Caracremada

Caracremada

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L’impressione è che Caracremada aspirasse a essere una versione contemporanea e anti-narrativa del capolavoro Lo spirito dell’alveare di Víctor Erice: un modello probabilmente troppo difficile da accostare. Una figura sfaccettata e sanguigna come Ramon Vila Capdevila avrebbe meritato probabilmente un trattamento meno asettico, più partecipato, emotivo, doloroso. Presentato a Venezia 2010 nella sezione Orizzonti.

Traliccio antifascista

Caracremada, un soprannome dato dalla Guardia Civile Spagnola a Ramon Vila Capdevila, tenta di riflettere circa la resistenza libertaria al regime franchista attraverso l’ultimo combattente della guerriglia attiva. Nel 1951 la CNT ordinò la ritirata dei suoi militanti, ma Ramon Vila rimase nei boschi del territorio interno della Catalunya dove riprese la lotta ai franchisti… [sinossi]
Alza la bandera revolucionaria
que llevará al pueblo a la emancipación.
En pie el pueblo obrero a la batalla
hay que derrocar a la reacción.
Valeriano Orobón Fernández, A las barricadas (1938)

All’interno dei percorsi del nuovo cinema spagnolo è abbastanza semplice riconoscere un tratto peculiare in grado di avvicinare esperienze autoriali tra loro apparentemente distanti: una messa in scena che predilige la riduzione al minimo degli elementi climatici nel corso della pellicola; una progressiva spoliazione narrativa, che asciuga l’insieme interponendo uno spazio ideale tra il regista e l’opera stessa; la predilezione per un’ambientazione naturale che permetta abilmente di aggirare l’artificio architettonico del teatro di posa. Davvero molti sono i registi venuti alla luce negli ultimi anni a Madrid, Barcellona, Malaga e via discorrendo che hanno scelto una via espressiva di questo tipo, in un’evidente rottura con il rutilante eccesso emotivo cui avevano abituato tanto gli autori della cosiddetta transizione quanto quelli della movida (con le debite eccezioni, sia chiaro).

Rientra senz’altro in questo novero di cineasti Lluís Galter, ospitato nel ricco e variegato palinsesto della sezione Orizzonti della Sessantasettesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia con la sua creatura Caracremada. L’esordio nel lungometraggio di finzione di Galter (dopo una lunga gavetta passata tra documentari e cortometraggi), ha l’ambizione di voler trasportare sul grande schermo la coraggiosa vita di Ramon Vila Capdevila, guerrigliero anarchico spagnolo noto con il soprannome Caracremada, traducibile in italiano con volto bruciato: nel relazionarsi con la vita di questo personaggio storico, partigiano nella Spagna franchista del secondo dopoguerra intenzionato a non abbandonare le armi, come al contrario hanno fatto molti dei suoi compagni, in patria o in esilio, Galter riduce l’insieme delle azioni eversive compiute al reiterato sabotaggio nei confronti dei tralicci telefonici. In campi lunghissimi che rendono onore al maestoso splendore della natura catalana – terra d’origine tanto di Capdevila quanto del ventisettenne cineasta – il rumore fuori campo del seghetto all’opera contro il metallo anticipa sempre il dettaglio dei partigiani al lavoro. Tale schema, ripetuto con rigorosa cadenza lungo l’arco di tutto il film, finisce ben presto per dimenticare (o, meglio, disconoscere) il proprio ruolo narrativo e il valore politico che dovrebbe rappresentare. Non basta, a un’opera cinematografica, dimostrare di possedere una precisa etica della messa in scena – nel caso specifico caratterizzata dalla continua sottrazione degli eventi climatici – se poi a mancare è la ruota motrice dell’intero ingranaggio, il senso ultimo e profondo del proprio esistere.

Cosa vorrebbe realmente raccontare Caracremada, gli ultimi fuochi della resistenza alla crudele dittatura fascista di Francisco Franco? Non è forse avvertibile il rischio di una caduta nell’autocompiacimento fine a sé stesso? Nel prendere di petto la Storia del proprio paese, Galter sceglie una via solo apparentemente ostica: la totale negazione del racconto classico, allontana certo lo spettatore medio, ma allo stesso tempo finisce per semplificare al minimo il valore politico, rivoluzionario, testardamente incoercibile di Capdevila. Galter, senza dubbio abile nel lavorare la materia prettamente visiva della sua pellicola – gli squarci panoramici a tratti lasciano davvero senza fiato – finisce per perdere di vista il suo obiettivo, peccando di ingenuità. L’impressione è che Caracremada aspirasse a essere una versione contemporanea e anti-narrativa del capolavoro Lo spirito dell’alveare di Víctor Erice: un modello probabilmente troppo difficile da accostare. Una figura sfaccettata e sanguigna come Ramon Vila Capdevila avrebbe meritato probabilmente un trattamento meno asettico, più partecipato, emotivo, doloroso. Sarà per la prossima volta…

Info
Il trailer originale di Caracremada.

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