Tiffany e i tre briganti

Tiffany e i tre briganti

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Tiffany e i tre briganti di Hayo Freitag funziona alla perfezione come macchina ludica per i più piccini, ma è altresì una piccola gemma di eversione, come nei migliori slapstick del tempo che fu, dove scorrono germi di una disamina sociale ferma e rigorosa.

Abbasso la maestra unica!

La piccola Tiffany, orfanella in rotta verso l’orfanotrofio, incontra sulla sua strada tre briganti e sfodera tutta la sua astuzia per avere la meglio su di loro… [sinossi]

In Italia probabilmente non sono in molti a saperlo, ma Tomi Ungerer è considerato uno dei massimi “scrittori per l’infanzia” (virgolettiamo questa espressione polirematica perché ci piacerebbe aprire un fronte di discussione sul suo utilizzo, spesso e volentieri decisamente improprio) della nostra contemporaneità. Autore di volumi venduti un po’ in tutto il mondo, il Nostro si è anche portato a casa, nel 1998, il premio Hans Christian Andersen, ritenuto universalmente il nobel dei libri per bambini.Della sua notevole bibliografia, I tre briganti è senza dubbio una delle perle più luccicanti: non è certo un caso dunque che sia stata l’opera scelta per far esordire il nome di Ungerer nei lungometraggi – finora lo scrittore di Strasburgo  era stato omaggiato con vari adattamenti dei suoi lavori, ma sempre nel campo del cortometraggio. A lanciarsi nell’impresa Hayo Freitag, cineasta che colpì l’immaginario infantile tedesco quasi dieci anni fa con Käpt’n Blaubär – Der Film, tratto dal celebre fumetto di Walter Moers, uno dei principali disegnatori di comics teutonici.

Il risultato finale di Tiffany e i tre briganti ha del sorprendente: nel maneggiare una materia così prettamente favolistica, Freitag ha il grande merito di abbandonare qualsiasi costrizione logico-narrativa, lanciandosi in un saliscendi di trovate ingegnose, che trascinano facilmente al riso il pubblico infantile ma giocano a tu per tu anche con il mondo adulto, grazie a una sottile malizia sempre sul punto di balzare alla ribalta (il gendarme che multa per atti osceni in luogo pubblico due coniglietti intenti ad accoppiarsi, tanto per dirne una). Ci troviamo dunque di fronte un progetto semplice e ambizioso allo stesso tempo, sintetizzato alla perfezione dall’utilizzo del disegno che fa Freitag: da un lato sembra di essere stati catapultati in un universo naïf, in cui il tratto bambinesco con cui vengono stilizzati i personaggi la fa da padrone (l’innaturale rotondità dei volti degli orfanelli, l’apparente scarnezza dei movimenti di macchina), mentre dall’altro ci si accorge ben presto di quanti e quali siano i riferimenti culturali che Freitag lancia al suo pubblico. L’accuratezza con cui vengono trattati dettagli pur minimi – l’interno della carrozza, lo sfondo del bosco – rimandano a una Disney d’antan, riportando alla luce un gusto per il particolare naturalistico che è andato via via scomparendo dai tracciati d’animazione europei, mentre la contrapposizione tra la caotica messa in scena del bosco e della caverna e l’abuso di linee geometriche con cui ci viene presentato l’orfanotrofio, con le sue verticali impossibili e le inquadrature plongée, ci fanno riscoprire una vena espressionista e una cura per il mood che non possiamo che applaudire. La scelta cromatica dopotutto è una delle note più liete dell’intero film: senza prendere a esempio la stupefacente inquadratura quadripartita della caverna in cui abitano i tre briganti, basterà far caso agli spot che si accendono e si spengono nel bosco, illuminando per pochi istanti particolari inessenziali da un punto di vista strettamente narrativo quanto fondamentali per aiutare a costruire quel mood cui facevamo riferimento in precedenza.

Tornando a bomba, e riprendendo la querelle appena accennata in precedenza sulla “letteratura per l’infanzia”, poniamo l’accento su un altro aspetto che a nostro modo di vedere eleva ulteriormente il valore di Tiffany e i tre briganti: il film, l’abbiamo già scritto, funziona alla perfezione come macchina ludica per i più piccini, ma questo non deve assolutamente trarre in inganno lo spettatore. Pur nell’assoluta e tenera semplicità con cui il film di Freitag affronta tematiche a dir poco scomode (lo sfruttamento dell’infanzia, la distinzione tra giustizia e legge ecc.ecc.), non c’è alcuna intenzione da parte del cineasta tedesco e della sua troupe di indorare la pillola; Tiffany e i tre briganti è altresì a suo modo una piccola gemma di eversione, in cui tutto si risolve a torte in faccia, come nei migliori slapstick del tempo che fu, ma nella quale scorrono germi di una disamina sociale ferma e rigorosa. L’orfanotrofio/fabbrica/prigione nasconde in sé incubi orwelliani, i funzionari dell’ordine sono ripetutamente messi alla berlina senza tanti complimenti, il brigantaggio viene eletto a unico modello di vita realmente funzionale e libertario. Tutti elementi che non ci saremmo aspettati di trovare tra le pieghe di un film d’animazione pensato soprattutto per un pubblico di bambini, e che arricchiscono un prodotto già di per sé encomiabile. Se volete offrire ai vostri figli e ai vostri nipotini uno spettacolo da cui uscire soddisfatti dal punto di vista ludico ed educativo, Tiffany e i tre briganti potrebbe essere l’occasione giusta. Sfruttatela a dovere…

Ps. Un encomio va all’edizione italiana della pellicola: a fronte di un universo come quello del cinema d’animazione che viene spesso e volentieri svilito per andare incontro a politiche commerciali a dir poco discutibili (ricordate voci di inqualificabili intrattenitori del tubo catodico prestate a film dal grande impatto pubblicitario?), l’adattamento di Tiffany e i tre briganti brilla per coerenza, intelligenza e profondità. Complimenti vivissimi.

Info
Il trailer originale di Tiffany e i tre briganti.
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