Sad Vacation

Sad Vacation

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Sad Vacation segna un nuovo capitolo nel romanzo per immagini di Shinji Aoyama: un viaggio disperato ma non privo di dolcezze nell’universo familiare.

Family Life

L’infanzia di Kenji è stata segnata dall’abbandono della madre e dalla morte precoce del padre. Divenuto adulto, Kenji conduce un’esistenza ai margini della società mantenendosi con impieghi saltuari tra cui un lavoro come autista. Una notte Kenji prende a bordo della sua auto una coppia, Mamiya e sua moglie Chiyoko, e nella donna riconosce sua madre. Deciso a vendicarsi per l’abbandono subito da bambino, Kenji inizia a frequentare la famiglia di Mamiya e lui ben presto gli chiede di diventare socio nella sua attività di corriere espresso, adatta soprattutto a riabilitare e dare una possibilità di riscatto a persone con un passato di dubbia moralità. Tuttavia, quando per Kenji arriva il momento di mettere in atto il suo piano portando così alla luce la verità, l’uomo si renderà conto che i vincoli di sangue sono più forti di qualsiasi sentimento… [sinossi]

Oggetto strano, ondivago, quasi dissociato, il cinema che Shinji Aoyama porta in giro per il mondo da più di due decenni: trovare una definizione che possa identificare con precisione parabole estetiche e autoriali all’interno della sua messa in scena è operazione molto più difficile di quanto si possa anche solamente ipotizzare.
Paradigma perfetto di ciò potrebbe essere il dittico che Aoyama ha presentato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia negli ultimi due anni: nel 2006 fu la volta di Kōrogi/Crickets, mentre in questa edizione il quarantatreenne regista di Fukuoka ha presentato, nella sezione “Orizzonti”, Sad Vacation. Per quanto entrambi i film siano riflessioni, partecipate e sofferte, sui legami familiari e sui rapporti umani, l’afflato che li anima appare completamente differente: laddove in Crickets si sprofondava lentamente nelle pieghe di un rapporto interpersonale, scandagliandolo con un senso di pudicizia e rigore che lasciava l’aria decisamente rarefatta, Sad Vacation è un bizzarro carnevale di eventi, tragici e comici, sui quali si ragiona solo ed esclusivamente per accumulo, in un rutilare di emozioni che è insime il punto di forza e il peggior difetto della pellicola. Tra figli che cercano madri solo per vendicarsi di essere stati abbandonati, bambini cinesi sballottati tra due mondi (quello cinese e quello nipponico) che non sono in grado di comprendere, e via discorrendo, Aoyama ci pone di fronte a un universo dominato dalla violenza, dalla sete di vendetta e (ma solo in casi sporadici) dalla comprensione e dal perdono.

Nel suo saliscendi strutturale è possibile riconoscere sprazzi di grande cinema (tutta la prima parte, per esempio, dominata da un cupo umanesimo che non disdegna lo sberleffo) quanto stati improvvise, in cui la noia la fa da padrona, o scarti incomprensibili verso ipotesi del tutto diverse – alzi la mano chi non ha provato un leggero senso di vertigine figlia della dispersione sul fermo immagine finale. Sad Vacation è un film profondamente imperfetto, lontano dal capolavoro (e dopotutto Eureka, opera magna partorita da Aoyama nel 2000, è tutt’ora inarrivabile) ma, nella sua forma strana, ondivaga e dissociata perdersi è una dannazione che sfiora, di quando in quando, il sublime.

Info
Il trailer di Sad Vacation.
  • sad-vacation-2007-shinji-aoyama-01.jpg

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