Marguerite e Julien

Marguerite e Julien

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Una fiaba secentesca sull’incesto, tra crinoline, messaggeri d’amore e chiome sciolte baciate dal sole. È Marguerite e Julien, nuovo film di Valérie Donzelli (La guerra è dichiarata), presentato in concorso a Cannes 2015 e ora in sala.

Gioco di bimbi

Julien e Marguerite de Ravalet, figli di Lord Tourlaville, si amano fin dall’infanzia. Ma, una volta adulti, esplode una insopprimibile passione. Scandalizzata dalla loro relazione, la società dà loro la caccia, e i due sono costretti a fuggire. [sinossi]

C’era una volta il cinéma de papa, contro cui François Truffaut lanciava i suoi celeberrimi strali invocando a gran voce un rinnovamento del cinema del quale lui stesso è stato tra i principali fautori. Ma le mirabili imprese dei protagonisti della Nouvelle Vague sono oramai lontane anni luce dallo stile grazioso, manierista e un po’­ ruffiano di Valérie Donzelli (La guerra è dichiarata) che, in concorso a Cannes, ha presentato Marguerite e Julien, tratto proprio da una progetto non realizzato dell’autore de I 400 colpi.

Ambientato nel 1603 ma reso a-temporale da alcuni dettagli, come ad esempio un del tutto accessorio volo in elicottero, Marguerite e Julien narra dell’amore proibito tra un fratello (Julien, incarnato da Jérémie Elkaim) e una sorella (Anaïs Demoustier, nei panni di Marguerite). I due vivono in un castello fiabesco, circondati dall’affetto dei genitori e dalle premure di uno stuolo di servitori, sempre pronti a fornirgli supporto e brioches. Solo il loro severo istitutore pare rendersi conto dell’abiezione che avvampa i due pargoli e pertanto li separa, spedendo Julien a studiare in collegio con il fratello maggiore. Ma nulla potrà spezzare questo legame proibito, né il marito pavido e violento toccato in sorte a Marguerite, né la minaccia della pena di morte.

Con una delicatezza affettata La Donzelli porta avanti la sua storia, tra crinoline e missive romantiche, sospiri e chiome baciate in controluce dal sole al tramonto, musica ad alto volume con qualche gustosa incursione nel pop più contemporaneo. La macchina da presa della regista volteggia incontro ai suoi protagonisti, li insegue mentre corrono a cavallo, ne ritrae i giochi più o meno proibiti con dedizione e una vena romantica da romanzo d’appendice. C’è tanta “grazia malinconica” (è questa la dote principale attribuita a Marguerite), ma soprattutto molta voglia di compiacere il pubblico in Marguerite et Julien dove la Donzelli, un po’ come faceva con il tema della malattia in La guerra è dichiarata prende un tema difficile come l’incesto per trasfigurarlo, mondarlo dal peccato a ammantarlo di amore. Perché in fondo – e questa è proprio la conclusione a cui il film approda – mentre osserviamo cortecce sanguinanti e la spuma del mare, anche l’amore tra un fratello e una sorella appartiene all’ordine delle cose, alla natura.

Peccato però che il tema in questione non venga in alcun modo problematizzato, né trattato per l’appunto come qualcosa di assolutamente naturale, tutt’altro, l’incesto è reso poetico, lirico e in fin dei conti diviene presto chiaro quanto la Donzelli anziché affrontare il controverso argomento, preferisca ricoprirlo con una, in fondo censorea, glassa di melassa. Così tra un rallenty e uno stop frame, un tableau vivant intorno a una tavola imbandita e palpitanti intermezzi epistolari, lo spettatore subisce l’incanto di una storia già (poco) scritta, che non serba sorpresa alcuna. La sua novità dovrebbe risiedere tutta nel tono, fiabesco e un po’ naïf, per cui l’incesto diviene un gioco di bimbi raccontato come una favola della buonanotte dalle ragazze di un misterioso collegio femminile. Come in una mise en abyme indesiderata, viene però da pensare che la più giocherellona qui è proprio la regista, intenta per un’ora e mezza circa a giocare con i suoi personaggi-giocattolo, opportunamente inseriti in una casa-castello di bambole.

Forse non era necessario disturbare Truffaut, inutile dirlo, ma invocarlo viene certo naturale dopo aver visto Marguerite e Julien, dal momento che è difficile immaginare chi potrà salvarci da questo “cinéma de la brioche”, intellettual-pop e a-problematico, che trasfigura una storia scomoda e drammatica in una fiaba educativa per ragazze.

Info
La scheda di Marguerite e Julien sul sito del Festival di Cannes.
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