Infedelmente tua

Infedelmente tua

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Torna in sala, in versione restaurata, uno dei lavori più sottovalutati di Preston Sturges: nonostante la scarsa considerazione di cui godette all’epoca, Infedelmente tua è opera perfettamente esemplificativa dei temi (e dell’approccio alla materia) del cinema del grande cineasta americano.

Tante risate… per un irresistibile nulla

Di ritorno da una tournée all’estero, il direttore d’orchestra Afred de Carter viene informato dal cognato che sua moglie ha una relazione extraconiugale. Dapprima incapace di credere all’infedeltà della donna, poi convinto da quelle che sembrano prove inoppugnabili, Alfred inizia a pensare a come far fronte al problema… [sinossi]

Che torni in sala, in versione restaurata, uno dei film di un autore come Preston Sturges, cineasta fondamentale per l’evoluzione del linguaggio della commedia (e del cinema tout court) nel corso degli anni ‘40, non può ovviamente che farci piacere. Che la scelta sia tuttavia ricaduta proprio su Infedelmente tua, opera poco citata e generalmente sottovalutata nella filmografia del grande regista americano, è un particolare che, da solo, basta a essere fonte di positivo stupore. Arrivato in quella che viene generalmente considerata come la fase discendente della carriera di Sturges, successiva ai grandi successi della prima metà del decennio (Il grande McGinty, Lady Eva, I dimenticati) e alla seguente, fallimentare esperienza con la RKO di Howard Hughes (il fiasco di Meglio un mercoledì da leone), la pellicola è infatti esemplificativa del modo di intendere la commedia tipico di Sturges: con uno sguardo al passato, specie quello fecondo della screwball comedy del decennio precedente, ma anche con un fare iconoclasta capace da un lato di rendere come non mai umori e tensioni del suo tempo, dall’altro di proiettarsi verso un altro, e diverso, modo di fare cinema.

Non deve trarre in inganno l’accoglienza tiepida che pubblico e critica dell’epoca tributarono al film, primo dei due lavori di Sturges alle dipendenze della Fox, prima del definitivo abbandono di Hollywood e della conclusione prematura della sua carriera. Infedelmente tua, interpretato da Rex Harrison e Linda Darnell, focalizza infatti con straordinaria lucidità, forse persino meglio delle sue opere più celebrate, temi e approccio alla materia tipici del regista e sceneggiatore statunitense. Nelle surriscaldate, irresistibili nevrosi del direttore d’orchestra interpretato da Harrison, nel suo ambiguo rapportarsi al motivo del sospetto, nella divertita resa del suo fare schizoide di fronte al tradimento, troviamo tutto l’atteggiamento disincantato e canzonatorio dell’autore nei confronti della famiglia borghese: tema, quest’ultimo, che attraversa la sua intera filmografia, e che qui si colora di un cinismo che non viene cancellato dall’illusorio happy ending. Alfred de Carter, dopo il John Sullivan de I dimenticati, è un altro alter ego di Sturges, preteso osservatore aristocratico dei rituali della vita borghese (incarnata dal ricco cognato), sprezzante e tuttavia incapace di distaccarsi dalla dimensione prosaica del dubbio, della gelosia, dei propositi di vendetta. Un alter ego che rifiuta di prendere troppo sul serio la sua arte, come rivela lui stesso in un esplicito dialogo: “Non c’è niente di serio nella musica. Dovrebbe essere ascoltata da sdraiati, con un panino in una mano e un boccale di birra nell’altra. E un sacco di belle ragazze attorno.”

Sturges porta qui la sua riflessione critica sul genere della commedia romantica fino alle estreme conseguenze; lo fa replicandone nella fase iniziale gli aspetti più convenzionali e stereotipati (il confronto costante tra le due coppie, le schermaglie amorose, il tema della gelosia) per poi farlo deflagrare in una frammentazione del racconto che tocca finanche la dimensione del sogno. Proprio i tre, gustosi scenari immaginati dal protagonista durante la sua performance (l’uxoricidio, il perdono e il duello) ognuno significativamente accostato a una composizione ad hoc, mettono plasticamente sullo schermo (come mai fatto fino ad allora nel genere) il mondo interiore e il carattere scisso del personaggio. Mondo interiore che il regista si diverte ulteriormente a demolire nel momento in cui – quando il personaggio interpretato da Harrison si trova a passare dalla progettazione ai fatti – gli oggetti che progettava di usare gli si rivoltano contro con crescente e irresistibile veemenza. La fase finale di Infedelmente tua è poi abilmente organizzata (viene da dire orchestrata, vista anche l’importanza dell’aspetto musicale nella costruzione del racconto) in un crescendo che giustappone la dimensione immaginaria e onirica (veicolata dalla musica) alla concretezza, l’illusione di dominio sull’ambiente all’inesorabile e anarchica ribellione di quest’ultimo.

Il climax che caratterizza la mezz’ora finale di Infedelmente tua è all’insegna di una gestione dei tempi comici pressoché perfetta, un recupero tutto “fisico” del linguaggio della slapstick comedy che si contrappone efficacemente alla comicità verbale (incentrata sul solito uso serrato e brillante dei dialoghi) che aveva caratterizzato la frazione precedente. L’happy ending non inganni: il protagonista, sembra dirci il regista, ha prima incendiato, poi quasi distrutto una stanza d’albergo, architettato prima la trama di un omicidio e poi quella di un quasi-suicidio, sostanzialmente per nulla. Da tanto, irresistibile nulla, Sturges ha tratto persino un film. Sembra quasi di sentirlo sghignazzare, durante la consolatoria scena finale.

Info
La scheda di Infedelmente tua sul sito di Lab 80 Film.
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