i momenti di lavoro, alla macchina da cucire, l’imballaggio in lunghi momenti nella loro durata reale, con la musica che gli operai mettono in sottofondo, o con la televisione sullo smartphone. E gli operai non si fermano neanche quando, fuori dalle loro finestre, vedono un incidente, che commentano proseguendo nella loro routine.
Wang Bing osserva questo mondo, lo fissa, lo cristallizza e lo sigilla come nell’ultima scena del grande imballaggio, che viene riempito e confezionato, sotto la pioggia.
Info
La scheda di Bitter Money sul sito della Mostra del Cinema di Venezia.
- Genere: documentario
- Titolo originale: Ku Qian
- Paese/Anno: Francia, Hong Kong | 2016
- Regia: Wang Bing
- Sceneggiatura: Wang Bing
- Montaggio: Dominique Auvray, Wang Bing
- Produzione: Chinese Shadows, Fame Culture Media Co., Gladys Glover, House on Fire, Ldt, Wil Productions, Yisha Production
- Durata: 150'