Two Mothers

Two Mothers

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Adattamento di un romanzo di Doris Lessing, Two Mothers punta tutto sulle sue ottime interpreti, ma non riesce ad approfondirne le tensioni interiori.

Estate rovente

Lil e Roz, amiche del cuore fin da bambine, intrattengono una relazione amorosa con i rispettivi figli quasi maggiorenni, nel caldo torrido di una perenne estate australiana… [sinossi]

Non sempre una storia singolare e potenzialmente esplosiva, sia essa tratta da un evento reale o da un romanzo, riesce, una volta trasposta sul grande schermo, a mantenere tutte le sue implicite promesse. Croce e delizia dei produttori cinematografici, i fatti scabrosi, incredibili eppur veri o quantomeno verosimili appaiono però perfetti a stuzzicare la curiosità di un pubblico alla ricerca di qualcosa di diverso dagli iperpubblicizzati blockbuster statunitensi. Ma la peculiarità di una vicenda non è sufficiente a determinare la riuscita di un film, né lo sono i suoi interpreti, per quanto di alto lignaggio. È un po’ questa la convinzione che si fa strada dopo la visione di Two Mothers, pellicola al femminile diretta da quella Anne Fontaine che aveva già affrontato il dramma a sfondo erotico con il perturbante Nathalie, raccontato gli anni giovanili di una talentuosa couturière in Coco Avant Chanel e tratteggiato in commedia uno scontro di classe con Il mio migliore incubo!. Questa volta la regista di origine lussemburghese affronta invece le pagine di un romanzo del premio Nobel Doris Lessing, edito in Italia da Feltrinelli con il titolo Le nonne, per raccontarci, senza false prurigini, la storia di due amiche d’infanzia che si ritrovano a perdere la testa l’una per il figlio dell’altra, in un intreccio di sentimenti dai (potenziali) complessi risvolti psicoanalitici.

Two Mothers nel narrare questa irrefrenabile passione predilige uno sguardo di superficie, concentrandosi sui corpi e sui volti degli amanti, dal cui costante studio, quasi naturistico, dovrebbero emergere i loro reconditi moti interiori. Ma non è così, in questa continua profusione di bellezze naturali, dove gli esseri umani paiono fondersi costantemente con la natura selvaggia delle coste australiane, si perde ben presto di vista proprio la forza dell’assunto di partenza, ovvero quell’intreccio diabolico tra la paura di crescere (da parte dei due ragazzi, vicini alla maggiore età) e quella di invecchiare (che coinvolge invece la madri) che si fa centro propulsore di un amore contrastato e difficile, soprattutto perché non socialmente accettabile. Cosi ecco che tra surfate tra le onde impetuose, scaramucce virili, volti baciati dal sole e impanati dalla sabbia, la tensione quando non è più quella erotica dei primi amplessi proibiti, viene meno, né si profila all’orizzonte un altro tipo di problematica narrativa. Il film dunque si arena ben presto su un ritmo scandito da incontri, cene in terrazza, bicchieri di vino e birre stappate con vigore dai due pargoli muscolosi. In questa estasi panica pervasa di un amore universale degli uni verso gli altri nonché di ciascuno verso sé stesso, come ne “L’infinito” leopardiano l’individuo si smarrisce inesorabilmente e i quattro divengono pallide figure bidimensionali. Parallelamente anche lo stile, seppur elegante e a suo modo rigoroso, si adagia sul suo ritmo fluttuante fino ad apparire, troppo innamorato com’è dei suoi interpreti (e a ragione, sono tutti esageratamente belli e in forma, soprattutto una radiosa Robin Wright), come una sorta di trattato sulle possibilità tecniche del primo piano: di sguincio, frontale, illuminato di taglio, con movimento di avvicinamento fluido o panoramica a schiaffo.

Eppure queste grandi e belle facce parlanti non riescono a comunicare molto, nulla pare scalfirle, non il tempo, né gli agenti atmosferici, né qualche senso di colpa o frustrazione. Fa poi purtroppo la sua comparsa anche un certo didascalismo, come ad esempio in quella sequenza che vede i due amplessi in montaggio alternato ed è seguita dal ritorno della gestualità infantile delle due amiche che, anche da adulte, agitano i piedi nell’acqua marina e sanciscono con uno sguardo, ancora una volta, la loro complicità. Per non parlare poi di quando le due coppie si dividono una mela, il biblico frutto proibito, tagliata geometricamente in quattro identiche parti. Si tratta di cadute di stile veniali, ma significative, specchio di una scarsa fiducia nelle potenzialità di un intrigo amoroso che poteva aprire a ben altre, e più approfondite, disamine interiori.

Info
Il sito ufficiale di Two Mothers.
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