The ABCs of Death

Sotto l’egida dei produttori Ant Timpson e Tim League, ventisei registi firmano l’horror collettivo The ABCs of Death, un curioso ma altalenante esperimento incentrato sul tema della morte.

Va’ e uccidi

Ventisei registi, ventisei lettere dell’alfabeto, ventisei modi di morire. Dall’Inghilterra al Messico, dalla fine del mondo all’orgasmo, la morte è ovunque… [sinossi]

“Questo film è stato creato da 26 registi provenienti da tutto il mondo. Ogni regista si è visto assegnare una lettera dell’alfabeto e ha poi scelto una parola. In seguito ognuno ha creato un breve racconto di morte legato alla parola scelta. Essi avevano libertà artistica assoluta riguardo il contenuto dei loro segmenti.” Così inizia The ABCs of Death, quasi a voler rivendicare un principio – quello della libertà creativa – che è ormai difficile da individuare in gran parte delle produzioni di genere nel panorama cinematografico in lingua inglese, anche in casi teoricamente “estremi” – e qui esuliamo parzialmente dal campo del cinema – come la serie televisiva Masters of Horror (l’episodio della prima stagione diretto da Dario Argento, Jenifer, subì dei tagli, mentre quello di Takashi Miike, Imprint, non è mai andato in onda negli Stati Uniti). Forse anche per questo molti dei nomi coinvolti in questo esperimento, più curioso che riuscito, sono internazionali, e quindi legati a cinematografie dove la censura rappresenta un problema minore rispetto al sistema americano (e avrà certamente rappresentato un incentivo, per lo meno a livello strettamente produttivo, il budget ridotto: ogni cortometraggio è costato 5000 dollari).

Il progetto vanta una nutrita rappresentanza spagnola e/o sudamericana (Nacho Vigalondo, Jorge Michael Grau, Marcel Sarmiento, Ernesto Diaz Espinosa, Adrian Garcia Bogliano), più qualche nome di richiamo proveniente dalla Francia (Xavier Gens, il duo Forzani-Cattet), dall’Indonesia (Timo Tjahjanto), dalla Tailandia (Banjong Pisanthanakun), dal Giappone (Noboru Iguchi, Yudai Yamaguchi, Yoshihiro Nishimura), dalla Danimarca (Anders Morgenthaler) e dalla Serbia (Srđan Spasojević, regista del controverso A Serbian Film). Completano i ranghi personalità del calibro di Ben Wheatley, Angela Bettis e il duo Adam Wingard/Simon Barrett (You’re Next, The Guest). Un gruppo che sulla carta fa venire l’acquolina in bocca, ma che in realtà produce risultati molto discontinui. Se da un lato Forzani e Cattet, autori del segmento O is for Orgasm, riescono ad esprimere perfettamente tutta la loro concezione del cinema come arte e mezzo nel giro di pochi minuti, dall’altro un giovane talento come Ti West (The House of the Devil, The Innkeepers, The Sacrament) mostra segni di pigrizia totale con M is for Miscarriage, un prodotto talmente inconsistente e “brutto” – in termini puramente estetici – che viene da chiedersi quanto il regista abbia preso sul serio il progetto..

Altrove è interessante vedere come la stessa idea, concettuale o visiva, sia portata sullo schermo da autori diversi: Andrew Traucki (G is for Gravity) e Ben Wheatley (U is for Unearthed) si servono entrambi della soggettiva, il primo per rappresentare in modo fiacco e piuttosto cheap il suicidio, il secondo per reinventare simpaticamente l’iconografia del vampire movie; il duo Wingard-Barrett fa un ottimo uso dell’autoironia in Q is for Quack, dove gli stessi registi si interrogano sul modo migliore per realizzare il loro cortometraggio, mentre Jon Schnepp si serve del medesimo espediente in W is for WTF – il titolo la dice lunga – come pretesto per non fare nulla; Morgenthaler e l’inglese Lee Hardcastle (vincitore di un concorso per realizzare uno degli episodi) sono autori di corti d’animazione (K is for Klutz realizzato in modo tradizionale, T is for Toilet con la stop motion), entrambi basati sulla centralità drammaturgica del WC, ma solo Hardcastle si astiene da ovvie e facili battute scatologiche. Infine, la questione spinosa dell’horror – se The ABCs of Death si può intendere come tale, dato che molti dei corti hanno poco o nulla a che vedere col brivido – come veicolo di contenuti sociali, affrontata da Grau nell’inerte I is for Ingrown (la cui ragione di esistere è legata solo ed esclusivamente alla scritta finale), da Gens nel terrificante X is for XXL e soprattutto da Spasojević nel satirico R is for Removal, brillante riflessione sul futuro della pellicola, tra i momenti più alti di un’opera altamente imperfetta ma impossibile da accantonare, specialmente se si è appassionati di genere.

Info
Il sito ufficiale di The ABCs of Death.
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