Twixt

Una nuova lezione di cinema firmata da uno dei suo principali innovatori: è Twixt di Francis Ford Coppola, presentato in Festa mobile – Figure nel paesaggio al Torino Film Festival.

Tu sei il finale

Hall Baltimore è uno scrittore di romanzi horror che ha perso l’ispirazione. Durante un tour promozionale finisce in una piccola città, sconvolta dalla morte di una ragazzina, uccisa con un paletto di legno conficcato nel cuore. Quella stessa notte, in sogno, riceve la visita della giovane e misteriosa V. Sempre più immerso in una realtà in cui il soprannaturale e l’onirico sembrano prendere il sopravvento, Baltimore si troverà quindi ad affrontare i fantasmi del proprio passato, prima di riuscire a giungere alla verità… [sinossi – Torino Film Festival]

La nebbia scese sul lago…
Come il celeberrimo incipit “Era una notte buia e tempestosa” su cui si lambiccava il cervello il cagnolino Snoopy aspirante romanziere, anche il corpulento Hall Baltimore (ribattezzato con crudeltà “lo Stephen King dei poveri”) non riesce da tempo a trovare l’ispirazione per affrontare la scrittura. Il ciclo di libri che ha dedicato alla stregoneria ha esaurito le sue potenzialità commerciali, e Baltimore è oramai costretto a tour in paesini talmente sperduti da non avere neanche una vera e propria libreria a disposizione: si ritrova così a cercare di vendere copie nel negozio di ferramenta di uno sperduto villaggio, dove l’unico che sembra conoscerlo è lo sceriffo della città, appassionato di letteratura mystery e alle prese con il cadavere di una ragazzina cui hanno piantato nel cuore un paletto di legno. Lo sceriffo propone a Baltimore – che ha disperato bisogno di soldi per salvare dalla vendita una copia originale di Foglie d’erba di Walt Whitman – di scrivere a quattro mani un romanzo sui vampiri, demoni che a suo dire infestano la cittadina da generazioni.
È questo lo spunto di partenza di Twixt, l’ultimo parto creativo di Francis Ford Coppola presentato in anteprima alla ventinovesima edizione del Torino Film Festival. L’attesa nei confronti del film era davvero molta, e non solo per il ritorno dietro la macchina da presa di uno degli autori che contribuì a sconvolgere la prassi cinematografica hollywoodiana rivoltandone le regole dall’interno: Twixt, con l’atmosfera di orrore che permea la sua posa demodé, rappresenta in un certo qual senso il fil rouge in grado di collegare la deriva recente del cinema coppoliano con gli esordi passati alla corte di Roger Corman, il maestro dell’horror indipendente a stelle e strisce insieme a Herschell Gordon Lewis. Come altro interpretare infatti i continui rimandi a Edgar Allan Poe – il cognome del protagonista è Baltimore, vale a dire la città del Marylan dove il grande letterato statunitense visse e morì – nonché la presenza in scena dello stesso tra gli spettri che affollano le notti del personaggio di Val Kilmer?

Ma sarebbe sciocco ricondurre interamente un’esperienza cinematografica stratificata come Twixt alla semplice relazione con titoli quali Dementia 13 (la sua opera prima del 1963, prodotta sotto l’egida di Corman): tra questi due film vi sono infatti quarantotto anni di carriera, passati da Coppola a studiare fin nei minimi particolari la macchina/cinema hollywoodiana, nel tentativo di trovare quelle falle nel sistema necessarie a un’insubordinazione autoriale in piena regola. Per quanto sia stato spesso odiato e vilipeso da buona parte della critica mondiale, in particolar modo per la magniloquenza che ha spesso messo in mostra, non si può negare a Coppola di non essersi (quasi) mai accontentato della via più facile. Il suo è un cinema fuori dal tempo e dalla logica industriale, che gioca con la propria stessa materia rinascendo dalle ceneri come la leggendaria araba fenice. Twixt, che è melodramma che travalica le barriere dei generi per ragionare sulla crisi dell’uomo prima ancora che su quella dell’artista – e la figura obesa, debordante e impacciata suo malgrado di Val Kilmer materializza questo aspetto tragico con straziante realismo – vibra di uno stile superbo, che gioca con la tecnologia digitale e (per due sole sequenze) con la stereoscopia con classe cristallina. Dal gotico al surreale, passando per lo splatter e l’espressionismo, Coppola passa in rassegna tutte le potenzialità della storia dell’horror, in un’operazione di destrutturazione dello sguardo non dissimile da quella che portò a termine nel solitamente incompreso Bram Stoker’s Dracula, quasi venti anni fa: se in quel caso il regista si confrontava con il fascino ipnotico della nascita del cinema, qui il gioco si fa ancora più estremo, grazie a un lavoro sulla scomposizione del cromatismo nell’immagine che lascia letteralmente a bocca aperta. Twixt, volutamente piatto e neutro nella messa in scena di quella che si suppone essere la realtà, diventa un film in (parziale) bianco e nero quando si scende nella dimensione onirica della vicenda: il mondo della notte, in cui passato e presente si mescolano nella narrazione di eventi terribili e sanguinosi, permette a Coppola di sperimentare sul digitale, trovando soluzioni spesso al limite dell’incredibile.

Si potrà forse trovare qualcosa da ridire nella composizione narrativa della storia, accusandola di mancanza di originalità, ma sarebbe ingiusto nei confronti di un film che vive della sua stessa essenza: cinema per il cinema, come già lo straordinario Youth Without Youth e l’ottimo Segreti di famiglia (Tetro, in originale) con i quali Twixt potrebbe formare un’ideale trilogia sulle potenzialità dell’immaginario. Basterebbe il lavoro sulla stratificazione dell’immagine proposto nella memoria dell’incidente che ha portato alla morte della figlia di Baltimore (con il ricordo che si fa a sua volta cinema e schermo, in un omaggio ad Aurora di Friedrich Wilhelm Murnau), o il grand guignol del pre-finale, per testimoniare l’urgenza espressiva di Francis Ford Coppola, ancora vitale e desiderosa di sperimentare. Non si tratta di svelare il cosa o il come viene mostrato sul grande schermo, ma piuttosto il perché: una domanda che molti cineasti non si pongono, ma che è fondamentale per comprendere fino in fondo l’approccio autoriale di Coppola.
“La nostra opera deve essere la tomba che prepariamo per colei che la occuperà”, sentenzia Poe a Baltimore durante uno dei loro incontri nel subconscio onirico del protagonista: forse è in questa frase che si può racchiudere il senso non solo di un’opera magmatica, imperdibile e commovente come Twixt, ma anche della stessa esperienza del regista dietro la macchina da presa. Una lezione di stile, etica e ardita sperimentazione visiva che dovrebbe essere accolta con peana e grida di giubilo e invece, con ogni probabilità, andrà incontro a una serie di bocciature critiche. Perché il cinema di Coppola non guarda al futuro per superare il passato, ma per immergervisi dentro, lasciarsi fagocitare e vederlo finalmente rivivere, irriconoscibile e immutato allo stesso tempo. Una pratica che non troverà mai molti adepti, purtroppo.

Info
Twixt, il sito ufficiale.
Il sito degli Zoetrope Virtual Studios, casa di produzione di Twixt: zoetrope.com
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