Alza la testa

Alza la testa

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Se L’aria salata rifletteva sul reinserimento nella società dopo la detenzione, una volta usciti dal non-luogo del carcere, in Alza la testa è lo spazio esterno a spogliarsi fino a diventare una landa desolata, da ripopolare gradualmente con stimoli e spunti per andare avanti.

Tutti i battiti del suo cuore

Mero è un padre single e il figlio Lorenzo, nato da una relazione con una ragazza albanese, è la sua unica ragione di vita. Mero lo allena notte e giorno alla boxe sperando riscatti la sua anonima carriera da dilettante. Ma il destino non ci sta e Mero si ritrova faccia a faccia con il dolore e il pregiudizio. [sinossi]

Sono trascorsi tre anni dal livido esordio di Alessandro Angelini (L’aria salata) e il giovane regista con Alza la testa torna a declinare il rapporto fra padre e figlio.
Mero, che lavora come operaio specializzato in un cantiere navale, ha un obiettivo da raggiungere per riscattarsi da una vita che gli ha riservato difficoltà e dolori: vedere affermare il figlio diciassettenne, Lorenzo, nel mondo della boxe. Per questo da anni dedica ogni momento del proprio tempo libero per allenarlo, prepararlo e accompagnarlo agli incontri: quando sembra essere arrivata la definitiva svolta verso la formazione professionale del ragazzo, un tragico imprevisto stronca le sue aspettative.
Nel teatro grigio di Fiumicino e dei cantieri navali prende forma una vicenda dolorosa, che stempera gradualmente gli iniziali toni da commedia per vestire i panni di una difficoltosa elaborazione del lutto e delle sue conseguenze. Angelini presta il proprio sguardo al racconto di viaggi intrecciati indissolubilmente: il primo è quello di crescita e di formazione di Lorenzo, con le inevitabili incertezze e titubanze adolescenziali, alle prese con le prime intolleranze e intemperanze che mal si coniugano al futuro che il padre vorrebbe per lui. Il secondo è quello di un genitore che “inseguirà” il cuore trapiantato del figlio, spingendosi fino nell’estremo nord-est italiano al confine con la Slovenia, in una terra di nessuno che amplificherà il suo senso di straniamento, guidandolo fino a un bivio: da un lato la mancata rassegnazione per un destino crudele, dall’altro la possibilità di rinascere, di costruire un nuovo futuro.
L’incitazione che Mero ripete a Lorenzo durante gli allenamenti, alza la testa, diventa un inno a non arrendersi, un mantra non-detto che lo coinvolge in prima persona, padre solo contro il quale sembrano essersi accaniti gli eventi.

Alza la testa è un film attento ai dettagli dell’animo umano, che afferra con destrezza la sensibilità di un uomo straniero nella sua stessa vita, privata improvvisamente del suo fulcro: la storia di un doppio sogno spezzato, un’opera semplice, definita dallo stesso regista di frontiera.
Eppure qualcosa si sfalda nel progetto di Angelini. La prima parte del film è folgorante, lucidissima, secca, uno spaccato ben calibrato del rapporto fra due esseri umani di periferia: il ritmo è ben gestito, l’immagine efficace. Nella seconda parte, che prende quasi le forme di un road-movie goriziano, le situazioni si moltiplicano, la struttura sembra rimanere impantanata nel continuo aumento di elementi che finiscono per soffocare il film: Angelini inizia a passare in rassegna una serie di temi sociali perdendo di vista l’autenticità del proprio prodotto. La narrazione sceglie di inglobare tutte le espressioni di marginalità, saturando l’impronta iniziale data al film.
Malgrado ciò Alza la testa può indubbiamente vantare una regia consapevole, adatta a modellarsi alle diverse situazioni e ai diversi stili della narrazione: la vera punta di diamante del film però è sicuramente l’interpretazione coraggiosamente umana di Sergio Castellitto che presta il proprio volto a Mero, personaggio complesso, che ha vissuto il trauma dell’abbandono dalla sua donna, e che ha dovuto imparare a crescere da solo un figlio destreggiandosi fra tutte le difficoltà della vita senza poter contare su un appoggio. Castellitto sottolinea la grande forza di quest’uomo comune senza dimenticarne le debolezze, la sensibilità, le insicurezze, il senso di colpa: Mero acquista quindi una tridimensionalità che lo rende credibile nelle diverse circostanze, anche quando la sceneggiatura inizia a vacillare.

Se L’aria salata rifletteva sul reinserimento nella società dopo la detenzione, una volta usciti dal non-luogo del carcere, in Alza la testa è lo spazio esterno a spogliarsi fino a diventare una landa desolata, da ripopolare gradualmente con stimoli e spunti per andare avanti.
Mentre Mero affronta il lungo viaggio che lo porterà alla ricerca di colui che ha ricevuto il cuore espiantato di suo figlio, il film perde progressivamente vigore, si sovraccarica finendo per inciampare nella superficialità di figure eccessive e di racconti che si intrecciano alla trama centrale appesantendo l’intero prodotto.
La complicità maschile, la necessità di riscatto, l’inestricabilità dei vincoli familiari (anche quando sono sfilacciati da anni di abbandono e di mancanze), la ricerca delle proprie radici, il bisogno di imparare sin da subito a difendersi dai colpi della vita: Angelini tratteggia un ritratto vivo e sofferente ma non sempre sembra capace di mantenere la stessa coerenza e immediatezza.

Info
Il trailer di Alza la testa.
La scheda di Alza la testa sul sito della 01.

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