Angoscia

Angoscia

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L’esordiente Sonny Mallhi dirige con Angoscia un interessante horror adolescenziale con ambizioni esistenzialistiche, che però rimane presto prigioniero del suo minimalismo, narrativo più ancora che produttivo.

L’angoscia di vivere ho incontrato

La discesa verso la pazzia di una giovane ragazza tormentata che perde la sua identità a mano a mano che la sua anima diventa un tramite per gli spiriti dei morti. [sinossi]

Un padre assente, impegnato in guerra e contattabile solo via Skype. Una madre apprensiva e un po’ oppressiva. Una ragazzina sola e con disturbi della personalità, del cui corpo forse si vuole appropriare una sua coetanea – che aveva gli stessi problemi esistenziali – morta poco tempo prima, investita da un’auto nella stessa anonima cittadina in cui va a vivere la protagonista. Sono questi i pochi e basilari strumenti di partenza di cui si è armato l’esordiente Sonny Mallhi per girare Angoscia, che esce in Italia in piena calura estiva a due anni dalla sua realizzazione.
Mallhi evidentemente non vuole seguire la strada dell’horror sopra le righe, gore e ultra-sanguinolento. Al contrario sceglie la strada della sottrazione, della creazione di un’atmosfera, lavorando su piccoli turbamenti adolescenziali. E la strada scelta – di un piccolo horror indie – sarebbe pure interessante, se non fosse che ben presto cominciano a mancare le idee, sia per imbastire delle soluzioni nuove (o, banalmente, dei colpi di scena), sia per cercare di giocare sul tema della variazione di situazioni simili.

Va a finire così che, buttate sul piatto le carte più o meno classiche di apparizioni fantasmatiche – dal parco giochi le cui altalene si animano alle porte dell’appartamento che si chiudono e/o si spalancano, dalle mani che appaiono sulle finestre al capanno degli attrezzi che suggerisce strane presenze – Angoscia sembra risolversi in un nulla di fatto, soprattutto perché i personaggi, a partire dalla stessa protagonista, non si ‘animano’ mai davvero. Anzi, la solitudine della ragazzina è tale che non riesce a esternare a nessuno i suoi turbamenti, e dunque dopo un po’ anche lo spettatore finisce per disinteressarsene. Così, ad esempio, la conoscenza tanto agognata con un ragazzo che potrebbe avere molto in comune con lei, dalla passione per lo skate al modo di vestirsi, è un’occasione che viene consapevolmente gettata via, allo scopo di sottolineare la timidezza e l’introversione della nostra eroina, condannandoci però al contempo a non avere mai il piacere di vederla parlare con qualcuno.

L’unico guizzo Angoscia riesce a trovarlo nel momento in cui – assodata la possessione benevola della coetanea che fu – le due madri, quella della defunta e quella della viva, si litigano la ragazza bi-polare, avendo il desiderio di tenersela tutta per sé. Ma si tratta purtroppo di una deviazione che si conclude rapidamente, facendoci tornare al solito tran-tran visivo-narrativo. E l’idea che nel corpo di una ragazza possa sopravvivere anche una doppia anima, in cui l’insegnamento dell’una – morta di solitudine e di ‘angoscia’ di vivere – possa essere utile all’altra ancora in vita, resta sulla carta e non si fa mai corpo vivo e pulsante del film.

Info
Il trailer di Angoscia su Youtube.
La scheda di Angoscia sul sito della distribuzione Twelve Entertainment.
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