AmeriQua

Uno dei rampolli della dinastia Kennedy, tale Bobby III, è tra i promotori – e i protagonisti – della strampalata commedia AmeriQua, infarcita di stereotipi sull’Italia, dalla mafia agli spaghetti.

La società dei bamboccioni

Charlie Edwards è un giovane neolaureato di buona famiglia. Deve trovare la propria strada e costruirsi un futuro, ma preferisce dormire e divertirsi piuttosto che affrontare l’incubo dei colloqui di lavoro. Messo alle strette dalla famiglia, con gli ultimi soldi ricevuti decide di comprare un biglietto aereo per l’Italia e inizia un viaggio al confine tra sogno e realtà… [sinossi]

L’infantilismo può annidarsi ovunque. In certe dinastie famigliari, poi, sembrerebbe che quei tratti infantili col succedersi delle generazioni si impongano, nei tratti somatici come nel carattere, fino a prendere il sopravvento. Mood lombrosiano, il nostro. Eppure, è proprio la partecipazione di un personaggio (più o meno) noto alla conferenza stampa del film di cui andremo a parlare, Ameriqua, ad aver alimentato queste nostre riflessioni, solo in parte peregrine. Ci siamo immaginati, in guisa di vite parallele, la storia della famiglia Kennedy e quella di chi da decenni governa la Corea del Nord. Infantilismi pericolosi. Da un lato ci è venuto da pensare, per analogia, al viso paffuto e all’espressione da “cicciobello” di Kim Jong-un, leader della Repubblica Democratica Popolare di Corea e nipote di quel Kim Il-sung, “Presidente Eterno”, la cui famiglia ha poi tenuto le redini del paese fino ai giorni nostri. Più come una dinastia imperiale del Medioevo, volendo, che come un autentico gruppo dirigente comunista. E da quando è salito sul trono, il paffutello Kim Jong-un pare divertirsi un mondo col giocattolo ereditato dal suo predecessore Kim Jong-il, cioè i missili. Ma questi sono balocchi pericolosi, specie se si scelgono come compagni di giochi quegli yankee che hanno sempre, come i vecchi cowboy, le mani poggiate sulla fondina della loro colt. E in che modo la prolifica, autorevole, sorridente e indubbiamente glamour famiglia Kennedy può averci fatto pensare alla rossa monarchia nordcoreana? Ma perché anche loro hanno un nipotino scapestrato e col faccione simpatico che ama i divertimenti pericolosi, ovviamente. Nel caso di Bob Kennedy III il giocattolo in questione non minaccia la pace mondiale, sia chiaro, risultando bensì un pericolo per i poveri spettatori, ignari di quanto certe commediole possano essere indigeste. Tale giocattolo, finito di sicuro nelle mani sbagliate, è per l’appunto il cinema.

C’è quindi lo zampino di uno dei tanti rampolli della famiglia Kennedy, il suddetto Bobby Kennedy III, nella strampalata commedia di fronte alla quale Vacanze in America dei fratelli Vanzina fa la figura di un capolavoro di Scorsese o di Altman. Solo che le vacanze qui sono in Italia, paese che il giovane Kennedy ha dichiarato di amare molto e rispetto al quale avrebbe voluto evitare qualsiasi stereotipo: peccato, però, che al di là delle pie intenzioni sia proprio una galleria interminabile di luoghi comuni, e tra i più beceri, a caratterizzare il racconto. All’americano rampante appartiene l’idea (estremamente povera e sconnessa) su cui è stato costruito il film, ed è sempre lui nel ruolo di Charlie a figurare tra i protagonisti, insieme al vecchio compagno di studi Lele Gabellone: attore dalla dizione insopportabile che si sforza di essere divertente interpretando Lele, l’amico fancazzista che ha il chiodo fisso di rimorchiare, organizzare festicciole a base alcolica e preparare spaghettate a tutte le ore. In pratica abbiamo già centrato il punto. Con un improbabile sub-plot mafioso sullo sfondo e cattivi che possono essere sgominati gettandogli addosso secchiate di ragù, Ameriqua disperde la già scarsa vis comica intorno a una serie di siparietti macchiettistici e scollegati tra loro, in cui gli improbabili bamboccioni nostrani si relazionano in vario modo (tra cui l’immancabile e altrettanto goffa sfida calcistica) col bamboccione venuto da lontano, ovvero Charlie; ed è proprio la partenza da New York dello spensierato personaggio interpretato da Bobby Kennedy III che regala, oltre a un cameo di Alec Baldwin che il divo statunitense speriamo non abbia mai occasione di rimirare, le uniche invenzioni di regia davvero spiritose dell’altrimenti piattissimo lungometraggio diretto dai carneadi Marco Bellone e Giovanni Consonni. Tutto il resto, neanche a dirlo, è noia oppure deprimente illustrazione di un’Italia da cartolina, in cui giovani e meno giovani sembrano avere quale unica preoccupazione, alla faccia della crisi, il condimento degli spaghetti.

Info:
Il trailer di AmeriQua su Youtube
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