Millennium – Uomini che odiano le donne

Millennium – Uomini che odiano le donne

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L’onestà dell’approccio di Fincher può essere misurata secondo due parametri in qualche modo complementari: la cura nella trasposizione del materiale narrativo di partenza, ben presente in sceneggiatura, e il rispetto nient’affatto trascurabile per la propria integrità registica, autoriale; un atto di autocoscienza non fine a se stesso, non autoreferenziale, bensì coerente con quelle dinamiche dello sguardo e con quel costruire la tensione che si associano in modo naturale alla sua visione del thriller.

In the mood for Fincher

Il giornalista di successo Mikael Blomkvist, aiutato della giovane e ribelle hacker Lisbeth Salander, accetta un incarico dal ricco industriale H. Vanger: indagare sulla scomparsa della nipote Harriet, avvenuta quarant’anni prima. Da allora, ogni anno un misterioso dono anonimo riapre la vicenda. Dopo mesi di ricerche, Blomkvist e Salander scopriranno la sconvolgente e inaspettata verità… [sinossi]

Quella del remake è senz’altro una delle pratiche più sospette, tra quelle in voga nell’attuale cinematografia americana, specialmente se il soggetto da “clonare” risale a pochi anni prima, specialmente se a portare avanti il lavoro viene chiamato non un mestierante qualsiasi ma una firma importante del cinema contemporaneo. Nel caso di Millennium – Uomini che odiano le donne tali prerogative sono tutte presenti. Ed è un’operazione, anzi, in cui poteva celarsi persino qualche altra insidia. I rischi ai quali si fa ora riferimento possono essere riassunti in uno schemino triangolare, i cui punti servono a ricordare le poetiche ben definite con cui ci si è giocoforza confrontati.

1) La saga letteraria del compianto Stieg Larsson, capace di appassionare milioni di lettori sparsi in tutto il mondo
2) La prima trasposizione cinematografica della trilogia Millennium che è stata prodotta pochissimi anni fa in Scandinavia, con esiti peraltro diseguali: ottimo il primissimo Uomini che odiano le donne diretto dal danese Niels Arden Oplev, di gran lunga meno incisivi e brillanti i due sequel realizzati dallo svedese Daniel Alfredson, lontano purtroppo dall’avere il talento del fratello Tomas (quello di Lasciami entrare e La talpa, per intenderci), ovvero La ragazza che giocava con il fuoco e La regina dei castelli di carta.
3) L’invidiabile percorso artistico di David Fincher, che tra l’altro aveva già dimostrato in passato, con Alien 3, di sapersi inserire con una certa personalità nel cuore di una saga.

Ebbene, a conti fatti possiamo tranquillamente affermare che Fincher può dormire sonni tranquilli nel suo letto e Stieg Larsson può fare altrettanto, se così si può dire, ovunque si trovi ora. Pur con qualche scompenso, forse inevitabile, l’etica di fondo della trilogia Millennium è stata rispettata, a partire da una scelta importante che, a quanto pare, è stata caldeggiata dal regista stesso e condivisa senza particolari problemi dalla produzione americana: mantenere l’ambientazione svedese dell’opera. Non si tratta certo di una decisione da poco, considerando che altri remake con una matrice scandinava forte non avevano ricevuto lo stesso trattamento, vedi Insomnia di Nolan e il più recente Blood Story di Matt Reeves.
L’onestà dell’approccio di Fincher può essere misurata, quindi, secondo due parametri in qualche modo complementari: la cura nella trasposizione del materiale narrativo di partenza, ben presente in sceneggiatura, e il rispetto nient’affatto trascurabile per la propria integrità registica, autoriale; un atto di autocoscienza non fine a se stesso, non autoreferenziale, bensì coerente con quelle dinamiche dello sguardo e con quel costruire la tensione che si associano in modo naturale alla sua visione del thriller. Il tocco di Fincher si avverte peraltro sin dai titoli di testa, costruiti assecondando quella creatività e quell’impronta labirintica, immaginifica, con cui l’autore di Fight Club e Panic Room è solito viziare il suo pubblico, proponendo così un marchio di riconoscibilità tale da ricordare, nell’attenzione per l’incipit di una pellicola, la filmografia di Almodovar come anche la serie degli 007. Ma, pure nel momento in cui l’indagine entra nel vivo, Millennium – Uomini che odiano le donne tende a riproporre in forma elegante e decisamente ben studiata le ossessioni del regista americano, compresa quella per le situazioni di pericolo celate dagli interni delle case borghesi: il violento confronto che coinvolge la strana coppia di detective, formata dal giornalista Mikael Blomkvist e dall’investigatrice sui generis Lisbeth Salander, e il sadico di buona famiglia che per anni era riuscito a nascondere i suoi efferati delitti, ha luogo proprio nella ricca villetta di lui. Il regista americano sa muovere la macchina da presa con molta disinvoltura in simili ambienti, valorizzati anche da un montaggio calibratissimo (su cui si poggiano a meraviglia le musiche di Trent Reznor & Atticus Ross) che favorisce le dilatazioni temporali, per poi sveltire improvvisamente l’azione. Laddove, invece, la versione americana mostra minore incisività rispetto a quella svedese, è nelle modalità con cui viene scandita la ricerca su quelle vecchie foto che riveleranno poi il volto dell’assassino: Niels Arden Oplev con fare lento e quasi ieratico sembrava già alludere attraverso un “fuori campo” tenebroso, avvolto nel mistero (quello indicato dagli sguardi nelle foto), alla natura morbosa e malata della borghesia nazistoide che nell’ombra aveva partorito certi crimini, mentre Fincher non sembra avere la pazienza necessaria per far maturare atmosfere così torbide. Sente anzi la necessità di dare un tono più dinamico alla sua ricerca sull’immagine, per esempio facendo montare a Blomqvist alcuni scatti, in guisa di filmato, senza però risultare efficace come in altri momenti della detection.

Per concludere due parole sul cast: tralasciando i comprimari, in gran parte all’altezza del ruolo, buona è parsa l’intesa tra Daniel Craig e Rooney Mara. L’ex 007 fa addirittura faville, aderendo con la giusta determinazione al giornalista d’assalto Mikael Blomkvist, mentre Rooney Mara (reduce da The Social Network dello stesso Fincher) non ha probabilmente il carisma di Noomi Rapace (protagonista della versione scandinava), ma assicura con una androginia ancora più accentuata quella nota perturbante, un po’ selvaggia, che il personaggio richiedeva e il regista voleva porre in evidenza. Come nella sequenza della vendetta dopo lo stupro, a suo modo indimenticabile.

Info
Il trailer italiano di Millennium – Uomini che odiano le donne.
Il trailer originale di Millennium – Uomini che odiano le donne.
La pagina facebook di Millennium – Uomini che odiano le donne.
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